Ora e sempre Lukashenko. Parabola del padre-padrone della Bielorussia

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Di Euronews
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Al potere dal '94 e da allora sempre confermato con percentuali sovietiche: l'ultimo dittatore d'Europa, che ha convinto Bruxelles a sospendere le sanzioni

Pioggia di flash, il figlio al suo fianco e sulla labbra già il sorriso di chi sapeva che sarebbe andata a finire come le quattro volte precedenti: con un plebiscito, che lo avrebbe confermato alla Presidenza della Bielorussia, con percentuali di sovietica memoria.

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Ma secondo alcuni analisti, per Aleksandr Lukashenko potrebbe essere solo l’inizio.

“Credo che Lukashenko resterà al potere fino all’ultimo – dice Valeriy Karbalech -. Quanto si augura, per lo meno, è di restarci fino alla fine dei suoi giorni. Ha paura di dividere il potere che detiene ed è per questo che farà di tutto per restarvi aggrappato fino alla fine”.

Dalle prime elezioni presidenziali del ’94, pratiche e metodi del recente passato sovietico rivivono alle urne e nella gestione del dissenso. Il pluralismo resta sulla carta, le vittorie di Lukashenko si ripetono schiaccianti nel 2001, 2006 e 2010. E guai a criticarle.

Chi ci prova finisce male, come nel luglio del 2011: un’ondata di arresti ai danni di chi contestava la regolarità del voto si aggiunge a un ormai conclamato soffocamento di qualsiasi dissenso. E con l’Unione Europea si apre la stagione del gelo e delle sanzioni, che solo negli scorsi giorni Bruxelles ha temporaneamente sospeso.

Se al presidente kazako riserva baci abbracci, il potente vicino Putin anche con Lukashenko non è da meno. Quello tra Mosca e Minsk è però un matrimonio di convenienza: la prima olia a suon di rubli la fedeltà bielorussa. La seconda paga così un’iniezione vitale, per tenere in vita la sua economia.

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Presenza al giuramento di Poroshenko, condanna dell’annessione russa della Crimea e mediazione tra Mosca e Kiev sul campo “neutro” di Minsk, sono poi alcuni dei passi con cui Lukashenko ha abilmente trasformato la crisi ucraina in opportunità di un’apertura a Occidente.

Primi passi di un cammino con cui l’ultimo dittatore d’Europa – pur senza rinunciare agli sfoggi di grandeur militare -, ambisce a imboccare la direzione di una progressiva normalizzazione dei rapporti con Bruxelles.

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Non secondariamente, per restituire ossigeno e blasone a un’economia in forte difficoltà, per sostenere la quale il padre-padrone della Bielorussia non ha esitato a mostrarsi in una discutibile mise da presidente-agricoltore.

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