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Usa, Corte Suprema dà ragione a Trump: fine delle protezioni legali per circa 1 milione di migranti

Migranti haitiani guadano l'acqua mentre attraversano il Darien Gap dalla Colombia a Panama nella speranza di raggiungere gli Stati Uniti, 9 maggio 2023
Migranti haitiani guadano l'acqua mentre attraversano il Darien Gap dalla Colombia a Panama nella speranza di raggiungere gli Stati Uniti, 9 maggio 2023 Diritti d'autore  AP Photo
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Di Gavin Blackburn Agenzie: AP
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L'amministrazione Trump ha presentato un ricorso d'urgenza alla Corte Suprema dopo che un giudice federale di Boston ha bloccato la fine del programma di protezione voluta da Washington

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Venerdì la Corte Suprema degli Stati Uniti ha nuovamente spianato la strada all'amministrazione Trump per togliere le protezioni legali temporanee a centinaia di migliaia di immigrati, facendo salire a quasi un milione il numero totale di persone che potrebbero essere nuovamente esposte alla deportazione.

I giudici hanno revocato un'ordinanza del tribunale di grado inferiore che manteneva in vigore le protezioni umanitarie per più di 500mila immigrati provenienti da quattro Paesi: Cuba, Haiti, Nicaragua e Venezuela.

La Corte ha anche permesso all'amministrazione di revocare lo status legale temporaneo a circa 350mila migranti venezuelani in un altro caso.

Protezioni legali non in vigore mentre la Corte Usa decide sulle deportazioni

L'amministrazione Trump ha presentato un ricorso d'urgenza alla Corte Suprema dopo che un giudice federale di Boston aveva bloccato la fine al programma di protezione voluta da Wahington.

Il giudice Ketanji Brown Jackson ha scritto in dissenso che l'effetto dell'ordine della Corte Suprema è "far sì che le vite di mezzo milione di migranti si disfino intorno a noi prima che i tribunali decidano le loro richieste legali". Il giudice Sonia Sotomayor si è unita al dissenso.

Jackson ha fatto eco a quanto scritto dal giudice distrettuale degli Stati Uniti Indira Talwani, secondo cui la fine anticipata delle protezioni legali lascerebbe le persone di fronte a una scelta cruda: fuggire dal Paese o rischiare di perdere tutto.

Talwani, nominata dall'ex presidente Barack Obama, ha stabilito che la revoca della protezione può essere effettuata, ma caso per caso. La sua sentenza è arrivata a metà aprile, poco prima che i permessi venissero cancellati. Una corte d'appello ha rifiutato di revocare l'ordine.

L'ordine della Corte Suprema non è una sentenza definitiva, ma significa che le protezioni non saranno in vigore mentre il caso procede. Il caso torna ora alla Corte d'Appello del 1° Circuito degli Stati Uniti a Boston.

Il dipartimento di Giustizia sostiene che le protezioni sono sempre state intese come temporanee e che il Dipartimento di Sicurezza Nazionale ha il potere di revocarle senza l'intervento del tribunale.

Secondo il governo federale impossibile affrontare i casi singolarmente

L'amministrazione Trump ha sostenuto che Biden ha concesso protezione in massa, e la legge non richiede che venga interrotta su base individuale.

Affrontare ogni caso singolarmente sarebbe un "compito gargantuesco" e rallenterebbe gli sforzi del governo nel fare pressione per la loro rimozione, ha sostenuto l'avvocato generale degli Stati Uniti D. John Sauer, che rappresenta il governo federale davanti alla Corte.

Biden ha usato la libertà condizionata per motivi umanitari più di qualsiasi altro presidente, avvalendosi di un'autorità presidenziale speciale in vigore dal 1952.

Tra i beneficiari ci sono le 532mila persone che sono arrivate negli Stati Uniti con sponsor finanziari dalla fine del 2022, lasciando Paesi d'origine caratterizzati da "instabilità, pericoli e privazioni", come hanno dichiarato gli avvocati dei migranti.

Per ottenere la designazione, che ha una durata di due anni, i migranti hanno dovuto volare negli Stati Uniti a proprie spese e avere uno sponsor finanziario.

La decisione dell'amministrazione Trump è stata la prima revoca di massa della libertà condizionata per motivi umanitari, come hanno dichiarato gli avvocati dei migranti, che hanno definito le mosse dell'amministrazione Trump "il più grande evento di clandestinità di massa nella storia americana moderna".

Il caso è l'ultimo di una serie di ricorsi d'emergenza che l'amministrazione ha presentato alla Corte Suprema, molti dei quali relativi all'immigrazione.

La Corte si è schierata contro Trump in altri casi, tra cui il rallentamento dei suoi sforzi per deportare rapidamente i venezuelani accusati di essere membri di bande in una prigione di El Salvador, in base a una legge di guerra del XVIII secolo chiamata Alien Enemies Act.

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