Piccoli robot intelligenti crescono

Piccoli robot intelligenti crescono
Di Euronews
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Amati in film cult come “Guerre stellari”, gli androidi potrebbero presto diventare una presenza familiare nel nostro quotidiano.

Ma per diventare veri aiutanti tuttofare dovranno imparare a muoversi in maniera intelligente nei nostri spazi, sapendo ad esempio manipolare con cura anche gli oggetti più fragili.

Alexander Schmitz, ricercatore presso l’Istituto Italiano di Tecnologia a Genova, ci mostra un baby-robot eccezionale, che qui ha visto la luce sei anni fa: “Questo è iCub, un robot umanoide sviluppato da un consorzio europeo. Ha le misure di un bambino e su di lui possiamo sperimentare applicazioni sensoriali.”

Shmitz fa un esperimento con un bicchiere di carta che iCub dovrà afferrare: “Abbiamo implementato il tatto nel palmo e nelle dita di ciascuna mano: il robot prenderà un bicchiere molto fragile e facilmente distruggibile, ma con questo tipo di sensori sarà in grado di impugnarlo con delicatezza.”

L’esperimento riesce. Il segreto dell’androide è una speciale pelle sensoriale, con cui misura e controlla la pressione delle mani.

“I robot sono stati usati per molto tempo solo ed esclusivamente in applicazioni industriali. Noi riteniamo che adesso sia il tempo di sviluppare esemplari che possano interagire direttamente con l’uomo sia in ambiente domestico sia in contesti dove possa svolgere compiti che fino ad oggi non sarebbero possibili.” A parlare è Giorgio Cannata, coordinatore del progetto Roboskin.

Finanziato dall’Unione Europea ha lo scopo di sperimentare una speciale pelle robotica, in grado di far relazionare la macchina in maniera intelligente con l’uomo e lo spazio circostante: iCub è uno dei figli del progetto.

Cannata spiega ancora: “Lo sviluppo della pelle per robot è fondamentale, per permettere la loro corretta interazione con l’ambiente e con l’uomo, al fine di garantire la sicurezza delle operazioni e lo svolgimento dei compiti.”

iCub è eccezionale perché è in grado di imparare. I robot attualmente in uso sono ottimi esecutori ma non hanno alcun percorso evolutivo di apprendimento. L’obiettivo dei ricercatori è che l’androide arrivi a possedere capacità cognitive pari ad un bimbo di dieci mesi.

Un altro fronte di ricerca del progetto Roboskin è portato avanti dall’Università di Hertfordshire, in Inghilterra. Qui si sta sperimentando con ‘Kaspar’ la robot-therapy, per il trattamento dei disturbi tattili nell’autismo.

La professoressa Kerstin Dautenhahn spiega: “Kaspar è un robot con espressività minimale, come diciamo noi; ciò significa che si tratta di un androide con le fattezze di un bambino, specificamente progettato per un’interazione con l’uomo in particolare di carattere ludico. L’idea era di costruirne un robot con cui le persone fossero motivate a giocare, come con un bimbo.”

Nel campo di applicazione della terapia contro l’autismo, per esempio, si può utilizzare il robot per progettare giochi, immaginare scenari e per farlo relazionare con i bambini, soddisfando alcuni obiettivi terapeutici, come ad esempio insegnando ai piccoli un’appropriata interazione tattile. E questo è il punto chiave del progetto Roboskin.”

Come iCub anche Kaspar è uno dei protagonisti del progetto finanziato dall’Unione Europea: due diverse applicazioni di pelle robotica, questa volta sperimentata a scopo terapeutico.

Ben Robins ricercatore dell’Università di Hertfordshire racconta: “Vogliamo che Kaspar incoraggi o scoraggi specifici comportamenti tattili dei bambini. Se un bambino lo solletica il robot grida ‘che bello!’, ma se è brutale con lui l’androide grida ‘ahi, fa male!’, scoraggiando il gesto del ragazzino.”

Queste reazioni verosimili del robot al contatto fisico sono prodotte da piccoli strati di pelle artificiale, applicati sotto il viso e i vestiti. I sensori, morbidi e flessibili, sono collegati a un computer che intepreta il tipo di pressione ricevuta e innesca la risposta.

Ze Ji, ricercatore presso l’Università di Hertfordshire, mostra sullo schermo di un computer il funzionamento dei sensori: “Ognuno degli strati presenta 72 punti di rilevamento e, quando li si tocca, si può vedere il tipo di pressione esercitata. Se è forte appare un colore rosso più intenso, se si toglie la mano non viene visualizzato nulla, perché non c‘è pressione.”

In Kasper c‘è un altro pezzetto d’Italia, perché con i ricercatori britannici collabora anche l’ateneo cagliaritano. Il progetto Roboskin ha un valore di 4,6 milioni di euro, in gran parte finanziati dal’Unione Europea.

“In molti prevedono un grande futuro per i robot, ed è per questo che è importante che la gente studi le interazioni con queste macchine. Perché ciò che non si vuole è avere sul mercato macchine non testate adeguatamente dalle persone, e che durante la progettazione nessuno abbia loro chiesto ciò che vogliono veramente e come un robot debba eseguire un certo compito”, dice Kerstin Dautenhahn dell’Università di Hertfordshire.

E aggiunge: “Quindi è molto importante studiare l’interazione uomo-robot prima che questi sistemi siano realmente diffusi e che siano a milioni e milioni nelle case o negli ambienti di lavoro.”

Ma qual è la novità alla base di questi sensori tattili intelligenti?

Ce ne parla, all’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, Giorgio Metta: “Questo dispositivo funziona sostanzialmente come lo schermo di un cellulare sensibile al tatto. Quello che abbiamo fatto è trasformarlo in qualcosa di flessibile, perché deve adattarsi alla superficie del robot: è basato quindi su una tipologia di sensori che si chiamano ‘capacitivi’ e che consentono di misurare appunto la capacità di pressione dovuta alla spinta esercitata sul sensore.”

Le maglie degli elementi sensori, che hanno forma triangolare, possono essere facilmente incollate in vaste zone del corpo del robot. Vengono poi coperte con schiuma di silicone. I sensori capacitivi misurano quindi la variazione di spessore del cuscinetto morbido a seconda della pressione esercitata.

Già molto utile, la percezione del tatto lo diventa ancora di più se combinata con altri sensi, come la vista.

Giocare a palla richiede la coordinazione di occhi e mani. Anche i robot possono farlo in presenza di sensori ben piazzati.

All’Istituto Italiano di Tecnologia Lorenzo Natale ci mostra come iCub possa giocare con una pallina rossa: “Il robot usa informazioni relative al colore e alla forma dell’oggetto per determinare il centro e la dimensione della palla. Queste informazioni servono poi a controllare lo sguardo e la posizione della mano nell’afferrare l’oggetto. Potremmo usare l’informazione tattile per controllare la forza delle dita mentre afferra la palla. Per noi si tratta di un comportamento molto semplice ma per il robot è complicatissimo.”

I ricercatori ritengono che presto gli androidi entreranno a far parte della nostra vita quotidiana. E che in futuro non ne potremo più fare a meno: dipenderemo dalla robotica come oggi dall’auto e dalle telecomunicazioni.

Per maggiori informazioni sul progetto Roboskin:

www.roboskin.eu

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