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Mafia: lavorare a Campobello di Mazara per ripristino legalità

L'urbanista, con noi concessioni tolte ed acquisizioni
L'urbanista, con noi concessioni tolte ed acquisizioni
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Di ANSA
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(ANSA) - ROMA, 19 GEN - Lavorare in un luogo difficile, quale può essere Campobello di Mazara, dove si nascondeva Matteo Messina Denaro, circondati da silenzi, sospetti ed omertà. Ricevere minacce non solo verbali e riuscire, nonostante questo, a portare avanti il proprio lavoro di esperto di Urbanistica che affianca la Commissione straordinaria chiamata a gestire il Comune sciolto per mafia, togliendo concessioni edilizie date al patron della Valtur per far sorgere un complesso turistico a ridosso dell'area archeologica di Selinunte o firmando decine di provvedimenti di demolizione e di acquisizione al patrimonio comunale di case costruite sulla battigia, con il nulla osta della Soprintendenza di Trapani. Di questo e altro ancora è stata protagonista Marina Marino, urbanista per due anni a Campobello di Mazara. "Ci capitò subito - racconta - di occuparci di un complesso turistico di 4000 posti letto, autorizzato con una concessione edilizia di una paginetta, a Carmelo Patti patron della Valtur, poi arrestato per contiguità con Messina Denaro. I lavori mai iniziati, eppure prorogati due volte (sempre con poche righe); l'area in cui avrebbe dovuto sorgere il complesso turistico, a ridosso di quella archeologica di Selinunte, era stata confiscata e affidata a tre amministratori individuati dal Ministero dell'Economia e delle Finanze che si batterono per mantenere in vita quel progetto. Erano stati intercettati mafiosi di Campobello sodali del Patti, che conversavano della spartizione dei lavori di movimenti terra e sbancamento. Tutto era stato messo a posto e ai prezzolati di Roma questo bastava. Vincemmo noi, con la legge. Il tanto lavoro regionale e comunale per autorizzare un'enormità senza muovere un respiro, non fu più un progetto". L'esperta di urbanistica ha anche ricevuto minacce: una pistola è stata lanciata con forza alle sue spalle dentro il cortile dell'ufficio tecnico, una scacciacani con matricola abrasa, proiettili in canna e capace di sparare, ma con gli altri tecnici, tutte donne, non si è tirata indietro e ha portato avanti fino in fondo il proprio lavoro. (ANSA).

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