Euronews a Kabul: la testimonianza di un giornalista

I giornalisti nel mirino, in Afghanistan: minacciati, attaccati, rapiti o uccisi. Ma l'attentato suicida di lunedi scorso è il primo che miete 8 vittime tra i giornalisti.
Due gli attacchi che hanno preso di mira i reporter e gli operatori dei media nella zona che dovrebbe essere di massima sicurezza di Kabul: il primo è stato causato da una moto bomba. Il secondo attentatore, invece, si è finto giornalista mescolandosi tra la folla dei cronisti accorsi sul luogo del primo attentato e ha attivato la bomba nascosta nel giubbotto.
I due kamikaze si sono fatti esplodere a distanza di mezz'ora l'uno dall'altro proprio a ridosso del quartier generale della Nato, causando 26 morti e 49 feriti.
L'attentato è stato rivendicato dall'Isis.
Testimone Oculare
Il collega di Euronews Masoud Imani Kalesar, che si trovava là lunedì, ci spiega il clima che si respira a Kabul. L'intervista è stata realizzata negli studi di Euronews,
Masoud: "Tre giorni fa ero con un gruppo di giornalisti: eravamo in una guarnigione in un sobborgo di Kabul filmando i Commandos, dovrebbero essere loro a combattere i talebani e gli estremisti nel paese, eravamo lì a filmare insieme, naturalmente....parlando...molto amichevolmente...e uno di loro, Yar Mohammad Tokhi era tra i giornalisti che hanno perso la vita".
Tesa Arcilla (conduttrice Euronews): "Penso che non ci siano solo giornalisti, ma anche molti civili sono morti...".
Masoud: "Civili, certo...questa è la domanda principale, in realtà: un paese, una nazione, inghiottita dalla guerra e dall'instabilità per 40 anni...e, in effetti, Euronews era a Kabul per fare questa stessa domanda ai più alti funzionari afghani... miliardi di dollari sono stati spesi, migliaia di soldati sono caduti e migliaia di civili hanno perso la vita...Quindi chi è responsabile di mantenere e stabilire la sicurezza nel paese?"
Tesa Arcilla (conduttrice Euronews): "Com'è la vita per i civili? Hai parlato con loro, li hai incontrati...Si svegliano ogni giorno pensando che ci sarà un attacco...com'è la situazione?"
Masoud: "Questa è stata la domanda che ho posto a loro: come si comportano? E' molto semplice: dicono che ogni mattina lasciano le loro case, ma non sono sicuri che la sera torneranno vivi".