Il racconto di un colombiano scampato alle esecuzioni operate dall'esercito 15 anni fa, prima dell'accordo governo - FARC
Il ricordo della mattanza sta nel cimitero rurale, punteggiato di croci, nel nord della Colombia. Una carneficina che risale a 15 anni fa.
La ricorda, nell'udienza che si è tenuta nella città settentrionale di Ocaña, Villamir Rodriguez, l'unico scampato alle esecuzioni dell'esercito colombiano nella regione: 120 i civili assassinati a sangue freddo e poi falsamente presentati come combattenti della guerriglia di estrema sinistra.
"Ho sentito i colpi e sono caduto, ma non ho perso conoscenza, non ho perso nulla, ho sentito tutto ciò che i soldati dicevano alla radio" ricorda Rodriguez.
Villamir Rodriguez aveva 17 anni quando, raggiunto da un colpo d'arma da fuoco esploso dai militari, si è finto morto ed è riuscito a scampare all'esecuzione dei cosiddetti ''falsi positivi": così venivano chiamati i civili innocenti fatti passare per guerriglieri uccisi in combattimento.
In un'ammissione senza precedenti alle famiglie delle vittime, dieci militari in pensione, tra cui un generale e quattro colonnelli, hanno riconosciuto pubblicamente la loro responsabilità nei crimini.
Secondo la Giurisdizione Speciale per la Pace (JEP), un tribunale speciale creato dallo storico accordo di pace firmato nel 2016 con le Forze Armate Rivoluzionarie Marxiste della Colombia (FARC), 6.400 civili sono stati giustiziati "sistematicamente" in diverse regioni del Paese tra il 2002 e il 2008 in cambio di bonus, promozioni e altri benefici materiali per i militari.