Usa-Russia: a Sochi prove di disgelo

Usa-Russia: a Sochi prove di disgelo
Di Salvatore Falco
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Una dimostrazione di forza per la Russia. Uno strumento di boicottaggio per gli Stati Uniti. Il 70esimo anniversario della vittoria sovietica sul

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Una dimostrazione di forza per la Russia. Uno strumento di boicottaggio per gli Stati Uniti. Il 70esimo anniversario della vittoria sovietica sul nazismo, con la più grande parata militare della Russia postcomunista del 9 maggio scorso, è stato segnato da assenze pesanti, ma Putin ha teso – per la prima volta in due anni – una mano.

“Ringrazio il popolo di Regno Unito, Francia e Stati Uniti, per aver partecipato alla vittoria contro il Nazismo”, ha detto il presidente russo.

Dall’inizio della guerra civile in Ucraina, il termometro dei rapporti tra Casa Bianca e Cremlino è tornato a segnare temperature da Guerra Fredda.

John Kerry ritorna in Russia dopo due anni, durante i quali sono state imposte diverse sanzioni. Un segnale positivo per il Cremlino, ma il segretario di Stato americano non perde occasione per criticare l’atteggiamento russo.

“La Russia è impegnata in un esercizio di propaganda, il più capillare che abbia mai visto dalla fine della Guerra Fredda – ha detto Kerry – E insiste sulla strada delle false dichiarazioni, o menzogne, come volete chiamarle”.

L’annessione della Crimea da parte di Mosca ha di fatto isolato Putin ed è costata già oltre 25 miliardi di euro in termini di sanzioni. Cifra che alla fine del 2015 potrebbe arrivare fino a 75 miliardi di euro e l’economia russa ha registrato un calo del 2% del pil nel primo trimestre di quest’anno.

Un isolamento economico e mediatico, come quando al G20 di Brisbane dello scorso novembre, Putin è stato snobbato dai partner internazionali e ha lasciato in anticipo il vertice.

A spingere gli Stati Uniti verso l’incontro di Sochi è stata la crisi siriana, che, due anni fa, aveva invece segnato la prima spaccatura di rilievo diplomatico tra Mosca e Washington. Fu Putin a bloccare l’intervento armato occidentale contro Assad, e oggi il regime di Damasco è necessario agli Stati Uniti contro l’autoproclamato Stato islamico.

La Casa Bianca potrebbe mettere da parte la questione Crimea anche per agevolare l’accordo sul programma nucleare iraniano.

Washington ora ha bisogno di un alleato e Mosca di un mercato per arginare il calo del 40% dei proventi dell’export di gas e petrolio, che rappresentano quasi la metà del bilancio statale.

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