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Ritorno dalla prigionia: le testimonianze dei bambini ucraini "rubati" dalla Russia

Bambini ucraini ex rapiti e loro parenti all'Ambasciata d'Ucraina a Roma
Bambini ucraini ex rapiti e loro parenti all'Ambasciata d'Ucraina a Roma Diritti d'autore  Giorgia Orlandi
Diritti d'autore Giorgia Orlandi
Di Giorgia Orlandi & Sasha Vakulina
Pubblicato il Ultimo aggiornamento
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Per la prima volta dall'inizio dell'occupazione, una delegazione di bambini ucraini precedentemente deportati dall'esercito russo ha incontrato la stampa a Roma mercoledì.Venerdì l'udienza con il Papa per chiedere formalmente la mediazione del Vaticano per la liberazione dei civili

In una sala gremita dell'Ambasciata ucraina a Roma, un gruppo di ragazzi di età compresa tra i 14 e i 18 anni, insieme ai loro nonni e altri parenti, hanno incontrato la stampa per raccontare le loro storie.

Alcuni di loro hanno vissuto in aree controllate dalla Russia o in zone occupate della regione di Donetsk, mentre altri sono stati spostati dalle forze di Mosca in alte aree.

Grazie a Bring Kids Back Ukraine, il programma creato dal Presidente Volodymyr Zelensky che ha organizzato l'evento, sono stati rimpatriati in sicurezza nel territorio controllato dall'Ucraina.

Le loro testimonianze raccontano uno dei capitoli più bui dell'invasione russa.

Spiegano gli effetti della propaganda del Cremlino, di come avviene l'indottrinamento da parte delle forze russe ma anche dell'esperienza della detenzione e della deportazione e in alcuni casi della tortura.

I loro racconti rivelano un processo sistematico di rieducazione e di russificazione, volto a privare i bambini della loro identità ucraina.

Operazioni progettate, secondo Bring Kids Back Ukraine, per rimodellare la composizione demografica dei territori occupati in ottica imperialistica da parte di Mosca. O per addestrare i giovani ucraini al fine di un futuro arruolamento nell'esercito di Mosca.

Guardando i numeri, la porta del fenomeno è significativa. Eleonora Mongelli, vicepresidente della Federazione Italiana per i Diritti Umani, ha confermato che stamdo agli ultimi dati circa 1,6 milioni di bambini ucraini rimangono sotto il controllo russo.

Ad oggi, l'Ucraina ha riportato in patria circa 1.600 minori, grazie alla mediazione di Qatar, Sudafrica e Vaticano.

Non solo, le autorità ucraine hanno confermato oltre 19.500 casi di deportazione di bambini dall'inizio dell'invasione nel 2022.

Di loro si conoscono il luogo di residenza in Ucraina e la loro attuale posizione in Russia. E il numero totale potrebbe essere molto più alto.

L'ultima rilevazione dell'L'Humanitarian Research Lab di Yale risalente al marzo di quest'anno stima che il numero di bambini deportati sia intorno ai 35mila.

La commissaria russa per i diritti dell'infanzia Maria Lvova-Belova ha affermato che Mosca avrebbe "accolto" 700mila bambini ucraini tra il febbraio 2022 e il luglio 2023.

I "campi di filtraggio russi"

L'esperienza dei cosidetti "campi di filtraggio" - un sistema che Mosca utilizza per controllare e smistare gli ucraini nei territori occupati - è un altro elemento comune alle storie di questi giovani e delle loro famiglie.

Strutture simili a giganteschi check point che vengono utilizzate dall'inizio dell'invasione per interrogare i civili, perquisire i loro effetti personali e valutare la loro "lealtà" alle forze occupanti.

I civili sono costretti ad attraversare questi posti di blocco quotidianamente per spostarsi da una città all'altra o per trasferirisi dalle zone controllate dagli ucraini a quelle controllate dai russi.

Bambini ucraini ex rapiti e loro parenti all'Ambasciata d'Ucraina a Roma
Bambini ucraini ex rapiti e loro parenti all'Ambasciata d'Ucraina a Roma Giorgia Orlandi

"Ti guardano che tatuaggi hai per vedere se c'è qualche simbolo ucraino", racconta Yuliia Dvornychenko, anche lei detenuta per due anni nei territori occupati dalla Russia e oggi libera grazie all'iniziativa Bkb.

"Controllano anche il telefono per vedere se hai foto o numeri di soldati, qualsiasi cosa sia collegata all'Ucraina. Se non passi i controlli puoi finire in carcere".

Una procedura questa che in molti casi porta intere famiglie a separarsi. È quello che è successo a Liudmyla Siryk e a suo nipote, Oleksandr, seduto accanto a lei.

Dopo essere stato gravemente ferito durante i bombardamenti a Mariupol nel 2022, Oleksandr e la sua famiglia sono stati catturati dalle forze russe.

Dopo essere stato sottoposto al processo di filtraggio, è stato separato dalla madre. Deportato successivamente nel Donetsk occupato dai russi, dove è stato ricoverato in ospedale, è stato raggiunto e riportato miracolosamente in salvo dalla nonna Liudmyla.

L'orfanotrofio in Russia e la vita in isolamento

La storia di Veronika Vlasova descrive un ulteriore pagina nera della sorte dei bambini ucraini una volta trasferiti nei territori russi: gli orfanotrofi e le adozioni forzate.

Quando nel 2022 è iniziata l'invasione su larga scala, le forze russe hanno circondato il suo villaggio nella regione di Kherson, nell'Ucraina meridionale. Situato a poche centinaia di metri dal confine e non essendo disponibili vie di evacuazione, lei e sua zia furono costrette a fuggire in Russia.

Veronika all'epoca aveva 13 anni. Una volta nella Federazione per diverse volte le autorità russe le hanno impedito di lasciare il Paese. È stata trattenuta in un campo di filtraggio per diverse settimane dove le è stato imposto di frequentare la scuola.

"I bambini russi mi bullizzavano perché ero ucraina", ha raccontato a Euronews. "Sono stata costretta a dire loro che amavo la Russia, altrimenti mi avrebbero picchiata".

Veronika ci racconta come le autorità locali abbiano cercato più volte di convincerla che non avrebbe avuto futuro in Ucraina. "Quando la polizia mi interrogava, continuavano a dirmi che l'Ucraina non esisteva più, che la Russia era l'unica opzione e che era meglio per me restare".

Il momento più traumatico però, spiega, è stato quello in cui è stata separata dalla zia e trasferita in un orfanotrofio, dove ha trascorso due settimane in isolamento: "È stato molto difficile per me", ha ricordato. "Mi sentivo sola e non avevo nessuno con cui parlare".

Oggi, a 16 anni, Veronika vive a Kiev, dopo essere stata aiutata a lasciare il Paese. A causa dei traumi sofferti, sta affrontando un cammino di terapia di riabilitazione psicologica.

Gli effetti a lungo termine della prigionia, disorientamento e senso di obbedienza

Maksym Maksymov, Responsabile del progetto Bring Kids Back Ukraine, ha spiegato ad Euronews che il vero problema non è solo il numero di bambini riportati in patria, ma soprattutto i traumi che hanno vissuto e il loro stato di salute psicologica al ritorno.

"È la stessa cosa che fanno quando i russi vogliono screditare la sovranità dell'Ucraina e ciò in cui crediamo", ha detto Maksymov a Euronews.

"La Federazione russa vuole assicurarsi che, dalla più tenera età fino ai 18 anni, ai bambini vengano insegnate alcune 'verità sul mondo: che tutti sono nemici e che non ci si può fidare di nessuno", ha spiegato.

"Questo li rende estremamente vulnerabili. Non sanno di chi fidarsi e sono molto disorientati".

Nonostante il supporto psicologico fornito, molti continuano a subire gli effetti a lungo termine della prigionia.

"Una cosa che ci dicono gli psicologi", ha detto Maksymov, "è che i bambini diventano estremamente obbedienti, come se avessero perso del tutto il loro libero arbitrio".

Iryna Vereshchuk, vice capo dell'ufficio del Presidente Zelenskyy
Iryna Vereshchuk, vice capo dell'ufficio del Presidente Zelenskyy Giorgia Orlandi

La richiesta formale di mediazione al Vaticano per liberare i civili

Secondo Iryna Vereshchuk, vice Capo dell'Ufficio del presidente dell'Ucraina Zelenskyy, l'Ucraina vuole che la Santa Sede agisca come mediatore formale con la Russia per facilitare i negoziati sul ritorno dei civili.

Una lettera del presidente Zelenskyy è stata consegnata a Papa Leone XIV, prima dell'incontro di venerdì tra il pontefice e la delegazione di bambini rimpatriati, chiedendo di formalizzare l'iniziativa già avviata da Papa Francesco.

Con Bergoglio infatti, il cardinale Matteo Zuppi aveva ricoperto il ruolo di inviato papale per le questioni umanitarie.

"Per poter ottenere di più, dobbiamo formalizzare questo processo in Vaticano", ha detto Vereshchuk. "È per questo che la richiesta arriva ora ufficialmente".

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