Coronavirus: quanto manca per cura e vaccino? Il mondo si mobilita per fermare la pandemia

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Diritti d'autore Courtesy of CureVac
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Di Monica Pinna
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L’Oms ha pubblicato una lista con una quarantina di potenziali vaccini. Ma ce ne sarebbero un centinaio in fase di sviluppo. Tra questi solo una manciata è alla fase dei test clinici.

"Normalmente ci vogliono da dieci a quindici anno per sviluppare un vaccino. Per Ebola è stato fatto in cinque. Sono sicuro che possiamo riuscirci anche più rapidamente". A dirlo, nel corso di un'intervista con Euronews il 24 marzo, era stato Seth Berkley, amministratore delegato di Gavo Alliance, una partnership di soggetti pubblici e privati con lo scopo di migliorare l'accesso all'immunizzazione nei paesi poveri.

Tutto il mondo si sta mobilitando per realizzare il vaccino contro il Covid-19. Scienziati, politici e industria stanno bruciando le tappe per produrlo. Gli Stati Uniti sono arrivati per primi con i test su volontari sani. Mai prima d’ora un vaccino sperimentale era stato iniettato ad appena qualche settimana dall’inizio di una pandemia.

Jennifer Haller, una donna americana di 43 anni, è stata la prima persona al mondo a sottoporsi al test al Kaiser Permanente Washington Health Research Institute di Seattle. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato una lista di una quarantina di potenziali vaccini. Ma ce ne sarebbero un centinaio in fase di sviluppo. Tra questi solo una manciata sono alla fase dei test clinici.

La biotecnologia ci ha portato al primo prototipo americano che utilizza solo una parte del virus, detta RNA.

"Il coronavirus ha delle molecole chiamate RNA che trasportano tutte le sue informazioni genetiche - dice Marie-Paule Kieny, direttrice della ricerca all'Inserm, l'Istituto nazionale francese per la ricerca sulla salute e la medicina - l'RNA puó essere sintetizzata in laboratorio in larga scala, per questo è stata utilizzata nel primo vaccino già in fase di test clinici. Ma ci sono anche altri tipi di vaccini. Alcuni utilizzano il DNA o altri virus attenuati in cui si possono inserire informazioni genomiche del Covid”.

Trenta aziende a caccia del vaccino

Ci sono oltre trenta aziende e centri di ricerca nel mondo impegnati a trovare il tallone d’Achille di questo virus. In Germania anche l’azienda di biotecnologia Curevac sta usando la molecola RNA per arrivare a produrre il vaccino. Stimano che i test clinici possano iniziare giungo.

“Usiamo la molecola RNA per insegnare all’organismo come produrre gli anticorpi - dice Thorsten Schüller - diamo informazioni sul virus senza introdurlo. È un approccio totalmente nuovo in medicina”.

Curevac è stata al centro di una polemica sulle strategie di utilizzo dei vaccini. Un giornale tedesco ha riferito che Trump avrebbe offerto all’azienda un milione di dollari per garantire l’esclusiva dell’utilizzo del futuro vaccino agli Stati Uniti. Abbiamo chiesto a Curevac la loro versione dei fatti.

“Non abbiamo mai ricevuto alcuna offerta dalla Casa Bianca o da altre istituzioni americane per l’acquisto della nostra azienda o per prenotare ingenti quantità di vaccino destinate al mercato americano - sottolinea Schüller - noi vogliamo produrre il vaccino per tutti e per tutto il mondo. Starà poi ai politici stabilire come distribuirlo”.

La vicenda è terminata con 80 milioni di euro offerti dalla Presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen all’azienda tedesca per incentivare la ricerca.

Mentre il mondo aspetta il vaccino, centinaia di migliaia di persone con il Covid-19 hanno bisogno di una cura che ancora non esiste. Ricercatori e medici stanno testando trattamenti sperimentali basati su medicinali già esistenti, non senza polemiche.

Il caso Raoult

A Marsiglia centinaia di persone fanno la coda davanti all’Istituto ospedaliero universitario per le malattie infettive. L’ospedale offre test e cure a chi ha sintomi anche lievi. Perché tanta attenzione? A fine febbraio il microbiologo Didier Raoult, a capo dell’Istituto, ha convinto migliaia di persone incluso il Pesidente americano Donald Trump, che un trattamento per la malaria, economico e facilmente riproducibile, può curare il Covid-19.

Cosí due parole quasi sconosciute fino a quel momento sono finite sulla bocca di tutti: clorochina e il suo derivato idrossiclorochina. La comunità scinetifica, sull’approccio di Raoult è divisa.

“So che ci sono state molte discusisoni, in Francia e altrove, su certe affermazioni di alcuni ricercatori che dicono che un medicinale funziona, che un medicinale salva il mondo - dice Kieny - ma sfortunatamente, per il momento, le prove sull’efficacia di questi trattamenti, parlo dell’idrossiclorochina, sono estremamente deboli o inesistenti”.

In Italia, a Milano, i medici dell’ospedale San Raffaele stanno usando, tra le varie terapie, anche lo stesso cocktail di farmaci promosso dal professor Raoult a Marsiglia.

“Non c'è un un protocollo avallato a livello nazionale - dice Fabio Ciceri, vicedirettore scientifico del San Raffaele - sebbene AIFA, l'Agenzia Italiana del Farmaco, ci sta indirizzando all'uso comunque ragionato dei farmaci”.

In pratica ogni ospedale è libero di poter scegliere il proprio trattamento. “E così - sottolinea Ciceri - anche se i farmaci a cui accediamo sono farmaci già esistenti, che vengono orientati all'utilizzo del coronavirus sulla base dei risultati di laboratorio che dimostrano un potenziale efficace”.

La previsione di Bill Gates

Nel 2015 il miliardario e filantropo Bill Gates ci aveva messo in guardia da quanto sta accadendo oggi dopo due precedenti epidemie provocate da coronavirus, la SARS nel 2003 e la MERS nel 2012. “Se ci sarà qualcosa in grado di uccidere più di dieci milioni di persone nei prossimi decenni - aveva detto nel corso di una conferenza - sarà con ogni probabilità un virus altamente infettivo piuttosto che una guerra. Non missili, ma microbi. Uno dei motivi è che abbiamo investito somme ingenti in deterrenti nucleari, ma molto poco nei sistemi per fermare un’epidemia. Non siamo pronti alla prossima pandemia”.

Perché nessuno ha ascoltato? Due epidemiologi di rilievo puntano il dito contro un sistema incentrato più sul profitto che sulla salute pubblica.

“Si pensava che si sarebbero fatti trovare preparati - dice Stuart Blume, professore dell'Università di Amsterdam - tutti i Paesi negli ultimi dieci anni sono stati impegnati a esercitarsi su scenari di possibili epidemie. Ma ora che è arrivata, sono totalmente disorganizzati e non sanno cosa fare”.

“Prima le esercitazioni si tenevano regolarmente per essere preparati di fronte a questo tipo di evento - sottolinea Ildenfonso Hernández-Aguado, professore dell'Università Miguel Hernández di Alicante - ma da tempo le esercitazioni non si fanno piú come dovuto. Gli anni di austerità, gli anni post-crisi hanno richiesto tagli al budget nei settori che si ritenevano meno importanti. Questa pandemia si poteva prevedere, ma le decisioni politiche sono andate in direzione opposta”.

Oggi ogni singola vita salvata è motivo di festeggiamento. Quando verranno trovati una cura e un vaccino, anche questa pandemia passerà alla storia. Con l’auspicio che sarà fatto tesoro di quanto accaduto.

Journalist • Monica Pinna

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