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Iran: "Cambio di regime in corso, ma non secondo i piani di Trump", secondo un diplomatico Usa

Ali Khamenei, leader della Repubblica islamica dell'Iran
Ali Khamenei, leader della Repubblica islamica dell'Iran Diritti d'autore  AP Photo
Diritti d'autore AP Photo
Di Farhad Mirmohammadsadeghi
Pubblicato il
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La Repubblica islamica iraniana è "entrata in una fase di significativi cambiamenti interni" e il "cambio di regime in Iran è praticamente iniziato", secondo un diplomatico statunitense. I cambiamenti, però, non sembrano avvantaggiare l'amministrazione di Donald Trump

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Il cambio di regime nella Repubblica islamica d'Iran sarebbe in corso, ma non secondo le aspettative dell'Occidente e, in particolare, di Donald Trump. Lo riferisce Alan Eyre, un diplomatico americano che ha fatto parte del team negoziale per l'accordo sul nucleare durante il mandato di Barack Obama.

Durante una riunione del Middle East Institute, il diplomatico ha detto che "sebbene il cambio di regime in Iran sia effettivamente iniziato dopo la guerra di 12 giorno con Israele, è improbabile che si verifichi come si aspettano gli occidentali e, cioè, la sostituzione di una struttura governativa con una di stile occidentale".

Contrariamente alla percezione comune di un rafforzamento della fazione riformista, tra cui quella del presidente iraniano Masoud Pezeshkian, le conseguenze della recente guerra "rischiano di rendere l'attuale regime più militarizzato, isolato e incentrato sulla sicurezza", ha dichiarato Eyre.

Il diplomatico ritiene che l'amministrazione Trump non possa davvero sfruttare queste condizioni per promuovere una soluzione diplomatica.

"Gli Stati Uniti non hanno avuto molto successo nel manipolare così sottilmente la struttura di potere di altri Paesi, soprattutto per instaurare un governo filo-occidentale o filo-americano", ha detto Eyre.

"E ora, con l'attuale composizione del governo statunitense, non c'è né la competenza necessaria per questo tipo di complessità né forse nemmeno la volontà di affrontarle. Al momento, la democrazia è diventata uno strumento lento e arrugginito".

"Prima di tutto, devo dire che i riformisti in Iran svolgono un ruolo marginale e, anche se fossero più potenti, è improbabile che gli Stati Uniti siano in grado di affrontarli efficacemente", ha aggiunto.

"Ovviamente, revocando le sanzioni, gli Stati Uniti avranno un'enorme capacità di avere un impatto positivo sull'Iran, compreso il rafforzamento dei riformisti. Ma questo non succederà".

I cambiamenti in atto a Teheran

Secondo quanto riportato da Newsweek, gli Stati Uniti hanno una lunga e complessa storia di ingerenza politica in Iran a favore dei propri interessi. Il colpo di Stato del 19 agosto del 1953, realizzato con l'intervento della Cia e che portò al ritorno dello Scià al potere, sfociò infine nella rivoluzione del 1979 e nella caduta della monarchia, con l'instaurazione della Repubblica Islamica.

Attualmente, non sembrano esserci segnali evidenti di un imminente cambiamento nella struttura di potere dell’Iran. Tutti gli attori principali, dai comandanti dei Pasdaran e dell’esercito iraniano fino ai politici riformisti, continuano a dichiarare la loro lealtà ad Ali Khamenei, la Guida Suprema della Repubblica Islamica.

Gli appelli a una rivolta generale, lanciati da Israele e dai gruppi di opposizione alla Repubblica Islamica all'estero, non si sono finora concretizzati, nemmeno dopo la fine della guerra dei 12 giorni.

Newsweek ha recentemente intervistato diversi analisti con contatti all'interno del governo iraniano. Secondo queste fonti, sono in corso trasformazioni graduali nei meccanismi del potere interno, iniziate prima degli scontri recenti e che potrebbero accelerare a causa di essi.

Secondo il settimanale statunitense, uno dei punti di vista condivisi tra questi analisti è che la posizione di Khamenei si stia indebolendo gradualmente. I Pasdaran stanno assumendo progressivamente il controllo delle istituzioni chiave, compreso il settore economico.

Alan Eyre, foto d'archivio
Alan Eyre, foto d'archivio Euronews

Mentre si avanzano ipotesi sul successore di Ali Khamenei, alcuni ritengono che la futura Guida Suprema avrà un ruolo più simbolico, e che altre forze saranno di fatto i responsabili delle decisioni.

Tuttavia, restano divergenze di opinione sul fatto che questo possibile cambiamento porterà a un approccio più pragmatico o più radicale.

Alan Eyre ha indicato i Pasdaran come quelli più probabili a trarre vantaggio dal processo di successione.

"La posizione della Guida si è consolidata nel lungo termine. Quando Khamenei fu scelto, non aveva praticamente alcun potere, ma nominando persone fidate in posizioni chiave, ottenendo accesso a risorse finanziarie e creando una rete di lealisti, ha gradualmente ampliato la sua autorità", ha sottolineato Eyre.

"Chiunque succederà a Khamenei dovrà seguire lo stesso percorso. Il nuovo leader sarà inizialmente molto debole e sarà costretto a seguire la linea del predecessore. In questo vuoto di potere, il Corpo dei Guardiani della Rivoluzione assumerà un ruolo centrale".

Secondo Eyre, se il successore di Ali Khamenei non riuscirà a ottenere sufficiente autorità, "è possibile che la posizione di Guida Suprema diventi una carica cerimoniale e simbolica, mentre il potere reale passerà nelle mani dei Pasdaran".

Il difficile percorso della diplomazia

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha ripetutamente dichiarato, dopo gli attacchi aerei americani di giugno contro le installazioni nucleari iraniane, che i colloqui sul nucleare con l’Iran riprenderanno presto.

Masoud Pezeshkian ha scritto su X lunedì che la finestra diplomatica resta aperta.

"Per aprire nuovi orizzonti, dobbiamo guardare al passato con spirito critico. Ciò che ci conduce verso un futuro migliore è la ricostruzione della speranza, la disponibilità ad apprendere, a cambiare e a costruire un nuovo cammino con coesione, empatia e razionalità", ha detto.

Intanto, Teheran ha ribadito più volte che non rinuncerà in alcun modo all’arricchimento dell’uranio.

Donald Trump ha dichiarato martedì che l’Iran vuole avviare colloqui con gli Stati Uniti, ma ha aggiunto di non avere fretta.

"Vogliono negoziare. Io non ho fretta, perché abbiamo distrutto le loro installazioni", ha detto Trump

"Penso che l’Iran sia preoccupato che quando gli Stati Uniti parlano di negoziare, in realtà intendano una resa da parte iraniana", ha suggerito Alan Eyre.

"Uno degli obiettivi di Israele è stato istituzionalizzare nuove linee rosse, tra cui il divieto assoluto dell’arricchimento interno, la cessazione del programma missilistico e la fine del sostegno ai gruppi armati alleati".

"Le condizioni poste oggi per l’avanzamento dell’Iran sono molto più rigide rispetto al passato e vanno ben oltre ciò che l’Iran è disposto ad accettare. Quindi, sebbene gli Stati Uniti restino il principale interlocutore diplomatico per l’Iran, attualmente gli iraniani non sono affatto ottimisti riguardo a questa strada", ha aggiunto Eyre.

"La vera domanda è: qual è la visione americana della diplomazia con l’Iran? Si tratta di un approccio punitivo e massimo oppure di un tentativo sincero di trovare una soluzione pacifica, cosa che prima della guerra non esisteva. Una soluzione che possa moderare non solo le capacità iraniane, ma anche le sue intenzioni. È una sfida estremamente difficile".

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