Il racconto di una Roma sorpresa dalla fumata bianca: in Piazza San Pietro insieme a 150mila persone accorse per salutare il primo Papa statunitense della storia, Robert Francis Prevost
Sono le 18:08 quando la fumata sale bianca dal comignolo della Cappella Sistina: non siamo a Piazza San Pietro ma a qualche chilometro di distanza, al di là del Tevere.
Le campane di una parrocchia del quartiere sud della Garbatella iniziano a suonare, per strada ci sono due signori che passeggiano con il cane e si accorgono dell’insolito suono. Una delle due guarda il telefonino e dice ad alta voce: “Ma che c’è un nuovo Papa?”. Annuisce l'altro. “E chi è?”, continua la signora con il cane. Non c’è spazio per le risposte: la destinazione è Piazza San Pietro, dove di lì a poco il 267esimo Pontefice si affaccerà dalla loggia dell’omonima basilica.
Le strade di Roma si congestionano in pochi minuti, il Lungotevere è un fiume di macchine che sembra non finire mai. Chi è sui marciapiedi guarda in modo confuso il telefonino, un gruppo di suore Missionarie della Carità attraversa la strada verso Ponte Fabricio, anche la loro destinazione sembra scontata.
150mila persone in Piazza San Pietro per il primo discorso di Papa Leone XIV
Sono le 18:30 e raggiungere il Vaticano sembra un’impresa. Non ci sono ancora notizie sull’orario preciso della formula che annuncerà il Pontefice, “Habemus Papam”. Cinquanta minuti dopo la fumata a Borgo Santo Spirito, il Cupolone si comincia a intravedere da lontano, i fedeli si accalcano verso i metal detector per accedere alla piazza. Siamo dentro anche noi, il cielo è limpido e a San Pietro, in meno di un’ora, sono arrivate 150mila persone. L’atmosfera è gioiosa ma anche carica di attesa, chi ce l’ha fatta cerca il posto “migliore”, per quanto possibile. Dietro alla fontana del Bernini, un gruppo di suore che indossa un abito azzurro intona canti di festa.
I cellulari sono tutti pronti anche se la connessione internet non funziona più per nessuno. “Ce lo viviamo il momento, quindi?”, chiede in modo retorico Tania, arrivata anche lei non appena è uscita la notizia della fumata bianca. Accanto a lei ci sono Chiara e un’amica, scattano fotografie della loggia per capire se i loro dispositivi riusciranno a immortalare un momento così importante. Nell'attesa Tania continua a sperare che sia Zuppi il cardinale che si affaccerà a momenti, o al massimo Pizzaballa.
L'acqua della fontana ovatta il rumore dell’attesa fatta di voci, canti, sospiri, fino al momento che tutti aspettano: si apre la tenda della loggia, il protodiacono, il cardinale Dominique Mamberti, recita la tradizionale formula in latino dalla Loggia della Benedizione.
È il cardinale nordamericano Robert Francis Prevost, e ha scelto il nome di Leone XIV. Dalla nostra posizione il nome non si sente bene nonostante gli altoparlanti. Un giovane prete riesce a captare “Robert” (il nome in latino), ma nessuno immagina che quel Robert sia Prevost, il primo statunitense della storia a diventare Pontefice.
Hamebus Papam: il momento storico da Piazza San Pietro
La Storia è in piazza San Pietro, e i presenti lo percepiscono: la linea ancora non c’è, nessuno riesce ad andare su internet per capire chi sia il nuovo Papa, e per un momento, tra alcuni fedeli, c’è paura per chi possa governare la Chiesa del presente e del futuro.
I minuti che separano l'annuncio del protodiacono dall'arrivo neo Pontefice sembrano quasi interminabili. “Leone XIV? Wow”, dice qualcuno. Le notizie iniziano a rimbalzare da una persona all’altra, ma senza l’ausilio di internet nessuno si sbilancia. Poi le tende della loggia si aprono ancora e il cardinale Prevost saluta la folla in italiano.
“Anch’io vorrei che questo saluto di pace entrasse nel vostro cuore, raggiungesse le vostre famiglie, a tutte le persone, ovunque siano, a tutti i popoli, a tutta la terra”. Sono queste le prime parole di Prevost, anche se l'audio non è ancora al massimo e si fa fatica a scandire le parole del primo discorso del nuovo Papa.
Sono tutti increduli, ma ora anche sorridenti. La preghiera dedicata alla pace del mondo, gli applausi, e addirittura i cori che intonano “Papa, Papa”, si affievoliscono alla recita dell’Ave Maria. Gli altoparlanti non servono più: Piazza San Pietro diventa una preghiera vivente, mentre una luna a metà comincia a prendersi il posto del sole.
“Se me permiten también una palabra, un saludo a todos aquellos en mi querida diócesis de Chiclayo, en el Perú”, ha detto il Papa in spagnolo, per salutare “tutte le persone della mia amata diocesi di Chiclayo, in Perù”. Le bandiere spagnole e sudamericane sventolano insieme agli applausi che salutano il primo discorso di Leone XIV. “È questa la forza della Chiesa”, sorride un giovane prete africano, “che ti lascia così, di sorpresa”. La piazza fa fatica a svuotarsi, la festa è ancora qui e nessuno vuole andarsene.
Vicino al colonnato c’è anche Don Giulio, parroco di una parrocchia di Tor Bella Monaca, insieme ad amici e fedeli. Racconta il momento della fumata e l’istante dopo già in sella al suo motorino per raggiungere il Vaticano nel minor tempo possibile.
Il traffico intenso non ha scoraggiato nessuno oggi. “Il Signore ci voleva tutti qui”, afferma Don Giulio. Sorride anche lui guardando i tanti giovani ancora presenti: “Una cosa del genere forse solo se l’Italia avesse vinto i Mondiali”, conclude. “Anzi, di più”.