La vittoria del democratico Doug Jones contro il candidato repubblicano Roy Moore rappresenta un duro colpo per il Presidente Donald Trump, isolato sostenitore di Moore anche in seno alla famiglia repubblicana. Con un seggio in meno al Senato, le ripercussioni non mancheranno.
Il miracolo democratico nel cuore dell'America più conservatrice e d'incrollabile fede repubblicana: la vittoria di Doug Jones in Alabama rilancia l'opposizione democratica, galvanizza il partito e innesca una dinamica che assieme agli scandali sulle molestie attribuiti al Presidente, si presenta come un'opportunità per i democratici in vista delle elezioni di metà mandato nel 2018.
Chuck Schumer, leader della minoranza democratica al senato: "Roy Moore era un pessimo candidato ma sarebbe un enorme errore per i repubblicani liquidare la sua sconfitta come la semplice conseguenza del suo profilo e del suo passato. Il marchio di fabbrica repubblicano è avvelenato persino nell'Alabama rosso profondo".
La candidatura di Roy Moore era stata sin dal principio se non un passo falso, per lo meno motivo di spaccatura in seno allo stesso partito repubblicano: ex-giudice ultraconservatore, accusato di molestie sessuali, considerato vicino all'ala del partito che si riconosce nei valori di Steve Bannon, ex-consigliere di Trump, Moore era apparso come il cavallo perdente a molti. Ma non al Presidente che lo ha sostenuto sino all'ultimo.
"Un sacco di repubblicani si sentono diversamente, sono molto contenti di come sono andate le cose ma come leader del partito avrei certo preferito vincere il seggio, voglio appoggiare il candidato in lizza" ha detto Donald Trump.
Ora con un seggio di meno al Senato i repubblicani cercano d'accelerare l'approvazione della riforma fiscale su cui hanno appena raggiunto l'accordo. Ma il Natale rischia d'avere un sapore diverso per la maggioranza che siede a Capitol Hill.