Ungheria presto al voto con nuovo sistema elettorale

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Domenica prossima gli ungheresi sono chiamati alle urne per eleggere, con nuove regole, il nuovo Parlamento. Dall’arrivo della democrazia nel 1990, questa è la prima volta in 24 anni che gli ungheresi votano con una legge elettorale completamente diversa. È stato il partito conservatore Fidesz, forte di una maggioranza dei due terzi, a cambiare le regole del gioco. Con l’abolizione del secondo turno, la vera battaglia si concentrerà nei nuovi collegi, dove il vincitore prenderà tutti i seggi a disposizione. Meno decisivo sarà il voto di lista. Per la prima volta voteranno gli ungheresi all’estero. Hanno diritto di voto tutti i discendenti di coloro che vivevano in Ungheria prima della prima guerra mondiale e che abbiano fatto domanda per ottenere la cittadinanza magiara. Per capire come le nuove regole potranno influenzare il risultato abbiamo chiesto l’opinione di un analista politico, ma prima vi proponiamo il servizio della nostra corrispondente, Andrea Hajagos.

Il Parlamento ungherese dimagrisce: nella prossima legislatura resterà la metà delle poltrone. Ma la riduzione del numero dei deputati non è la sola novità introdotta dal governo, che ha anche modificato la costituzione e la legge elettorale.

L’opposizione si è vista ridurre lo spazio per l’affissione dei manifesti nei comuni amministrati dal partito di maggioranza, Fidesz. Quest’ultimo, insieme agli alleati del Forum di unità civica, anch’esso di centro-destra, ha portato in piazza migliaia di sostenitori in occasione della Marcia per la Pace, organizzata una settimana fa. Il primo ministro Viktor Orban ha detto che il suo governo è riuscito a “realizzare in quattro anni quanto non era stato fatto negli ultimi venti. E forse anche qualcosa in più”.

Al raduno, in Piazza degli Eroi a Budapest, era presente la corrispondente di Euronews, Andrea Hajagos: “Orban ha chiesto agli elettori di concedergli un nuovo mandato alle elezioni del 6 aprile. Ma lo scontro con i partiti di opposizione è proprio sul bilancio dell’azione di governo. Il socialista Attila Mesterházy, rispondendo al premier durante un comizio davanti alla sede dell’Opera, ha affermato che negli ultimi quattro anni l’Ungheria è diventata un Paese più povero. Ha quindi denunciato una campagna di intimidazione mirata a far tacere e umiliare gli avversari politici del governo”.

Mesterházy guida una coalizione composita, che annovera centristi, liberali e una parte dei Verdi: costretti a formare una lista comune dalla nuova legge elettorale a turno unico. Ma il solo collante di questa alleanza è la volontà di chiudere l’era Orban.

A insidiare il partito di governo, questa volta dall’estrema destra, sono i nazionalisti di Jobbik. In passato raccoglievano consensi con slogan razzisti e antisemiti. Nei loro ultimi comizi hanno mostrato un volto meno radicale, nel tentativo di attrarre i delusi di Fidesz.

In una campagna elettorale tutta giocata sull’antagonismo, quel che più è mancato è stato un confronto aperto tra i candidati sui temi cari ai cittadini. Fidesz non ha nemmeno presentato un programma, limitandosi a tagliare il costo del gas, pochi giorni prima del voto, e promettendo nuovi sgravi energetici.

Il tentativo dell’opposizione di orientare il dibattito sull’accordo che il governo ha stretto in totale opacità con una società russa per la costruzione di due nuovi reattori nell’impianto nucleare di Packs, è stato oscurato da uno scandalo giudiziario. Il vice presidente del partito socialista è stato arrestato per il possesso di conti segreti in Svizzera per centinaia di migliaia di euro, di cui non era in grado giustificare la provenienza.

Nel generale disinteresse degli elettori, il segno visibile dell’avvicinarsi del voto è il completamento di alcune grandi opere pubbliche, come la nuova linea della metropolitana, una piazza a Budapest e soprattutto il nuovo stadio edificato nel villaggio natale di Orban, a una ventina di chilometri dalla capitale.

Gabor Kovacs, euronews: In collegamento dalla nostra redazione di Budapest l’analista politico, Gabor Török. Può dirci qual è la posta in palio di queste elezioni?

Gabor Török, analista politico: Stando agli ultimi sondaggi, la vera domanda oggi è quale tipo di maggioranza otterrà Fidesz, il partito di governo. Ha una buona possibilità di confermare la maggioranza dei due terzi.

euronews: Come è possibile che se da un lato si pronostica una maggioranza dei due terzi, dall’altro l’opinione pubblica vorrebbe un cambiamento?

Gabor Török: Sì, i sondaggi mostrano che la metà della popolazione vorrebbe vedere un cambiamento, ma vediamo anche che tante persone non hanno un partito politico per il quale votare.

euronews: Come possono decidere? Durante la campagna elettorale non c‘è stato un confronto sui programmi, non ci sono stati dibattiti fra i candidati e nemmeno tanta partecipazione per le strade.

Gabor Török: Francamente c‘è solo una domanda, Orbán deve rimanere o andarsene? La sinistra e la destra ungheresi sono il riflesso di ciò che fa Orban. Nel senso che, la destra è Orban e la sinistra è ciò che è contrario a Orban. Fondamentalmente questo è ciò che sta polarizzando il paese.

euronews: Come le è sembrata la campagna elettorale della sinistra?

Gabor Török: I partiti che contano in queste elezioni hanno fatto una pessima campagna. La loro unità esiste solo sulla carta, non può funzionare come unità politica. Questo è il puzzle: il sistema elettorale li ha costretti a stare insieme, ma la loro unità non esiste, questo è ciò che paralizza la loro attività politica.

euronews: Come vede la crescita del partito di estrema destra Jobbik?

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Gabor Török: È la più grande sorpresa di questa campagna. È probabile che otterrà lo stesso risultato di quattro anni fa, il 16%, ma potrebbe anche superare il 20%.

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