Glifosato e food safety in Europa, chi stabilisce quali sostanze chimiche sono rischiose?

Glifosato e food safety in Europa, chi stabilisce quali sostanze chimiche sono rischiose?
Di Lillo Montalto Monella
Condividi questo articoloCommenti
Condividi questo articoloClose Button
Copia e incolla il codice embed del video qui sotto:Copy to clipboardCopied

Il processo di consulenza scientifica in materia di sostanze rischiose associate alla catena alimentare è stato messo in discussione dal caso glifosato. Quale il ruolo di EFSA? Quali i conflitti di interessi evidenziati dai suoi detrattori?

PUBBLICITÀ

Bisognerà aspettare ancora per sapere se il glifosato potrà essere usato ancora in Europa. Il voto sul prolungamento della sua licenza, in scadenza in 15 dicembre, era slittato dal 25 ottobre al 9 novembre ma il comitato degli esperti degli Stati membri dell’Unione Europea non è riuscito a trovare un accordo

#Glyphosate : la ?? a maintenu sa position et demande un plan de sortie du glyphosate #phasing-out et le support #UE au développement d’alternatives pour l’#agriculture. La nouvelle proposition de la #commission européenne n’a pas réuni de majorité.

— Denis Ducarme (@ducarmedenis) November 9, 2017

Al centro della battaglia contro il più diffuso diserbante al mondo, brevettato da Monsanto, c‘è la valutazione discordante sulla sua pericolosità per l’uomo di IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, filiazione dell’Organizzazione mondiale della sanità) e di EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare). La prima si è espressa bollando il glifosato come potenzialmente cancerogeno per l’uomo. La seconda ha ribaltato queste conclusioni sostenendo che non ci sarebbero prove della cancerogenicità del composto.

Glifosato, riassunto delle puntate precedenti

Le critiche mosse a EFSA riguardano la procedura di risk assessment che questa deve seguire, troppo dipendente secondo i suoi detrattori dai soldi e dalle valutazioni dell’industria. L’ EFSA ha replicato con una dichiarazione in cui difende la fondatezza della valutazione dell’UE e sottolinea che le accuse si basavano su un malinteso circa il processo di peer review. “Il nostro lavoro è valutare a che livelli può essere utilizzata una sostanza senza alcun rischio per l’uomo, tutte le sostanze chimiche sono tossiche, per questo devono essere regolamentate”, fanno sapere dal quartier generale di Parma.

Alla luce della complessità della vicenda, ci siamo chiesti allora: in cosa consiste questo processo? Come funziona il sistema di valutazione del rischio e protezione della salute dei consumatori europei? Quali i pro e i contro? Lo abbiamo domandato alla stessa agenzia, istituita nel 2002, e a uno dei suoi principali critici, Martin Pigeon, ricercatore di Corporate Europe Observatory (CEO), gruppo di lavoro di Bruxelles specializzato nello studio delle influenze lobbistiche sulle politiche europee. CEO ha pubblicato di recente un report in cui si denuncia il conflitto di interessi del 46% degli esperti che siedono nei panel EFSA (ma non sono quelli che si sono espressi sul glifosato – vedremo dopo il perché).

Quale il processo per stabilire se un pesticida è tossico?
Mettiamoci nei panni di un’azienda che vuole avere il via libera alla commercializzazione di un pesticida destinato ad entrare, in un modo o nell’altro, nella catena alimentare. A chi spetta effettuare i dovuti controlli e dare semaforo verde? Ma soprattutto, quale il ruolo dell’agenzia europea EFSA, finita suo malgrado al centro dell’attenzione mediatica dopo il caso glifosato?

La stessa EFSA ha messo a disposizione questa video-spiegazione delle procedure necessarie per determinare, a livello europeo, il livello di rischio di un prodotto chimico per l’uomo.

Tre grandi falle nel sistema?
Alla base della valutazione di pericolosità di una sostanza c‘è un dossier preparato dagli stessi produttori del prodotto in analisi. Gli studi, commissionati dall’industria, sono fatti in laboratori privati spesso basati in India o nei paesi in via di sviluppo. E sono molto costosi.

Secondo Pigeon di Corporate Europe Observatory, il sistema regolatorio che EFSA è tenuta a seguire ha tre grandi problemi:

  • Da un lato, “gli studi pagati [dall’azienda] sono confidenziali ed è difficile avere accesso a una parte, noi ci abbiamo messo quasi un anno”, ritiene Pigeon; dall’altro il dossier sulla produzione scientifica indipendente è compilato dall’azienda stessa. “Sarà quindi di parte, come infatti è”;
  • A causa dell’elevata pressione commerciale, i laboratori cercano di tenersi il cliente felice ma solo fino a un certo punto, in quanto è necessario avere anche credibilità agli occhi del regolatore – obietta Pigeon. Inoltre, l’industria che paga questi esperimenti ha il controllo su cosa viene inviato al regolatore: “alcuni set di studi non arrivano mai se i risultati non sono buoni. C’è un grosso filtro a livello di pubblicazione”;
  • La regolamentazione si applica alle singole sostanze, in questo caso il glifosato, che però non è mai usato da solo nel mondo reale ma sempre in formulazione, ovvero in cocktail di agenti chimici come il roundup , l’erbicida più diffuso al mondo. “Esse sono molto più tossiche del glifosato, dimostra la letteratura indipendente”.

Studi costosi effettuati in laboratori verificati
Dice EFSA: “Gli studi devono essere condotti secondo dettami chiari e stabiliti. Sono molto costosi (diverse centinaia di milioni di euro), non possono essere fatti nel seminterrato di un’azienda ma solo da alcuni laboratori al mondo accreditati da un protocollo internazionale riconosciuto dall’OECD”. Chi critica gli esperimenti effettuati nei laboratori indipendenti, quelli presi in considerazione da IARC ad esempio, contesta loro di non seguire le guidelines accettate come linguaggio comune nella relazione tra agenzie e industria.

Pigeon ribatte che all’interno dello stesso OECD, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, c‘è una forte disputa sulle linee guida di questi esperimenti. “Sappiamo che un obiettivo primario delle lobby è quello di influenzare proprio la metodologia, ovvero le regole del gioco. Se puoi assicurarti che gli esperimenti non guardino mai la cosa reale, come ad esempio uccidendo gli animali troppo presto quando studi il cancro [che tende invece a svilupparsi con la tarda età, n.d.r.], ti perdi un sacco di risultati”. Inoltre, secondo Corporate Europe Observatory, questi laboratori non sarebbero monitorati con la dovuta frequenza anche se ancora non esiste uno studio approfondito in materia.

Lo Stato relatore che valuta il dossier: un problema?
Come abbiamo visto poco sopra, il dossier presentato da un’azienda è dato in carico per la valutazione ad uno stato membro. Questo è uno dei punti più criticati da Corporate Europe Observatory e dalle ONG che fanno campagna contro il rinnovo della licenza al glifosato. “La ragione è molto semplice”, dice Pigeon. “Ogni Stato Membro ha qualità e capacità differenti. Polonia, Estonia, Francia, Germania, Spagna, Italia, Grecia hanno amminsitrazioni con diversi livelli di esperienza. Non dobbiamo far sì che sia l’industria a scegliere l’amministrazione considerata più favorevole”. La Germania è stata scelta per il glifosato “in quanto le stesse persone avevano già detto che il glifosato era sicuro” anni prima. Inoltre l’industria chimica in Germania è molto potente, non è un settore qualunque”. La Bayer, azienda chimica tedesca, sta per acquisire la Monsanto, scrive Der Spiegel

EFSA, tramite un suo portavoce, risponde: “Non è questa una scelta in cui l’agenzia ha potere decisionale, fa parte del processo. Il paese membro relatore [che si è espresso] una prima volta su una sostanza attiva è in genere lo stesso paese che riprende in mano il dossier per la sua rivalutazione. ll draft report fornito dal paese membro relatore viene preso in carico dai funzionari di EFSA e dai funzionari pubblici inviati dai paesi membri. Il processo di analisi è documentato in maniera trasparente. C’è poi un altro aspetto mai menzionato, in genere, che è quello della consultazione pubblica: nel processo di peer review di sostanza attiva ci sono una o più consultazioni pubbliche a disposizione di tutti per un periodo di tempo determinato”.

Il conflitto di interessi messo in luce da CEO non riguarda gli esperti che hanno valutato il glifosato per EFSA
Nel caso dei pesticidi, come il glifosato, lo staff interno di EFSA lavora insieme a pubblici ufficiali di altri stati membri della UE, nominati per fare parte di un gruppo di lavoro che si occupa di un dossier. Negli altri ambiti (OGM, additivi alimentari, coloranti etc.), EFSA si avvale invece di 10 panel indipendenti con 21 membri ciascuno, nominati per 3 anni (2015-2018). Corporate Europe Observatory mette in discussione il conflitto di interessi di questi ultimi
“Questa illazione viene associata al lavoro fatto su glifosato e sui pesticidi, anche se i panel non hanno nulla a che vedere col glifosato o i neonicotinoidi. La critica mossa all’indipendenza di EFSA riguarda le oltre 200 persone che vengono selezionate per fare parte di questi panel di esperti”, rispondono da Parma. “Viene fatta in base alla loro idea di come dovrebbe essere indipendente EFSA, secondo una loro metodologia. I curriculum sono pubblici, aggiunge l’agenzia, e le decisioni prese in maniera collegiale. “Trasparenza e collegialità garantiscono per il funzionamento dei panel. Il mediatore europeo ha detto che la nostra politica è all’avanguardia”.

‘a lot of agencies do take their cue from you’ says EUombudsman</a> Emily O'Reilly on our independence policy <a href="https://twitter.com/hashtag/EOdebate17?src=hash&ref_src=twsrc%5Etfw">#EOdebate17</a></p>— EFSA (EFSA_EU) October 18, 2017

Risponde Martin Pigeon di CEO: “Vero, nel caso del glifosato la coordinazione della peer review è fatta dallo staff EFSA, ma questo non vuol dire che i membri dei panel sui pesticidi non abbiano un ruolo importante: essi decidono parte delle linee guida che l’industria deve seguire per testare le sostanze”.

Policy ed esperimenti: in cosa differiscono EFSA e IARC?
IARC lavora con medici, accademici e ricercatori. La sua metodologia è allineata alla normale metodologia scientifica e prende in esame studi non protetti da confidentiality claims (cioè quelli in cui i dati grezzi sono disponibili a tutti). Nei gruppi di lavoro monografici di IARC, chi non può partecipare per conflitto di interessi apparente o reale può essere consultato come “invited specialist”. Questo è positivo, sostiene Pigeon, perché “il panel stesso è completamente indipendente ma può avere accesso a persone ed expertise a volontà”, anche di parte. “Uno degli argomenti contro il conflitto di interessi è che bisogna scegliere tra indipendenza e competenza”, aggiunge Pigeon, “e questo non è vero: ci sono semplici meccanismi per avere entrambi. IARC li ha sviluppati. EFSA ne ha uno simile, ma non lo usa. Parliamo degli Hearing Experts, e chiediamo a EFSA – che ha sviluppato politiche più stringenti in materia di conflitto di interessi – di usarli ogni volta che vogliono sentire da qualcuno che non può essere nominato nei panel”

Il dibattito sui fondi, sul trattamento economico e sul periodo di “raffreddamento”
Come detto poc’anzi, EFSA si avvale di un comitato scientifico e di esperti esterni che lavorano nei cosiddetti panel, gruppi di lavoro che eseguono valutazioni del rischio con contratti rinnovati ogni tre anni. I campi di interesse sono diversi e variano da additivi e sostanze usate nei mangimi agli additivi alimentari
Il budget dell’agenzia è di 73 milioni di euro, interamente finanziato dall’UE. Una somma, questa, insufficiente rispetto ai miliardi di euro a disposizione dell’industria farmaceutica e chimica, denuncia CEO. Gli esperti dei panel non sono pagati ma lavorano pro bono, “per prestigio e vocazione”, dicono da Parma, ricevendo un rimborso spese di poce centinaia di euro al giorno. EFSA e CEO concordano sulla necessità di poter disporre più fondi per un processo di risk assessment più efficiente, ma CEO sostiene che la situazione attuale esponga gli esperti dei panel ad un maggiore rischio di conflitto di interessi.

Dall’agenzia puntualizzano che la joint venture pubblico-privato è ormai valorizzata anche da Horizon 2020, il principale programma di finanziamento europeo, e che “EFSA lavora in un contesto legislativo chiaro che esige che certi tipi di studi vengano forniti dalle aziende. La retorica di chi critica l’operato di EFSA è fare passare l’idea che lo studio può essere truccato se lo fa l’industria. L’importante è che lo studio sia condotto in una certa maniera e sia solido”.

PUBBLICITÀ

“C‘è differenza”, concludono da EFSA, “tra chi deve valutare il rischio – agenzie come noi o ECHA – e chi invece il rischio deve gestirlo, come la Commissione e il Parlamento Europeo. Le valutazioni di questi ultimi si basano anche su aspetti sociali ed economici e sulla movimentazione dell’opinione pubblica. EFSA si limita a dire che un prodotto, sulla base dell’evidenza scientifica, presenta determinati rischi o esistono lacune per cui non è possibile stabiline la pericolosità”.

Nel giugno 2017, EFSA si è dotata di una rinnovata Independence Policy introducendo un periodo di “cooling off” di due anni, ovvero quanto tempo deve passare perché un esperto con un contratto nel settore chimico o farmaceutico, o in una ONG, possa lavorare per l’agenzia europea. Al momento, esiste una soglia limite del 25% del budget annuale gestito da un ricercatore: i finanziamenti del settore privato non devono superare questa soglia per non incappare nel conflitto di interessi. EFSA avrebbe voluto avere una soglia più alta per avere accesso ad un numero maggiore di esperti, ma Pigeon non è d’accordo. “E’ un argomento che non accetto: esistono maniere per coniugare indipendenza e competenza come, ad esempio, ricorrere più agli Hearing Expert mantenendo [intatta] l’indipendenza dei panel. Così si avrebbe accesso a tutta l’expertise del mondo”.

Condividi questo articoloCommenti

Notizie correlate

Bayer-Monsanto: proteste a Lione

Il cibo che consumiamo in Europa è davvero sicuro?

Perché l'uso del glifosato è così controverso?