The Brief From Brussels: troppo presto per dire addio a Juncker

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Di Elena Cavallone
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Il 31 ottobre doveva essere la data in cui Juncker avrebbe passato il testimone a Ursula Von der Leyen. E invece dovrà aspettare un altro mese...o forse anche di più

Non ancora addio

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Doveva essere il giorno in cui Jean-Claude Juncker avrebbe dovuto dire addio, il suo ultimo giorno da presidente della Commissione europea.

Ma, come spesso accade nella vita, le cose sono andate diversamente dal previsto.

L'uomo che è amato dal suo staff e rispettato dai suoi avversari politici è diventato il custode della Commissione europea- per almeno un mese.

Colei destinata a succedergli, Ursula Von der Leyen non ha ancora pronta la sua squadra di commissari europei e nel frattempo pendono grandi questioni su cui bisogna decidere, come il prossimo bilancio europeo. Günther Oettinger, commissario europeo per il bilancio, ha ribadito questa settimana che:

"Il vuoto lasciato dalla Brexit ammonterà a circa 12 miliardi di euro nel primo anno e a 14 miliardi di euro l'anno seguente. Intendiamo colmare metà di questo vuoto con dei tagli e l'altra metà con contributi da parte degli stati membri leggermente più alti".

Di sicuro non erano queste le questioni di cui Juncker pensava di occuparsi a novembre. Secondo quanto si apprende da AFP, Juncker dovrà infatti sottoporsi a un intervento chirurgico a novembre per curare un aneurisma. Il 65 enne soffre infatti di un aneurisma aortico addominale.

Le funzioni di Juncker saranno coperte dal vicepresidente della Commissione Frans Timmermans e il presidente prevede di tornare al lavoro in tempo per partecipare alla consegna del testimone a Von der Leyen.

In attesa di una sentenza cruciale

Respingere il sistema di ricollocamento temporaneo dei migranti deciso a livello europeo ha rappresentato una violazione degli obblighi da parte di Ungheria, Repubblica Ceca e Polonia.

Queste sono le conclusioni dell'avvocato generale della Corte di giustizia dell'Unione europea, pubblicate giovedì. Il parere viene espresso prima della sentenza, che è generalmente in linea con il verdetto stesso.

Il caso risale al 2015, quando la Commissione europea ha proposto agli Stati membri di distribuire un totale di 160.000 richiedenti asilo provenienti da Italia e Grecia che avevano diritto alla protezione internazionale.

Tutti e tre i paesi hanno rifiutato di partecipare adducendo motivi di sicurezza nazionale e di ordine pubblico.

Secondo l'avvocato generale, "i legittimi interessi degli Stati membri a preservare la coesione sociale e culturale possono anche essere efficacemente protetti con mezzi meno restrittivi rispetto alla negazione unilaterale e totale dei loro obblighi ai sensi del diritto dell'Unione".

La Commissione europea, che ha deferito i tre paesi alla corte, non commenterà la questione fino a quando non verrà emesso il verdetto finale.

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