Sempre più simile a un disastro politico la parabola di Theresa May
Con una decisione senza precedenti i parlamentari britannici hanno votato nella serata di questo lunedì un emendamento sulla Brexit destinato a dare "la precedenza" mercoledì al voto su proposte alternative di piani B promossi in aula , rispetto all'eventuale terzo tentativo di ratifica dell'accordo May. In pratica un emendamento che mette Theresa May sotto tutela del parlamento visto che la premier non sembrava disposta a discutere e voleva anzi ripresentare per la terza volta la sua proposta di accordo sulla Brexit già bocciata due volte. Un emendamento che provoca una scarica di dimissioni nell'esecutivo con l'addio di diversi membri dello stesso. Con 329 voti a favore e 302 contrari la maggioranza dei deputati sembra invece convinta che la May porterà il paese a un divorzio senza accordo. Paesi come l'Italia infatti hanno approvato un decreto che li prepara proprio a un'eventualità del genere: il divorzio di Londra senza un accordo con Bruxelles. Per ora l'esecutivo si salva con un altro emendamento, ma davvero la notte stavolta sarà lunga.
Questa era stata la nostra analisi nel pomeriggio di lunedì:
Ha qualcosa di comico parlare di complotto interno per cacciare la premier Theresa May dalla guida del paese viste le straordinarie difficoltà di un esecutivo messo all'angolo da tutto, eppure c'è chi giura che nella residenza di campagna, durante il weekend, le sia stato proposto di negoziare una sua rapida dimissione in cambio di un accordo all'assetto Brexit che ha concordato con Bruxelles.
Un complotto in atto?
Ufficialmente si leva il consueto coro di smentite su questo presunto ultimatum che fino a 11 membri del governo (stando al Sunday Times) avrebbero posto alla May chiedendole di fissare una data per la sua uscita di scena.
La riunione di crisi in campagna
May ha indetto la 'riunione di crisi' nella residenza in campagna del primo ministro (Chequers) con ministri e deputati Tory, fra cui Lidington, Gove e i 'brexiteers' Boris Johnson, Iain Duncan Smith e Jacob Rees-Mogg, in vista di un'altra settimana critica, riunione che sembra essersi risolta con una altro nulla di fatto fra Westminster e Downing Street a ridosso del 29 marzo, la data per l'uscita del Regno Unito dall'Ue considerata ormai archiviata e sostituita dalle due possibilità dettate da Bruxelles: il 12 aprile senza l'approvazione dell'accordo o al più tardi il 22 maggio.
Un milione nelle strade di Londra
Nel weekend intanto un milione di persone ha sfilato nel cuore di Londra chiedendo un nuovo referendum a propsito di Brexit . Il pasticciaccio del complesso divorzio da Bruxelles rivela di fatto una crisi ancor più profonda del paese, un fallimento generale non solo quello dei conservatori.