Sono passati 60 anni da quando, il 2 dicembre 1959, la diga di Malpasset crollò, liberando 50 milioni di metri cubi d'acqua che cancellarono la città di Frejus. Un'onda alta 40 metri si abbatté a 70 km/h sulla valle di Reyran provocando 423 morti.
La Francia che oggi si sveglia in ginocchio nel sud est, ricorda in questo stesso giorno il suo Vajont, una delle più grandi catastrofi del XX secolo.
Sono passati 60 anni da quando, il 2 dicembre 1959, la diga di Malpasset crollò, liberando 50 milioni di metri cubi d'acqua che cancellarono la città di Frejus.
In pochi minuti, un'onda alta 40 m si abbatté a 70 km/h sulla valle di Reyran provocando 423 morti e 7.000 feriti su 10.000 abitanti. Le vite di chi è sopravvissuto sono rimaste segnate per sempre.
I RICORDI DEI SOPRAVVISSUTI
Yvon Allamand è rimasto orfano di entrambi i genitori: "Per me è stato un incubo. Mi davo dei pizzichi per uscire da quell'incubo. Non poteva essere vero".
"Quando ne parliamo, diciamo sempre 'prima del disastro, dopo il disastro' - aggiunge Annie Brodin, un'altra sopravvissuta - Perdemmo all'improvviso tutta la famiglia. Non avevamo più nessun legame. Era difficile ritrovare una dimensione familiare".
PER LA GIUSTIZIA FRANCESE NON CI FU ERRORE UMANO
Il 1° dicembre 1959 tutti gli scarichi della diga erano chiusi per facilitare la costruzione di un ponte autostradale. Le intense piogge fecero salire velocemente il livello del lago e il 2 dicembre la diga si fessurò. Il collasso fu immediato.
Per la giustizia francese si trattò di un cedimento del terreno associata a una trappola della natura.