USA: Kamala Harris? "Biden le dia visibilità: è una speranza per le donne"

Kamala Harris la sera della vittoria elettorale
Kamala Harris la sera della vittoria elettorale Diritti d'autore Andrew Harnik/Copyright 2020 The Associated Press. All rights reserved
Di Gioia Salvatori
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A prescindere dal giudizio politico sulla vice presidente USA in pectore, l'elezione di una donna di colore resta un simbolo dirompente. L'opinione di Carole Beebe Tarantelli, politica, femminista e docente universitaria statunitense naturalizzata italiana

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Già senatrice ora vicepresidente degli Stati Uniti d'America in pectore. La nomina di Kamala Harris a numero due del presidente Joe Biden fa sognare milioni di donne in tutto il mondo. Figlia di immigrati di prima generazione, donna e di colore, origini indo-giamaicane, Harris è stata 'la prima donna' già un'altra volta, è stata infatti la prima procuratrice a ricoprire il ruolo di procuratore generale della California. Accadeva esattamente 10 anni fa quando lei era 46enne. Il suo tailleur bianco, omaggio alle suffragette, della sera della vittoria resterà agli annali. Dopo il suo discorso, intriso di richiami all'american dream e in parte dedicato alle bambine, un invito al 'volere è potere'. Poco importa che il personaggio sia contestato per certe scelte muscolari del passato, non discutiamo un giudizio di merito sulla Harris politica, ma l'analisi di un simbolo: una donna nera alla vicepresidenza USA.

Ne abbiamo parlato con Carole Beebe Tarantelli, femminista, ex parlamentare, americana trapiantata in Italia da mezzo secolo, docente universitaria e psicanalista. Ritiene dirompente la forza simbolica di una donna di colore alla vicepresidenza USA ma sottolinea che gli States finora erano "un'anomalia". "Margaret Thatcher, Indira Gandhi, quanto tempo è passato? Quante donne ai vertici in politica, quante donne leader", e negli Stati Uniti nulla fino ad oggi, al massimo qualche Segretaria di Stato.

"Altro fatto straordinario è che Kamala Harris - aggiunge Tarantelli - sia figlia di immigrati di prima generazione", certo immigrati di rango (padre docente universitario, madre ricercatrice n.d.r.) ma pur sempre immigrati, una categoria che spesso ancora sconta le origini, anche nel caso di brillanti carriere: "Pensiamo a Andrew Cuomo, il governatore dello Stato di New York, lui non ce l'ha fatta a correre per la presidenza!".

Sono cambiati i tempi anche grazie ai movimenti #metoo e Black Lives Matter? "Sì sono cambiati non necessariamente grazie all'insieme di questi movimenti le cui frange più estreme hanno spaventato quelli che non volevano Trump ma mantengono una fede per il partito repubblicano. Comunque questi movimenti sono stati e sono gloriosi, ora bisognerà capire come Black Lives Matter si evolverà, cosa faranno Biden e Harris. Dovranno essere funamboli, dovranno mediare. Credo però che possano fare molto ad esempio contro la brutalità della polizia: qui non serve una legge federale per promuovere un nuovo atteggiamento. Biden, per esempio, potrebbe mettere insieme gruppi di sindaci e poliziotti e avviare un movimento d'opinione. Il presidente può parlare alla nazione, questo è molto più semplice che far passare una legge federale soprattutto se il senato resta bloccato".

Cosa si aspetta che faccia Harris, profilo comunque moderato, per le donne statunitensi? "Molto dipende dallo spazio che le darà Biden, dovrebbe portarla nella posizione di correre e vincere tra 4 anni tanto più che lui, a causa dell'età, probabilmente non pensa a un secondo mandato. A parte la bontà d’animo di averla scelta, è importante che cerchi di darle visibilità. Se visibile può fare molto". Un altro elemento potrebbe giocare a suo favore: "Se i democratici vincessero una delle due elezioni in Georgia (a gennaio si vota per due collegi ndr) il senato diventerebbe pari e Kamala Harris, presidente del senato, avrebbe il voto decisivo".

Biden ha davvero infranto un tabù scegliendo Harris per il ticket? "Sì, abbiamo visto quello che è successo a Hillary Clinton, doveva fare di tutto per attirarsi delle simpatie in quanto donna. Aveva un sentiero strettissimo da percorrere. Però Clinton non era una persona sciolta, alla mano, ogni sua durezza era 10mila punti contro di lei. Poi ha perso pure per altri motivi, certo, ma resta che a una donna non è concesso di essere dura, se lo è, è insopportabile. Kamala Harris ha aggressività da vendere ma quando vuole ha un’altra immagine: andava in giro in scarpe da ginnastica".

Kamala Harris si è proposta come esempio per tutte le ragazze, dando loro un messaggio di speranza, ma gli USA oggi sono il Paese delle tante possibilità per tutte? "No, assolutamente non lo sono. Che lei sia vice e ci sia un 'second man' conta a livello simbolico per bambine e ragazze, identificarsi in un ruolo di comando è molto importante . Vediamo se Kamala Harris arriva alla presidenza, quello sì, sarebbe davvero sfondare il tetto di cristallo, ma non so se i tempi sono maturi. Dopo la sconfitta di Hillary Clinton si possono avere tanti dubbi…Fortunatamente le cose cambiano, chi avrebbe previsto Trump presidente, d'altronde?".

**Un'altra donna di colore è entrata alla Casa Bianca e ha agito con convinzione portando a termine diverse battaglie, Michelle Obama; si può fare un confronto tra le due figure? "**Michelle Obama è una delle personalità più forti negli Stati Uniti. Lasciando la Casa bianca ha detto 'sono fuori dalla politica' e così è stato. Un paragone tra le due figure? Beh il ruolo del vicepresidente dipende dal presidente...".

Quindi Biden dia visibilità a Harris e cambi gli USA? "Esattamente, può essere un traino, dare speranza a donne e immigrati e agire sull’opinione pubblica perché queste categorie non si sentano più relegate all'angolo. Il vicepresidente non ha poteri propri, non emette ordini esecutivi, tutto dipende da ciò che Biden le delegherà e da come lei gestirà queste deleghe".

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