Il Consiglio di Stato francese ha respinto il ricorso delle associazioni musulmane, confermando il divieto dell'uso dell'abaya nelle scuole. Insegnanti in sciopero in alcuni istituti: "Non vogliamo essere la polizia dell'abbigliamento". Un provveditore minacciato di morte a Clermont-Ferrand
Il Consiglio di Stato francese ha respinto il ricorso dell'associazione Action Droits des Musulmans (ADM), che chiedeva la sospensione del divieto dell'uso dell'abaya nelle scuole, in nome di un rischio di discriminazione e violazione dei diritti umani.
Per il Consiglio di Stato, con sede a Parigi, tale divieto invece "non costituisce un attacco grave e manifestamente illegale al diritto al rispetto della vita privata, alla libertà di culto, al diritto all'istruzione e al rispetto dell'interesse superiore del bambino o al principio di non-discriminazione".
"Logica di affermazione religiosa"
Secondo i giudici, indossare l'abaya o il qamis (il suo equivalente maschile) a scuola rientra "in una logica di affermazione religiosa, come risulta in particolare dai commenti espressi durante i dialoghi avuti con gli studenti".
Del resto, "la legge vieta, all'interno degli istituti scolastici pubblici, che gli studenti indossino segni o abiti che dimostrino in modo evidente, di per sé o attraverso il comportamento dello studente, l'appartenenza ad una religione", ha ricordato la corte del Consiglio di Stato.
“Povertà di motivazione”
Il ministro dell'Istruzione francese Gabriel Attal, promotore di questo divieto, ha subito commentato su X quella che ha definito "una decisione importante per la scuola della Repubblica", che deve "accogliere tutti gli studenti, con gli stessi diritti e gli stessi doveri, senza discriminazioni o stigmatizzazioni".
Al contrario, l'avvocato dell'Action Droits des Musulmans, Vincent Brengarth, ha criticato “la povertà della motivazione” della decisione, ritenendo che il giudice “non avesse assolutamente preso in considerazione le testimonianze” e negando la “dimensione tradizionale” dell'abaya.
Da parte sua, l'associazione si è detta "costernata" dal fatto che il Consiglio di Stato non abbia "adempiuto al suo ruolo di tutela delle libertà fondamentali dei bambini", e "profondamente preoccupata per le conseguenze che questa decisione potrebbe avere sulle giovani ragazze, che rischiano quotidianamente discriminazioni basate sulla loro appartenenza etnica e religiosa".
Durante l'udienza di martedì a Parigi, il presidente dell'associazione Action Droits des Musulmans, Sihem Zine, aveva già messo in guardia contro un divieto "sessista" e affermato che "sono gli arabi ad essere presi di mira".
Dibattiti e minacce
La questione dell'aspetto religioso o meno dell'abaya aveva già dominato i recenti dibattiti, discutendo di abiti tradizionali e, in certi casi, di "effetto moda". Ma per il Ministero dell'Istruzione questo indumento “riconosce immediatamente chi lo indossa come appartenente alla religione musulmana”.
Su questo tema "esplosivo" e che ha avuto grande spazio sui media francesi all’inizio dell’anno scolastico, il dibattito politico si è rapidamente acceso, dividendosi anche a sinistra.
Purtroppo, non sono mancati i fatti incresciosi.
A Clermont-Ferrand, il padre di una studentessa con l'abaya ha minacciato il Provveditore agli Studi ed è stato arrestato.
"Due pesi, due misure"
Il Consiglio di Stato ha, quindi, dato ragione al Ministero, sottolineando che l'uso dell'abaya aveva “dato luogo a un forte aumento del numero di denunce durante l'anno scolastico 2022-2023”.
In un comunicato stampa, il Consiglio francese del culto musulmano (CFCM) “ha preso atto” di questa decisione. Ma ha messo in guardia da certi "comportamenti intollerabili da parte di alcuni membri del corpo educativo", che avrebbero allontanato gli studenti che indossavano "un kimono o una semplice camicia e pantaloni larghi", perché considerati "presumibilmente musulmani", in modo che "questi stessi vestiti sarebbero stati autorizzati per i loro compagni presumibilmente 'non musulmani'".
"Questa assurda situazione di discriminazione e di 'doppi standard', se confermata, costituirebbe un grave attacco ai principi e ai valori della Repubblica", ha tuonato il Consiglio francese del culto musulmano.
Proteste e scioperi
Lunedì scorso, circa 300 studenti, dei 12 milioni che sono tornati a scuola questa settimana in Francia, si sono presentati in abaya davanti alle loro scuole e 67 di loro si sono rifiutati di toglierla, secondo il ministro dell'Educazione.
In una scuola del dipartimento Seine-Saint-Denis, criticando la decisione del governo, gli insegnanti hanno indetto uno sciopero generale, sottolineando che "non vogliono essere la polizia dell'abbigliamento".
Previste denunce penali per chi non rispetta le regole
Nel suo messaggio sui social media, lo stesso Gabriel Attal ha esortato: "Fatto questo chiarimento, concentriamoci sulle altre grandi sfide che la nostra scuola deve affrontare: la lotta contro le molestie, l'innalzamento del livello generale, l'attrattiva della professione docente, il ripristino dell'autorità del sapere".
Il ministro della Giustizia, Eric Dupond-Moretti, da parte sua, ha chiesto, in una direttiva emanata martedì, "una risposta penale molto reattiva" in caso di violazione del principio di laicità nelle scuole.