Il Ministro delle finanze tedesco propone un "piano in dieci punti". Sotto accusa per la sua legislazione, Wellington apre a una riforma
Un piano in dieci punti dalla Germania, la disponibilità a ottimizzare la legislazione dalla Nuova Zelanda. Sulla scia dell’indignazione suscitata dalle rivelazioni dei Panama Papers, fioriscono nuove proposte per arginare il fenomeno dell’evasione fiscale.
Wie Finanzminister #Schaeuble Steuerhinterzieher härter bestrafen will: https://t.co/F7rYRYMZI9
— FrankfurterRundschau (@fr) April 11, 2016
Fulcro della strategia elaborata dal Ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble è – come lui stesso ha spiegato -, anzitutto un’effettiva creazione di registri che, già previsti dalla IV Direttiva europea anti-riciclaggio dello scorso anno, permettano di risalire ai soggetti che oggi si nascondono dietro le società di comodo. Entro il 2017, Schäuble vorrebbe inoltre che ogni paese mettesse a disposizione degli altri tali registri, per incrociarne i dati e facilitare la cooperazione internazionale. Sempre secondo il piano del Ministro delle finanze tedesco se un paese si rifiutasse di ottemperare, come oggi in parte Panama e gli Stati Uniti, finirebbe su una lista nera.
#PanamaPapers: John Key denies New Zealand is a tax haven - The Australian Financial Review #PanamaLeakshttps://t.co/CVq9gRtF35
— Tax Havens News (@taxhavensnews) April 4, 2016
Le carte dello studio legale Mossack Fonseca hanno però trascinato nella bufera anche la Nuova Zelanda: oggi nella classifica dei 21 paradisi fiscali più ricercati a causa, secondo la prestigiosa Australian Financial Review, di una legislazione troppo blanda e inadatta, che il premier John Key si è detto pronto a rivedere. E proprio tali falle avrebbero indotto Mossack Fonseca a suggerire ai propri clienti di puntare sulla Nuova Zelanda.