Pestaggio mortale di Colleferro, Federazione Boxe: "Non chiamateli pugili"

Willy Monteiro, il 21enne pestato a morte a Colleferro
Willy Monteiro, il 21enne pestato a morte a Colleferro Diritti d'autore Euronews
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Di Antonio Michele Storto
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Dopo l'omicidio del 21enne Willy Monteiro, il presidente della Federazione pugilistica italiana si sfoga con Euronews: "Se c'era qualcuno che portava in sé i nostri valori, quella era la vittima"

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"Se c'era qualcuno che quella sera portava in sé i valori della boxe, quello era il povero Willy". 

Così, Vittorio Lai,  presidente della Federazione pugilistica italiana (FPI) , si esprime sul brutale pestaggio che a Colleferro - comune da 21mila anime in provincia di Roma - ha portato, nella notte tra sabato e domenica, alla morte di Willy Monteiro, 21enne di origini capoverdiane intervenuto per sedare una rissa e quindi picchiato a morte da 4 balordi noti nella zona per praticare diversi sport da combattimento, oltre che per le regolari angherie cui sottoponevano i propri concittadini.

La FPI esprime immenso dolore e cordoglio per la scomparsa del giovane Willy Monteiro, barbaramente ucciso sabato notte...

Publiée par Federazione Pugilistica Italiana sur Lundi 7 septembre 2020

"Willy - ha scritto nel pomeriggio la Federazione in un post su Facebook - corso in aiuto di un amico preso di mira da una banda di balordi e per questo malmenato a morte, era portatore sano di quei valori che fanno di un uomo un Pugile: Coraggio, altruismo e incoercibile voglia di aiutare chi è in difficoltà. Valori, non i soli, e ideali che sono alla base della nobile arte e che i Maestri insegnano quotidianamente nelle palestre affiliate alla FPI. Chi non ne è in possesso e, soprattutto, non è tesserato con la FPI non può e non deve essere definito Pugile". 

E, per il presidente Lai ed il resto della Federazione, proprio questo è il tasto dolente: perché parecchi giornali si sono affrettati a definire i quattro come "pugili", "e ciò - sottolinea il dirigente - non è proprio più tollerabile".

"Casi del genere - continua Lai - sono già rarissimi quando coinvolgono dei pugili veri e propri, e la giustizia sportiva tende ad essere molto dura con chi ha un certo tipo di temperamento, prima ancora che si manifesti in maniera così aperta. Eppure, ogni volta che un balordo sale alle cronache per episodi incommentabili come questo, la stampa tende quasi a voler suggerire un'equivalenza tra 'pugile' e 'bullo'".

"In realtà - continua il dirigente - noi lavoriamo regolarmente proprio contro il bullismo, la discriminazione, la violenza di genere. Più d'una, tra le nostre atlete, è riuscita a mettere Ko chi voleva approfittarsi di lei. Le nostre palestre sono inoltre un enorme veicolo di integrazione: vi si trovano decine di ragazzi originari da ogni parte del mondo".

"Ma soprattutto - sottolinea - ai nostri atleti noi insegniamo l'autocontrollo. Ed è proprio così che soggetti come quelli che si sono macchiati di questo orrendo crimine, vengono individuati, isolati e molto spesso espulsi dai nostri centri".

La FPI ha in effetti reso noto come uno dei quattro aggressori fosse stato tesserato, per un breve periodo, e fino al 2018, "ma da allora - scrivono i vertici federali sul comunicato -  non ha più avuto a che fare, sotto qualsivoglia forma, con il movimento pugilistico nazionale". 

"A questo personaggio - conclude il documento - sarà interdetta sine die la possibilità di tesserarsi con la FPI e di iscriversi/allenarsi presso tutte le ASD/SSD a essa affiliate".

Perché, sottolinea Lai, "episodi come questi non devono far dimenticare che il pugilato resta comunque quello sport dove i contendenti, seppur se le diano di santa ragione, a fine incontro si abbracceranno, sempre. I calciatori possono litigare, a volte: tra noi vige il rispetto e la stima per l'avversario",

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