È cominciato all’aeroporto internazionale di Yangon, in Myanmar, il ventunesimo viaggio apostolico di papa Francesco che si concluderà in Bangladesh. Accolto da un rappresentante personale del presidente della Repubblica,dai vescovi del paese e da centinaia di giovani in abiti tradizionali, il papa si è diretto, tra due ali di folla, all’arcivescovado della capitale, dove passerà i tre giorni della visita. Nell’agenda di Francesco, oltre agli incontri coi vertici del governo militare, sono previsti anche quelli con Aung San Su Kyi e con i monaci buddisti.
E anche in questo lembo di estremo Oriente, Jorge Mario Bergoglio solleva l’entusiasmo: “Faceva caldo ed eravamo stanchi, ma quando abbiamo visto il papa tutto è sparito. Sono felicissima di averlo visto da vicino”.
Dopo Yangon il papa sarà in Bangladesh, dove incontrerà una delegazione dei musulmani rohingya, vittime delle aggressioni in Myanmar e costretti a fuggire oltreconfine. Singolarmente, la chiesa cattolica del Myanmar ha pubblicamente invitato il papa a evitare di usare il termine rohingya, dato che la loro etnia non è ufficialmente riconosciuta nel paese. In Myanmar anche altre minoranze come kachin, karen, chin, e shan, sebbene meno mediatizzate dei rohingya, subiscono discriminazioni e aggressioni da parte dell’esercito.