Tunisia-Italia: il caso dei pescatori di Zarzis e la politica dei rimpatri

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Di Giorgia Orlandi
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Valentina Zagaria ricercatrice in antropologia alla London School of Economics ha vissuto tre anni nella città tunisina. Insieme al lei Euronews fa il punto sullo stato delle relazioni tra Tunisi e Roma, alla luce delle ultime richieste di modifica degli accordi sui rimpatri da parte del Viminale

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Valentina Zagaria, è una ricercatrice in antropologia alla London School of Economics di Londra. Tra il 2015 e il 2017 ha vissuto a Zarzis in Tunisia, e pochi giorni fa ha firmato un articolo su Open Democracy sul caso dei sei pescatiori della città tunisina, arrestati il 29 agosto con l' accusa di favoreggiamento all'immigrazione illegale dalle autorità italiane, ancora in attesa di giudizio.

Un caso che ha scatenato proteste in Tunisia e per il quale alcuni ministri tunisini si sono mobilitati per chiedere la liberazione dei pescatori. Partendo da questo evento, a lei abbiamo chiesto di spiegarci lo stato delle relazioni tra Tunisi e Roma alla luce degli ultimi sviluppi che riguardano gli accordi sui rimpatri tra i due paese, nel giorno dell'incontro tra il Ministro Salvini e il suo omologo tunisino.

Tunisi ha detto no alle proposte avanzate dal Viminale sulla modifica degli accordi sui rimpatri per accelerare il rientro in patria dei 184 migranti arrivati a Lampedusa nei giorni scorsi. La vicenda dei pescatori di Zarzis - spiega Zagaria - ha avuto un impatto nelle relazioni tra i due paesi insieme alla volontà - spiega la ricercatrice - da parte delle autorità tunsine di non finire in accordi come quelli tra l'Unione Europea e la Turchia ma c'è di più.

La Tunisia - è primo paese d'origine degli sbarchi in Italia dall'inizio dell'anno secondo il Viminale, con il 21% prima dell' Eritrea. Nei primi mesi del 2018 sono arrivati in Italia 1910 tunisini, contro 1810 eritrei e al terzo posto 695 nigeriani, non accetta di diventare una nuova Libia, con la quale confina e dalle quale si differenzia, come spiega Zagaria.

Hai seguito la vicenda dei pescatori di Zarzis, quali sono le ultime?. Sono ancora in prigione nonostante la mobilitazione delle autorità tunisine e delle associazioni sia in Tunisia che in Italia

Restano in prigione dove si trovano dal 29 agosto e ci resteranno fino all'udienza, venerdì 21 . Un'udienza che arriva dopo un'indagine preliminiare. Non si sa se il caso passerà al processo o meno - anche se perfino diversi ministri in Tunisia abbiano espresso il loro supporto per i pescatori e abbiano chiesto all'Italia la loro liberazione - la giustizia deve prendere il suo corso. L'udienza si farà il 21 e fino ad allora questi sei pescatori che hanno tra i 45 e i 58 anni e che sono le persone che in famiglia lavorano di più e senza di loro ci sono 6 famiglie in seri guai.

Italia e Tunisia hanno stretto un accordo sui rimpatri ma in questo caso specifico, i due paesi sembrano distanti. Tra l'altro uno di questi pescatori è candidato al premio Nobel per il contributo nella gestione dell'immigrazione

Chamseddine Bourassine, presidente dell'Associazione dei pescatori di Zarzis (Apde) creata nel 2013, che si occupa di promuovere il loro settore che sta attraversando momenti difficili, trovandosi a pescare nelle acque tra la Libia e la Sicilia nel tempo - già da 15 anni- i pescatori sono in prima linea anche dei soccorsi di barche che partono dalla Libia, anche in situazioni pericolose. Quindi molte volte i pescatori come è successo il 29 agosto sono i primi a prestare soccorso a queste persone. L'associazione non è stata creata per prestare soccorsi. Loro si sono ritrovati a far fronte a questa situazione come i pescatori in Sicilia e questa loro associazione è stata nominata al premio Nobel di quest'anno.

Perchè i politici tunisini sono dalla parte dei pescatori - andando contro le autorità italiane con le quali la Tunisia è tra i pochi paesi ad aver stretto accordi sull'immigrazione?

Questa è un opinione mia. Credo che i politici tunisini in questa fase di post-rivioluzione dal 2011, non hanno molta scelta in materia di immigrazione. La Tunisia è un paese che dipende molto sulla Francia e sui paesi come l'Italia per l'economia e quindi l'Italia e la Francia, l'Unione Europea tutta chiede alla Tunisia di fare un pò il guardia frontiere da parte dell'Unione Europea in cambio di accordi su altre cose. Quindi i politici tunisini non hanno molta marcia di manovra anche sulla libera circolazione dei propri cittadini in Europa. In Tunisia è molto difficile ottenere un visto specialmente se si è giovani disoccupati anche solo per andare a trovare la famiglia che vive in Europa. I politici tunisini si trovano a non poter neanche negoziare sui propri cittadini e quindi sul tema del controllo delle partenze dalla Tunisia di cittadini di altri paesi africani sono ancora meno in posizione di trattare e accettano quello che viene deciso dall'Europa e dall'Italia.

Chi sono i pescatori di cui parli nel tuo intervento su Open Democracy?

I pescatori di Zarzis sono molto conosciuti in Tunisia per il lavoro che fanno da oltre 15 anni nel Mediterraneo di soccorso a imbarcazioni in difficoltà e quindi quando sono stati arrestati due settimane fa è sembrato scandaloso a tutte le persone che conoscono i pescatori e a tutti i tunisini. A Zarzis sono dei personaggi conosciuti ma anche in tutta la Tunisia il loro impegno è stato sempre riconosciuto. Il ministero dell'Agricolutura e della Pesca come i sottosegretari all'Immigrazione hanno subito rilasciato delle dichiarazioni anche a seguito di varie manifestazioni che si sono tenute a Zarzis e a Tunisi davanti all'ambasciata italiana. In qual caso erano presenti tantissime associazioni diverse tra cui quella delle famiglie di tunisini dispersi nel Mediterraneo che si sono uniti alla causa dei pescatori perchè la sentono come una causa importante e un'ingiustizia enorme.

I pescatori di Zarzis tra il 2015 e il 107 quando ho vissuto a Zarzis e quindi l'ho potuto constatare in prima persona, hanno riportato persone in difficoltà in Tunisia in quanto era il porto più vicino e in quanto le autorità più vicine di Roma che coordinano il salvataggio in mare gli hanno detto di riportare le barche in Tunisia perchè le altre barche di slavataggio erano impegnate. Questa volta le 14 persone in difficoltà la cui imbarcazione aveva avuto problemi, si trovava in acque internazionali in zona Sar libica. I migranti hanno detto ai pescatori che non volevano essere riportati in nord Africa, minacciando di ributtarsi in mare. Queste sono le testimonianze che sono state rese dalle 14 persone a diversi giornalisti di testate internazionali. L'unica cosa che è cambiata è che i pescatori li hanno portati nel primo porto sicuro che sicuramente non è la Libia ma Lampedusa.

L'Italia vuole cambiare l'accordo sui rimpatri con la Tunisia che ha già detto di essere contraria. La vicenda dei pescatori ha avuto un impatto nella tensione tra i due paesi oppure la ragione sta anche nella crisi politica che sta attraversando la Tunisia?

La situazione dei pescatori credo che abbia avuto un impatto sulla visita di Salvini e su come le autorità tunisine si vogliano posizionare, perchè in Tunisia ci sono state varie manifestazioni e la società civile si é molto mobilitata per far sentire al proprio governo in Tunisia che non era accettabile che l'Italia arrestasse questi pescatori. Quest'ultimi, che in maniera volontaria hanno sempre rispettato le leggi internazionali in materia di salvatggi in mare e di diritti umani. Credo che le autorità tunisine abbiano dovuto prendere una posizione diversa rispetto all'Italia per via di questa situazione con i pescatori arrestati ad Agrigento.

Abbiamo visto anche che le autorità di Tunisi hanno tenuto il punto nel caso della Sarost 5, resistendo fino all'ultimo per non creare dei precedenti nell'aprire il porto proprio a Zarzis

Non credo si tratti di rigidità al contrario avere i porti chiusi alle Ong in mare e alla Guardia Costiera, come nel caso della Diciotti sia quella una novità nel Mediterraneo e le autorità tunisine si stanno adattando e cercando di non finire in accordi come quello che l'Unione Europea ha intrapreso con la Turchia.  Ad esempio credo che la Tunisia non sia in una posizione per diventare un'altra Turchia e un altro paese che accoglie e che puo' far fronte ad una crisi dell'accoglienza a livello europeo.

Tra l'altro vengono in mente tra i precedenti, le parole che Salvini aveva pronunciato da Pozzallo sui migranti in arrivo dalla Tunisia qualche mese fa

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Non viene ignorato assolutamente a livello governativo i politici tunisini non hanno tanta marcia di manovra putroppo per migliorare le cose e cambiare la condizioni dei cittadini all'estero. Credo che il pubblico tunsino si sia risentito tantissimo delle affermazioni dal ministro degli Interni italiano senza alcun motivo Salvini ha infiammato relazioni favorevoli per l'italia in materia di immigrazione specie per i cittadini tunisini.

La Tunisia di recente appunto ha tenuto a ribadire la volontà di non classificarsi come porto sicuro, come è cambiato l'atteggiamento della Tunisia verso le migrazioni in questi ultimi anni

Il caso della Sarost 5 è importante. La Tunisia non ha voluto creare precedenti e non ha voluto incoraggiare queste tipo di procedure ma la Tunisia è un paese dove c'è stata una rivoluzione molto di recente. La costituzione del paese è stata riscritta. Le elezioni municipali hanno avuto luogo per la prima volta un paio di mesi fa, fino ad allora non c'erano autorità municipali nei comuni in Tunisia eletti. É un paese che ha moltissime leggi da passare e tantissime cose da cambiare dopo tutti qusti anni di dittatura dall'indipendenza in poi c'è stata solo dittatura che non ha ad esempio passato una legge per dare lo statuto di rifugiato nel territorio tunisino. In effetti non è un paese sicuro per i rifugiati al momento quelli che sono presenti in Tunisia sono sotto l'ala dell'Unhcr che deve negoziare con le autorità tunisine caso per caso se i rifugiati possono lavorare, studiare quindi una situazione complicata dove i richiedenti d'asilo non possono fare domanda alle autorità tunisine. Sarebbero rimasti in una situazione di limbo prolungato. Nel caso della Sarost 5 non era solo un mostrare che la Tunisia non è una nuova Turchia il paese dove l'Europa blocca le migrazioni. Ci sono anche delle procedure legali che non sono state ancora state approvate in Tunisia che non ¨è un paese in grado di gestire questi movimenti nel Mediterraneo.

L'Europa funziona a due marce quando si parla di porto sicuro.  La Libia non è un porto sicuro ma continua ad operare come se lo fosse nel silenzio degli stati membri, tu conosendo la Tunisia perchè è diversa dalla Libia?

E' un paese che non è in guerra civile, c'è una costituzione con una Guardia Costiera e polizia che lavora sul territorio. Una situazione diversa dalla Libia pur non essendo neanche la Tunisia in realtà un porto che si puo' considerare sicuro ma è una situazione completamente diversa. E' anche una situazione di un paese tra due frontiere vicino alla Libia. Come nel caso dei pescatori di Zarzis molte volte anche la Guardia Costiera tunisina interviene in casi di salvataggi mare e in Europa non se ne parla mai. Come anche il fatto che i pescatori e la Guardia Costiera tunisina sono anche implicati in questa situazione anche se non sono loro ad imporre visti impossibili ai paesi africani e a contribuire in guerre come l'Europa in molti paesi africani.

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ACCORDO SU IMMIGRAZIONE TRA TUNISIA E ITALIA

- Già nel 2011 l'allora ministro degli Interni Maroni aveva siglato degli accordi conm Tunisi per gestire l'emergenza dei flussi migratori in arrivo dalla Tunisi. "Un accordo tecnico sulla cooperazione tra i due Paesi contro l'immigrazione clandestina ed oltre al rafforzamento della collaborazione tra forze di Polizia, sono previsti anche rimpatri".

- Intesa rinnovata nel 2017 dal ministro degli Esteri Alfano e il suo omologo tunisino agli Esteri, Khemaies Jhinaoui.

- La collaborazione bilaterale è stata riaffermata anche nel febbraio 2018 con l'ex ministro Minniti che a Roma ha avuto un incontro con Barhem. Il ministro tunisino allora aveva confermato "il massimo impegno" sul fronte della cooperazione nella prevenzione dei flussi migratori irregolari, nelle procedure di rimpatrio e nello scambio di informazioni a fini di contrasto della criminalità organizzata e del terrorismo. L'ex ministro Minniti aveva anche introdotto i Cpr, la cui diffusione sul territorio ha incontrato diverse diffcoltà.

- Lo stato attuale degli accordi

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