Amministrative e referendum: un voto al maschile e un altro ignorato

Cabina elettorale in Italia
Cabina elettorale in Italia Diritti d'autore Alessandra Tarantino/Copyright 2019 The Associated Press. All rights reserved.
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Di Samuele Damilano
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Domenica 12 giugno quasi 9 milioni di italiani voteranno per eleggere il proprio sindaco in 978 comuni. Sono solo 12 le sindache uscenti. Lo stesso giorno gli italiani sono chiamati a esprimersi su cinque quesiti referendari complessi. Ma non è scontato che venga raggiunto il quorum necessario

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Da una parte un'elezione in cui, come quasi sempre accade, la presenza di candidate donne è minima. Come è minima la possibilità che i referendum sulla giustizia raggiungano il quorum 

Così quasi 9 milioni di italiani si preparano per andare al voto per eleggere il nuovo sindaco e il consiglio comunale in 971 comuni, di cui 26 capoluoghi di provincia. E più di 51 avranno la possibilità di votare per i cinque referendum abrogativi per la giustizia promossi da Lega e Radicali.

Un voto senza donne

Le elezioni amministrative riguarderanno perlopiù comuni di piccole dimensioni, di cui oltre il 78% con una popolazione inferiore ai 10mila abitanti. Al netto delle ripercussioni politiche, di certo minori rispetto a quelle delle scorse amministrative, quando si votò a Roma, Torino, Bologna, Milano e Napoli, un dato che salta subito all’occhio è quello sull’assenza di donne in queste elezioni: meno del 12 percento le sindache uscenti da tutti i comuni dove si voterà, e solo due nei 26 capoluoghi di provincia si ricandideranno.

Un dato che non fa che confermare una disparità di genere evidente nella politica, dove, negli ultimi anni, sempre più donne sono entrate, ma poche ricoprono ruoli di vertice. A livello nazionale, prima delle amministrative del 2021, la quota di sindache era meno del 15%, con un divario netto tra il nord (17,6%) e sud (9%). 

FONTE: elaborazione Openpolis su dati ministero dell'interno (ultimo aggiornamento: lunedì 16 Maggio 2022)

Su venti capoluoghi di provincia, nemmeno una donna è stata eletta sindaca nel 2021. Su 164 candidati, 20 erano di sesso femminile.

Il problema della disparità di genere nella politica non è però solo italiano. La coincidenza delle elezioni legislative francesi lo stesso 12 giugno permette di osservare come anche nel Paese d’Oltralpe, dove comunque “l’uguale accesso di donne e uomini ai mandati elettorali e alle funzioni elettive” è un principio costituzionale, le donne siano meno rappresentate tra le candidate nelle circoscrizioni: **su 577 coscrizioni , in ben 91 le candidate donne saranno meno di una su quattro.**Cosa che ai maschi capita solo in 16 circoscrizioni. 

Il maggior numero di donne candidate al primo turno delle elezioni legislative va al Rassemblement National di Marine Le Pen, 280, il 49% del suo battaglione per l'emiciclo.

Amministrative in Italia: le città più importanti

Le città più importanti dove i cittadini si recheranno alle urne sono Verona, Palermo, Messina, Genova, Catanzaro e L’Aquila. Pd e M5S correranno insieme in 18 capoluoghi su 26, i tre principali partiti di destra e centrodestra (FdI, Lega e FI) in 20.

A Verona il sindaco uscente di centrodestra Federico Sboarina, passato da Lega a Fratelli d’Italia, sarà sostenuto comunque da entrambi i partiti, mentre Forza Italia e Italia viva sosterranno l’ex sindaco Flavio Tosi. Pd e M5s puntano invece in coalizione sull’ex calciatore Damiano Tommasi.

Anche a Catanzaro il centrodestra corre diviso e il Pd e M5S sosterranno un unico candidato, Nicola Fiorita.Giorgia Meloni ha schierato la senatrice Wanda Ferro, dopo non aver gradito il candidato imposto da Lega e Forza Italia, Valerio Donato.

In Emilia – Romagna la città più importante dove si vota è Parma: finisce l’era di Federico Pizzarotti, la cui elezione fu un exploit del M5S: i pentastellati ora non presentano nessun candidato. Michele Guerra è il candidato del centrosinistra, mentre Pietro Vignali, ex primo cittadino arrestato per corruzione e poi scagionato, sarà supportato da Lega e Forza italia.

Marco Bucci, sindaco uscente di Genova, proverà a ricandidarsi, forte della ricostruzione-lampo del Ponte Morandi, e sarà sfidato da Ariel Dello Strologo, presidente della comunità ebraica, sostenuto da Pd e M5S

Anche a L’Aquila ci sarà un testa a testa tra centrodestra che sostiene l’uscente Pierluigi Biondi e centrosinistra che punta su Stefania Pezzopane

A Palermo, infine, Franco Miceli, presidente dell’Ordine nazionale degli architetti, è sostenuto da Pd e Movimento, e se la vedrà con Roberto Lagalla, già rettore dell’Università di Palermo e sostenuto da Lega e Fratelli d’Italia, ma anche di figure dal passato torbido, come l’ex governatore della Sicilia, Salvatore Cuffaro e l’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri. Entrambi condannati per fatti legati alla mafia.

Per quanto riguarda invece la percentuale di giovani candidati, secondo le elaborazioni di Pagella Politica, nei 26 capoluoghi di provincia, tra i 74 candidati sindaco dei principali partiti solo sei hanno meno di 40 anni di età (l’8 per cento), mentre 68 sono over 40 (il 92 per cento).

Referendum Giustizia

Il 12 giugno si voteranno anche cinque referendum accomunati dal tema della giustizia, promossi da Lega e Radicali: 51,5 milioni di elettori saranno chiamati al voto per il primo referendum abrogativo dal 2016, dal cosiddetto “referendum delle trivelle”. 

In quel caso non si raggiunse il quorum del 50 percento più uno, e anche domenica sembra molto difficile che la soglia venga raggiunta. Una delle motivazioni, sostengono i promotori, sarebbe anche la scarsa visibilità concessa dai media a queste tematiche: “Lo sconcio è la censura, il silenzio, il bavaglio che vengono nascosti da troppe televisioni e troppi politici mentre è solo un’occasione storica per milioni di italiani per far le riforme che la politica non ha fatto in trent’anni”, ha detto il segretario della Lega, Matteo Salvini

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Courtesy of YouTrend e Swg
Stima affluenza ai referendumCourtesy of YouTrend e Swg

I quesiti presenti nel referendum riguardano le seguenti norme:

  • La legge Severino, dal nome di Paola Severino, ministra della giustizia del governo monti tra il 2011 e il 2013. Le norme presenti nella legge prevedono l’incandidabilità, l’inelegibilità e la decadenza della carica per i politici condannati in via definitiva per una serie di reati contro la Pubblica amministrazione. Anche dopo il primo grado di giudizio, il punto più contestato. In caso vincesse il "Sì", la legge verrebbe annulata in toto.
  • Misure cautelari: nel codice penale italiano la custodia cautelare in carcere è prevista nei casi di pericolo di fuga, inquinamento probatorio e pericolo di reiterazione del reato. Proprio quest’ultimo punto è quello che verrebbe a cadere in caso di “Sì” al quesito.
  • Separazione delle funzioni dei magistrati: una questione molto tecnica, che riguarda il percorso che possono intraprendere i magistrati una volta superato il concorso di magistratura, ovvero quella di pubblico ministero, che si occupa di raccogliere le prove contro l’indagato nel corso del procedimento penale, e il giudice. Se il quesito passasse, i magistrati sarebbero obbligati a scegliere un’unica via una volta superato il concorso.
  • Valutazione dei magistrati: si tratta di un allargamento delle funzioni degli avvocati e dei professori universitari all’interno dei consigli giudiziari, che si occupano della valutazione dei magistrati, poi sottoposte al Csm. Da semplice valutazione a giudizio di merito, come previsto per i giudici che partecipano ai consigli. 
  • L’ultimo quesito riguarda il Csm, l’organo più importante all’interno della magistratura, che si occupa di assegnare gli incarichi ai giudici nonché di nominare i membri della Cassazione. Dei 27 membri che lo compongono, il presidente della Repubblica, che lo presiede, due membri di diritto dalla Cassazione, 8 professori di materie giuridiche e avvcoati, e 16 magistrati. Questi ultimi per presentare le proprie candidature hanno bisogno di 25 firme di altri magistrati. Per i promotori del referendum, questo sistema sarebbe ingiusto in quanto lascerebbe troppo potere all’Associazione nazionale della magistratura, diviso in correnti in grado di influenzare le candidature.

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