Dal Bronx alla Casa Bianca, i 45 anni dell'hip hop

Dal Bronx alla Casa Bianca, i 45 anni dell'hip hop
Di Antonio Michele Storto
Condividi questo articoloCommenti
Condividi questo articoloClose Button
Copia e incolla il codice embed del video qui sotto:Copy to clipboardCopied

Compie 45 anni una delle culture giovanili più longeve e pervasive di sempre: qui ne ripercorriamo brevemente la storia

PUBBLICITÀ

È cominciato tutto qui, nella palestra interna di questo palazzone al 1520 di Sedgwick Avenue, nel quartiere newyorkese del Bronx.

È qui che l**'11 agosto del 1973 nasceva una delle culture giovanili più longeve e pervasive nella storia della musica**: quel giorno Kool Herc, un dj di origine giamaicana che stava sperimentando tecniche all'avanguardia per miscelare i dischi, organizzò con la sua famiglia una festa per la fine delle vacanze e il ritorno a scuola.

Secondo gli storici della musica quell'evento segna il punto di partenza dell'hip hop: uno stile di vita, più che un genere musicale, che dai quartieri più degradati della Grande Mela è arrivato a prendersi i primi posti delle classifiche.

La mania scoppia quasi subito: le prime superstar sono i dj, come Grandmaster Flash che molto presto si ritrova protagonista di film e videoclip musicali. A prendersi davvero la scena però molto presto saranno i rapper.

Di strada da allora, questi poeti postmoderni dell'america nera ne hanno fatta parecchia. Secondo i Public Enemy - probabilmente il gruppo più famoso degli anni 80 - i rapper rappresentavano "la Cnn dei ghetti": con le loro rime provocatorie e le loro invettive contro il razzismo della polizia e della classe media bianca, assieme ad artisti come Eric B e Rakim, NWA e Wu-Tang Clan procureranno più di un grattacapo alla politica americana e perfino ai detective al FBI.

Appena una manciata d'anni dopo, nell'era Obama, molti tra i rapper della generazione successiva diverranno interlocutori privilegiati della Politica. Non soltanto di quella progressista e multiculturale del primo Presidente nero, ma anche del conservatore Donald Trump, che conta tra i suoi maggiori supporter la superstar del rap Kanye West.

E così - tra battaglie per i diritti civili e ospitate alla Casa Bianca e nelle più prestigiose università americane - a 45 anni da quellla festa di quartiere nel Bronx, il rap si è conquistato una sua piena dignità intellettuale oltre che politica. Chiedetelo a Kendrick Lamar, cresciuto a Compton, uno dei quartieri pIù difficili degli Stati Uniti che, nell'aprile scorso, è stato il primo musicista fuori da classica e jazz a vincere un premio Pulitzer.

Condividi questo articoloCommenti

Notizie correlate

Il Pulitzer per la prima volta va ad un rapper

Guai per 50 Cents: il rapper è in bancarotta

Carnevale di Venezia: sfilano le 12 Marie