Intervista al premier libanese Hariri: l'amicizia con Mosca, la Siria e Hezbollah

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Di Anelise Borges
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Intervista esclusiva della corrispondente di euronews, Anelise Borges al Primo MInistro libanese Saad Hariri. Perché si fida di Vladimir Putin? Cosa ne pensa di Trump e della Siria? E quale la relazione con Hezbollah?

Il Libano sembra barcollare sull'orlo di un abisso: 15 anni di guerra civile hanno lasciato il segno, il fragile accordo politico che ne è seguito è stato costantemente messo alla prova dalla guerra. Questo è indubbiamente un Paese complesso come un puzzle. A detta di molti, l'unico uomo capace di tenere insieme i pezzi è Saad Hariri.

Primo Ministro, la ringrazio per aver parlato con noi: questo è un grande anno per il Libano, ci sono state elezioni generali e parlamentari, queste ultime per la prima volta da un decennio a questa parte, tuttavia da maggio non è ancora riuscito a formare un Governo: perché è così difficile, ciò significa che sarà praticamente impossibile per lei governare questo Paese.

"No, penso che ce la faremo, la gente deve capire che questo è il Governo che dovrà durare per 4 anni, peraltro arrivato dopo un decennio di mancate elezioni, in modo che il nuovo Parlamento abbia nuovi membri e le dimensioni di ogni gruppo politico siano innovate. Quindi, la sfida nel formare un Governo di unità nazionale o un Governo di consenso sarà un po' difficile, perché ci sono così tante fazioni differenti da soddisfare, molti partiti politici che accampano rivendicazioni, questa è l'unica ragione per cui abbiamo qualche difficoltà".

Governare un Paese come il Libano non può essere un compito facile, ha una storia molto difficile, un complesso accordo di condivisione del potere tra diverse religioni, una guerra in atto. Ho parlato con molte persone che mi hanno indicato in lei l'uomo che tiene insieme i pezzi di questo puzzle: perché è così? Perché lei è l'uomo giusto per guidare il Libano?

"Penso che lei intuisca che penso al Libano prima di pensare a me stesso, ritengo che ciò di cui abbiamo bisogno sia qualcuno che possa parlare a tutti nell'ambito della varie coalizioni di Governo. Se si ambisce ad un Governo disposto a concedere (e non a reprimere), tutti devono scendere a compromessi e spesso prendo questo dettame alla lettera, perché credo che il Paese sia più importante del mio e degli altri partiti".

L'anno scorso, ha destato scalpore il modo in cui ha rassegnato le dimissioni nel corso di un discorso televisivo dall'Arabia Saudita, penso che il gesto in sé per sé, ma anche la maniera in cui è stato divulgato, sia stata una grande sorpresa in tutto il mondo: cos'è successo? Perché ha messo in pratica una decisione del genere?

"Volevo dare uno scossone al sistema, avevo intuito che il Governo aveva intrapreso percorsi discutibili, che producevano solo chiacchiere ma non la possibilità di governare. Conosciamo le sfide che ci attendono in tutto il Paese e zone limitrofe, abbiamo bisogno che il Libano sia in una condizione tale da consentire di non prendere posizione: le mie dimissioni sono state fondamentalmente uno shock positivo per allarmare le persone, facendo capire che non è questo il modo di andare avanti, non occorre rendere neutrale il Libano ma dissociarlo da tutti i conflitti arabi interni".

Penso però che, al di là di quel forte messaggio, sia stato il modo in cui l'ha formulato e soprattutto la location da cui è partito a fare eco: può dirci di più sulle relazioni con l'Arabia Saudita?

"Le relazioni con l'Arabia Saudita sono eccellenti, nell'interesse di entrambi i Paesi, dobbiamo capire che il Golfo è ancora oggi un punto nevralgico per quanto sta sta succedendo nello Yemen, questo è il motivo per cui in Libano abbiamo bisogno di guardare ai nostri interessi nazionali, coinvolgere noi stessi nello Yemen oppure in Siria porterebbe solo molti problemi al Libano. Capisco che qui ci siano partiti politici che hanno un punto di vista diverso e questo è quello che ci ha sempre limitato, paralizzando il Paese nel momento in cui si antepongono le divergenze politiche agli interessi nazionali".

Di cosa ha bisogno il Paese e quale sarà il suo obiettivo?

"Riforme, abbiamo bisogno di riforme, dobbiamo concentrarci sulla nostra economia: abbiamo un problema, i rifugiati, ospitiamo 1,5 milioni di rifugiati, questo è un problema che dobbiamo affrontare con voce unita. In Libano, ci sono iniziative che vengono fuori da ogni dove: oggi l'iniziativa russa, per la quale dovremmo lavorare con i russi e renderla attuabile, mentre voi sapete che vogliamo che i rifugiati tornino volontariamente nelle loro terre d'origine.

Abbiamo bisogno dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite, abbiamo bisogno di quei rifugiati e del denaro ad essi collegato, dobbiamo garantire che il regime non farà nulla per ferire quei rifugiati. Di questa cosa soffriamo ogni giorno: se non iniziamo a lavorare su una strategia risolutiva, fallirà non solo il Libano ma anche l'interesse dei libanesi".

Torniamo alle sue dimissioni: l'anno scorso lei ha testualmente incolpato l'Iran del disordine e della distruzione qui in Libano, definendo gli Hezbollah il braccio dell'Iran in questo Paese ed imponendosi in Libano attraverso il potere delle armi. Ora, gli Hezbollah e i relativi alleati controllano la maggioranza del Parlamento: cosa significa?

"Non controllano la maggioranza, questa è la percezione della gente nell'ambito della comunità internazionale o attraverso alcuni media, ma gli Hezbollah hanno solo 30 o 40 membri in Parlamento, che oggi è suddiviso in 3 o 4 blocchi con persone al centro, a destra, a sinistra e persone vicine a destra e sinistra.

Quando mi sono dimesso, ho parlato di tutto questo, abbiamo divergenze politiche, gli Hezbollah lo sanno e io pure, non accetteranno mai le mie politiche nella zona del Golfo ed io non accetterò mai le loro nei confronti dell'Iran e altro ancora. Tuttavia, ciò non significa che dovremmo impedire al Paese di funzionare, in buona sostanza ci saranno sempre divergenze e litigi. Occorre però concentrarci sui veri problemi, mettendoci attorno a un tavolo per dialogare con calma e vedere quali sono le soluzioni per questi problemi, dal momento che ciò che ci unisce è molto di più di ciò che ci separa. Possiamo fare molto per il Paese: penso che tutti abbiano interesse a far crescere l'economia, a lottare contro la corruzione, a portare avanti le riforme".

Le forze d'opposizione sono quasi capitolate in Siria, ad Idlib le previste massicce offensive potrebbero presto comportare la fine della guerra: cosa significherebbe per il Libano?

"Penso che la Russia avrebbe raggiunto il suo scopo, controlla la Siria, quindi noi avremo a che fare con i russi".

Quali sono i suoi rapporti con la Russia?

"Perfetti, ho ottimi rapporti con la Russia ed un buon rapporto con il Presidente Putin, che rispetto molto, credo che sia qualcuno con cui possiamo lavorare".

Quindi non pensa che dovrà fare i conti con Bashar Al Assad?

"Preferirei trattare con il Presidente Putin".

C'è un altro leader mondiale col quale sembra stia andando molto d'accordo, il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump: lei ne ha pubblicamente apprezzato la leadership nella regione del Golfo, ma Trump sta facendo un buon lavoro in Medioriente?

"Penso che il Presidente Trump sia una persona molto chiara, dice quello che fa, il problema che abbiamo avuto in passato era non sapere quali fossero le politiche, oggi invece so cos'accade e come intervenire, almeno c'è qualcuno con cui possiamo parlare riguardo alla nostra situazione.

Lei sa bene quanto sta accadendo in Siria, la guerra che sta finendo, ma ciò è dovuto al fatto che la comunità internazionale ha davvero fatto qualcosa per il popolo siriano, grazie al ruolo preminente di Stati Uniti ed Europa. In passato, le politiche non andavano a buon fine, penso che sino al 2015 non si sentiva parlare di ISIS o al-Nusra, nessuno si rivoltava contro il proprio Governo, a causa di svariate problematiche poi è arrivato l'ISIS e tutto questo manipolo di matti che meritano quello che stanno patendo e rovinano l'intera rivoluzione siriana".

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