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Belgio: parlano le "vedove dell'Isis" dopo il rimpatrio negato

Belgio: parlano le "vedove dell'Isis" dopo il rimpatrio negato
Diritti d'autore  رويترز
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Di Paola Cavadi
Pubblicato il Ultimo aggiornamento
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Tatiana Wielandt e Bouchra Abouallal, 26 anni, partite per la Siria nel 2012 temono che i loro 6 figli non tornino mai piu' in Belgio. Le due donne catturate dai curdi dopo l'assedio di Raqqa, parlano per la prima volta dopo che il governo belga ha vinto la causa contro il loro rimpatrio.

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Nel campo di Ain Issa, nella Siria settentrionale, Tatiana Wielandt e Bouchra Abouallal, cittadine belghe di 26 anni, partite per la Siria nel 2012 per combattere tra le file dell'Isis, temono che i loro 6 figli non tornino mai piu' in Belgio. Le due donne, due volte vedove di miliziani jihadisti e catturate dai curdi dopo l'assedio di Raqqa, parlano per la prima volta da quando il governo di Bruxelles ha vinto in appello la causa contro il loro rimpatrio.

"Ho fatto un errore e devo essere punita per questo - spiega Bouchra Abouallal - in fondo voglio solo avere una vita normale con i miei figli . So che per me è facile a dirsi, ma siamo già state punite per i nostri errori: siamo qui da un anno e mezzo. Questa è una tortura."

A Gennaio il tribunale aveva riconosciuto in primo grado il diritto delle donne e dei loro figli di rientrare in Belgio e lasciare il campo di detenzione siriano per via delle condizioni disumane di vita.

"I bambini non possono vivere in questa situazione - afferma Tatiana Wielandt - non hanno un'educazione, non possono giocare, non hanno nulla, Credo che per loro sia meglio andare altrove, in un posto migliore con i nonni".

Dei seimila foreign fighters europei partiti per la Siria, circa 800 sono prigionieri dei curdi e attendono di sapere se torneranno o no in patria dove i capi di imputazione a loro carico non saranno facili da dimostrare nelle aule di tribunale .

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