Vengono da sud Sudan, Siria, Repubblica Democratica del Congo ed Etiopia: sono in 10, 6 uomini e 4 donne, a rappresentare i 60 milioni di rifugiati che fuggono da guerre e violenze in ogni parte del…
Vengono da sud Sudan, Siria, Repubblica Democratica del Congo ed Etiopia: sono in 10, 6 uomini e 4 donne, a rappresentare i 60 milioni di rifugiati che fuggono da guerre e violenze in ogni parte del mondo. Gareggiano sotto un’unica bandiera: quella bianca con i cinque cerchi olimpici. A sostenerli anche il tifo di Papa Francesco che ha scritto loro un messaggio efficace: “La vostra forza sia segno di pace”
Nella conferenza stampa di presentazione della squadra Rami Anis, nuotatore siriano, ha spiegato come si sente: “Questa è una grande opportunità. Il sogno di ogni atleta è quello di partecipare alle Olimpiadi. Lo sogniamo tutti da quando siamo bambini. Ciascuno di noi pensava di poter competere sotto la bandiera della propria nazione ma sfortunatamente la guerra non ce l’ha permesso. Siamo molto orgogliosi di essere parte della squadra dei rifugiati, li rappresenteremo tutti.Il mio cuore e la mia anima sono rivolti alla Siria e se Dio vuole quando ci saranno i Giochi di Tokyo non ci saranno più rifugiati e ogni atleta competerà per il proprio Paese. Non c‘è niente di più prezioso della propria patria.”
Le loro storie sono diverse, i Paesi da cui vengono sono diversi. In comune hanno la speranza. Anche quella, forse, di abbattere i pregiudizi e l’indifferenza del resto del mondo, che resta a guardare mentre loro fuggono dall’orrore.