Proteste in Perù: chiusi Machu Picchu e l'aeroporto di Cuzco

Le rovine del famoso sito archeologico di Machu Picchu, luglio 2006.
Le rovine del famoso sito archeologico di Machu Picchu, luglio 2006. Diritti d'autore Martin Mejia/AP2006
Di Ilaria Federico
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A causa delle proteste che scuotono il Perù da più di un mese, il sito Inca è stato chiuso ai visitatori

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Chiusi Machu Picchu e l'aeroporto internazionale di Cuzco che serve il famoso sito archeologico peruviano. A causa delle proteste che scuotono il Perù da più di un mese, i turisti che desideravano recarsi nella città perduta Inca devono fare marcia indietro. La decisione è stata presa per il timore che i manifestanti, che hanno sfilato a migliaia a Cuzco, possano intrufolarsi nel sito.

"La chiusura del percorso dei siti Inca e della cittadella di Machu Picchu è stata ordinata a causa della situazione sociale per garantire la sicurezza dei visitatori", si legge in un comunicato del ministero della Cultura peruviano. L'ente che gestisce il sito ha spiegato che la decisione è stata presa per preservarne il patrimonio culturale.

Anche la rete ferroviaria ha sospeso il servizio. Secondo la compagnia che la gestisce, i manifestanti hanno provato a rimuovere le rotaie, danneggiandole. 

Circa 400 visitatori erano rimasti bloccati nell'attrazione, tra i quali un gruppo d'italiani, che sono rientrati a Cuzco e poi in Italia, dopo aver trascorso circa 36 ore a bordo di un autobus.

Le proteste

È la terza volta che l'aeroporto viene chiuso dall'inizio dei disordini, cominciati il 7 dicembre dopo l'arresto del presidente Pedro Castillo, accusato di aver tentato un colpo di Stato. L'ex vicepresidente Dina Boluarte, alleatasi con la maggioranza di destra del Congresso, è succeduta a Castillo. Ma il popolo chiede le sue dimissioni ed elezioni immediate.

Negli ultimi giorni, oltre ad aver imposto quasi 100 blocchi stradali su tutto il territorio nazionale, i manifestanti hanno occupato vari centri minerari e provato ad occupare gli aeroporti di Cusco, Arequipa e Juliaca. Dal 19 gennaio la protesta si è trasferita nella capitale, dove decine di migliaia di dimostranti partecipano ad una 'Toma di Lima' (Presa di Lima), denominata anche Marcia 'de los Cuatro Suyos'.

Le forze dell'ordine rispondono in generale all'azione dei manifestanti con gas lacrimogeni, ma anche con l'uso di armi a fuoco.

L'Unione europea chiede misure urgenti

 L'Unione europea ha condannato le violenze in Perù e l'uso "sproporzionato" della forza da parte della polizia contro i manifestanti, invitando le autorità "a trovare rapidamente una soluzione pacifica alla crisi", si legge in un comunicato del 21 gennaio. "L'Ue invita il governo e tutti gli attori politici ad adottare misure urgenti per ripristinare la calma e garantire un dialogo inclusivo con la partecipazione della società civile e delle comunità interessate per uscire dalla crisi".

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