Di Maio a Euronews: "Sì a missione Irene, ma con l'emergenza non concederemo i porti"

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Di Giorgia Orlandi
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Il ministro degli Esteri ha parlato dell’emergenza sanitaria e del ruolo dell’Italia nella gestione della questione libica

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L'Italia è stato il primo Paese occidentale ad affrontare l'emergenza Covid 19, tant'è che il suo approccio alla crisi sta definendo il canovaccio di intervento per i paesi successivamente colpiti, il cosiddetto "modello italiano". Ma è anche il Paese che oggi paga il prezzo più alto.

La nostra corrispondente Giorgia Orlandi ne ha parlato con il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio: con noi ha discusso dei risvolti internazionali di questa crisi, non soltanto a livello europeo ma anche rispetto agli equilibri geopolitici nel Mediterraneo.

Signor Ministro, abbiamo visto un'Europa divisa nella gestione della crisi. Alcuni parlano di inizio della fine per il progetto europeo.

"Sicuramente questa crisi globale è una responsabilità enorme per l'Unione Europea. Questo è un momento cruciale per l'Unione, e non possiamo pensare di affrontare una crisi economica e sanitaria come quella che stiamo vivendo, che porterà l'intera Europa in recessione, con mezzi ordinari. Ecco perché è molto importante - e parlo per conto dell'Italia - vedendo tutte le forze politiche, anche quelle che potrebbero essere state tentate di lasciare l'Unione Europea, unite oggi nella richiesta degli Eurobond. Gli Eurobond sono un grande opportunità per l'Europa di dimostrare che è in grado di reagire a una crisi come questa. È vero che tutti noi dobbiaqmo condividere dei rischi oggi con gli Eurobond, ma domani potremmo condividere anche grandi opportunità. Se noi dobbiamo lavorare su un vaccino che possa proteggere le nostre popolazioni, per sempre, ebbene non possiamo permetterci di attardarci. E come accelerare il processo per ottenere un vaccino? Con una grande alleanza internazionale sui vaccini. E soprattutto non possiamo permettere che il vaccino sia di pochi, deve essere per tutti.

Lei parlava di risposte economiche. L'Europa sta reagendo da un lato con la "cura BCE" con un piano da 750 miliardi di euro; e dall'altro con la sospensione del Patto di stabilità. Lei ha menzionato gli Eurobond. Cosa significano queste misure per L'Italia e come le sfrutterà il Paese?

"Penso che la sospensione del Patto di stabilità sia un grande segnale rispetto al fatto che l'Europa, L'Unione Europea e i suoi Stati membri hanno compreso la difficoltà della situazione in cui non solo l'Italia si trova, ma in cui tutti noi ci troviamo. La sospensione del Patto di stabilità deve però includere anche il sostegno della Banca centrale europea quando emette titoli di Stato. Vogliamo anche seguire la formula che Mario Draghi ha indicato di recente: in tempo di guerra, perché l'Italia è attualmente in guerra con un nemico invisibile, i paesi devono poter fare debito per compiere investimenti e ovviamente la creazione di tale debito deve essere sostenuta dalla Banca Centrale. A livello di Unione Europea, vedere in difficoltà la seconda maggiore forza industriale e manifatturiera in Europa non va a vantaggio di nessuno. L'Unione deve essere convinta che non può esistere un'Europa senza l'Italia. Il mercato europeo non può esistere senza la forza produttiva e la capacità del nostro".

Ministro, parlando di Libia lei ha deciso di non concedere i porti di sbarco per la nuova missione Irene.La pandemia sta impattando anche la questione libica**: esiste una roadmap europea per garantire la messa in pratica delle risoluzioni che sono state decise a Berlino rispetto alla Libia?**

"La Roadmap è quella che parte dal processo di Berlino. Io ringrazio la Germania perché ha fatto un grande sforzo diplomatico per riuscire a trovare un luogo di discussione sulla Libia tra le due fazioni. E grazie a quella conferenza si è formato, con il contributo dell'inviato speciale delle Nazione Unite Salamè, il comitato militare nel quale le due parti libiche hanno discusso fino a qualche settimana fa, arrivando ad una bozza di cessate il fuoco permanente. Ovviamente in questo momento il mondo è scosso dalla crisi del coronavirus, ma è nel contesto del comitato militare che le due parti avevano già redatto un testo sul cessate il fuoco. Dobbiamo fare in modo che si arrivi alla firma. Anche la tregua umanitaria che è stata raggiunta in Libia in questi giorni per effetto del coronavirus è una buona notizia. Il lavoro che abbiamo sulla Libia nel sostenere il processo di Berlino e nel parlare con tutte le parti libiche sta andando avanti. Proprio in queste ore si è raggiunto l'accordo europeo sulla nuova missione nel Mediterraneo, che si chiamerà Irene. Una missione che deve fermare l'ingresso di armi in Libia. Lo faremo con i pattugliamenti navali e aerei e, se ci saranno paesi che portano armi in Libia, potremo fermarli con questa missione. E' chiaro che nelle sedi europee ho detto che abbiamo difficoltà a mettere a disposizione i porti per questa missione nel caso di recupero di migranti, perché potrebbe capitare che une delle pattuglie che si occupa del controllo delle armi in ingresso debba salvare dei migranti in mare. L'Italia non può mettere a disposizione i propri porti, però è sicuramente comprensibile visto che stiamo dicendo anche ad alcuni italiani residenti all'estero di non rientrare e che li assisteremo nei paesi in cui si trovano, dato che siamo in una situazione d'emergenza. Abbiamo detto ai nostri connazionali che diamo priorità ai non residenti - turisti e studenti - mentre i residenti è meglio che restino dove sono.

A proposito dei porti: se dovessero riprendere le missioni di soccorso cosa farà il governo italiano? Sfrutterà i decreti sicurezza se dovessero farsi avanti dell ong?

Questa situazione è gestita dal Ministero dell'Interno, ci sono tuttora delle ong in mare nel Mediterraneo. La gestione negli ultimi mesi è stata portata avanti dalla ministra Lamorgese. Continuiamo a dire che chi approda in Italia approda in Europa e deve essere ridistribuito negli altri paesi. La missione Irene non riguarda i migranti, è una missione che posiziona le navi a est della Libia e deve fermare navi che portano armi. Per fermare le partenze dei migranti dobbiamo fermare la guerra in Libia: le due parti non firmeranno il cessate il fuoco finché non avremo fermato l'ingresso di armi. Le due parti devono sentirsi meno forti. Germania, Francia e Italia hanno fatto un grande sforzo per arrivare a questa missione e siamo sicuri che Irene potrà portarci alla firma del cessate il fuoco.

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