Le reazioni delle diplomazie europee alle richieste di spiccare mandati d'arresto nei confronti di Netanyahu e Gallant non sono univoche
L'Unione europea appare divisa sulla richiesta del procuratore della Corte penale internazionale di spiccare un mandato di arresto nei confronti del primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu e del suo ministro della Difesa Yoav Gallant. Per alcuni Paesi la preoccupazione principale è legata al fatto che la Corte penale internazionale ponga sullo stesso piano i leader di Hamas, che considerano terroristi, e i leader di uno Stato democratico e considerato alleato come Israele.
Germania e Austria da una parte. Francia, Belgio e Irlanda dall'altra
Tra questi ci sono la Germania e l'Austria. Karoline Edtstadler, ministro per gli Affari europei e costituzionali del governo di Vienna, ha spiegato la posizione del suo esecutivo con queste parole: "Vorrei sottolineare ciò che il nostro Cancelliere federale ha già detto, ovvero che è molto strano che il primo ministro di uno Stato democratico venga citato qui insieme ai terroristi di Hamas, che hanno causato un massacro senza precedenti nella storia. Resta da vedere come la Corte penale internazionale reagirà alla richiesta del procuratore".
Altri chiedono all'Occidente di rispettare l'indipendenza della Corte penale internazionale e il diritto internazionale, e di consentire ai giudici di continuare le indagini senza pregiudizi. Francia, Belgio e Irlanda sono tra questi. "È chiaro che il procuratore è un uomo che non può essere accusato di nulla", ha osservato Jennifer Carroll Macneill, segretaria di Stato irlandese agli Affari europei. "È chiaro - ha aggiunto - che il giudice ha preso la sua decisione dopo aver svolto un lavoro sostanziale. È davvero importante, dal mio punto di vista e da quello dell'Irlanda, lasciare che la Corte faccia tutto il lavoro che ritiene necessario a questo punto".
Il procuratore della Corte penale internazionale ha chiesto che vengano spiccati mandati di arresto anche per tre leader di Hamas. Esattamente come nel caso del premier e del ministro di Israele, le accuse vanno da crimini di guerra a crimini contro l'umanità. Per i tre dirigenti del movimento palestinesi, è contestato anche il rapimento di centinaia di persone. Le accuse contro Netanyahu e Gallant includono lo sterminio, l'aver impedito ai civili di nutrirsi e l'aver ostacolato i soccorsi umanitari.
"Si deve applicare la legge. L'aver risposto ad un attacco non cambia nulla"
Secondo gli esperti, in ogni caso, è in gioco la credibilità dell'Unione europea. Anthony Dworkin, dello European Council on Foreign Relations, ha spiegato che "si tratta di applicare la legge e di risalire ai crimini di coloro che si ritengono responsabili. Insomma, che le persone siano democraticamente elette o meno, che rispondano a un attacco terroristico o meno, ciò non può giustificare la violazione di norme internazionali fondamentali. Per me, quindi, non si tratta di un'equivalenza tra le due cose. Si tratta semplicemente di sostenere lo stato di diritto".
Gli Stati Uniti si sono schierati con Israele nell'attaccare il procuratore della Corte penale internazionale, che sostiene di avere prove credibili. Tel Aviv ha inoltre lanciato un appello alle "nazioni civili del mondo" affinché boicottino la Corte, qualora fosse accolta la richiesta di spiccare dei mandati d'arresto.