A prima vista un normale laboratorio di sartoria, in realtà, nella Sala 1 del Centro internazionale d'arte contemporanea di Roma, oltre ai vestiti, si intrecciano i fili di storie fatte di migrazione raccontate da persone in fuga da quei Paesi dove regnano problemi politici e guere civili.
A prima vista un normale laboratorio di sartoria, in realtà, nella Sala 1 del Centro internazionale d'arte contemporanea di Roma, oltre ai vestiti, si intrecciano i fili di storie fatte di migrazione raccontate da persone in fuga da quei Paesi dove regnano problemi politici, tensioni etniche e guerre civili.
Immigrati regolari, che a Roma hanno trovato una occupazione in una cooperativa creata da Lydia Witt, un'ex sarta per le produzioni di New York City Ballet e Broadway.
**Lydia Witt, fondatrice Sewing Cooperative:
**_"Sentivo davvero che c'era di più e volevo fare di più, volevo saperne di più sul mondo, volevo conoscere altri sarti e sapere cosa stava succedendo. E poi ho cominciato ad interessarmi ai problemi dei migranti in Europa ed è nata questa idea. Queste persone arrivano in Italia ed hanno molti lavori alle spalle e tra questi la sartoria. Attraverso questa cooperativa di taglio e cucito siamo in grado di aiutare questi rifugiato proprio grazie alle loro ab_ilità"
Non è la prima volta che accade in Italia. Qualche anno fa progetti simili presero vita grazie alla buona volontà di esperti del settore che misero a disposizione dei richiedenti asilo stoffe e macchine da cucire per essere avviati ad una professione sicura e soprattutto remunerativa.
La soddisfazione per la cooperativa della stylist americana e per i suoi sarti è che la galleria che li ospita, fino a fine settembre apre le sue porte al pubblico per le esposizioni, e magari l'acquisto, dei modelli esclusivi dei sarti migranti