Dieci persone a processo a Parigi per cyberbullismo contro Brigitte Macron. Dalla pugile Imane Khelif agli influencer Ultia e Berdah, la Francia fa i conti con una nuova ondata di odio online
Dieci persone sono comparse la scorsa settimana davanti a un tribunale di Parigi con l’accusa di cyberbullismo contro Brigitte Macron, la first lady francese.
Gli imputati – otto uomini e due donne tra i 41 e i 60 anni – sono accusati di molestie sessiste e transfobiche per aver diffuso, tra il 2021 e il 2022, una serie di video e post in cui si sosteneva falsamente che Brigitte Macron fosse “nata uomo”.
Il caso, esploso sui social e poi approdato in tribunale, è solo uno dei numerosi procedimenti avviati in Francia contro episodi di odio online. Dal 2014, infatti, le molestie informatiche sono un reato autonomo nel codice penale francese, punibile fino a tre anni di carcere e 45.000 euro di multa.
Secondo una nota del Parlamento europeo, la Francia è tra i pochi Paesi dell’Unione – insieme alla Slovacchia – ad avere una normativa specifica sul cyberbullismo, distinta da quella su diffamazione o molestie generiche.
Un fenomeno in crescita
Il caso Macron arriva in un momento in cui il dibattito sulle molestie digitali è particolarmente acceso in Francia. Negli ultimi mesi, infatti, diversi personaggi pubblici – sportivi, artisti e influencer – hanno denunciato attacchi violenti sui social.
Tra questi, la pugile algerina Imane Khelif, medaglia d’oro alle Olimpiadi di Parigi 2024, che ha presentato una denuncia per molestie online dopo essere stata oggetto di una campagna diffamatoria in cui si sosteneva fosse transgender. Tra i nomi citati nella denuncia figurano anche personalità di rilievo come Donald Trump, J.K. Rowling ed Elon Musk, accusati di aver rilanciato o amplificato i commenti discriminatori.
Il suo avvocato, Nabil Boudi, ha definito l’ondata di insulti “una campagna misogina, razzista e sessista” che “rimarrà una macchia indelebile” sui Giochi di Parigi.
Minacce dopo la cerimonia olimpica
Denunce analoghe sono arrivate anche dal direttore artistico Thomas Jolly e dalla DJ e performer Barbara Butch, protagonisti della cerimonia di apertura delle Olimpiadi. Dopo l’esibizione ispirata al mito di Dioniso, entrambi sono stati bersaglio di messaggi d’odio per presunti riferimenti blasfemi e per il coinvolgimento di drag queen nello spettacolo.
L’avvocata di Butch ha denunciato “una campagna estremamente violenta di diffamazione e minacce di morte e stupro”, e ha confermato la presentazione di diverse denunce. A maggio, un tribunale francese ha già inflitto condanne tra 2.000 e 3.000 euro e fino a quattro mesi di carcere per sette persone coinvolte nel caso Jolly.
Gli influencer nel mirino
Anche il mondo dei social media francesi è stato scosso da casi simili. La streamer Carla G., nota online come Ultia, ha denunciato nel 2021 una massiccia campagna di odio durante una maratona su Twitch, culminata con messaggi sessisti e minacce. Tre dei quattro imputati sono stati condannati a pene tra sei e dieci mesi di reclusione.
Un altro caso di rilievo è quello di Magali Berdah, nota manager di influencer, che nel 2023 è stata sommersa da messaggi antisemiti e minacce dopo aver pubblicato una foto da Israele, all’indomani dell’attacco di Hamas. Nel 2024, un tribunale di Parigi ha condannato 28 persone per molestie informatiche, con pene fino a 18 mesi di carcere e risarcimenti fino a 10.000 euro.
Francia all’avanguardia (ma non immune)
La moltiplicazione di questi processi conferma che la Francia, pur essendo tra i Paesi più avanzati nella legislazione sul cyberbullismo, fatica a contenere un fenomeno in crescita esponenziale. Le autorità giudiziarie hanno rafforzato le unità speciali dedicate ai reati online, ma il numero di denunce è aumentato di oltre il 40% negli ultimi due anni.
Il caso Macron – simbolicamente il più visibile – è diventato così anche un banco di prova per la giustizia francese: capire se e quanto sia possibile difendere l’onore e la dignità delle persone nell’era dell’anonimato digitale.