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I migranti irregolari dovrebbero essere deportati fuori dall’UE?

La Commissione di Bruxelles vuole combattere gli ingressi di migranti irregolari nei Paesi Ue
La Commissione di Bruxelles vuole combattere gli ingressi di migranti irregolari nei Paesi Ue Diritti d'autore  Euronews
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Di Monica Pinna & Euronews
Pubblicato il Ultimo aggiornamento
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La Commissione europea ha presentato una controversa proposta di Regolamento sui Rimpatri che prevede la creazione di hub in Paesi terzi

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La Commissione europea vuole ridurre gli ingressi di migranti irregolari e accelerare le procedure di rimpatrio per coloro la cui domanda di asilo è stata respinta. Per questo, l'organismo esecutivo di Bruxelles ha proposto un Sistema europeo comune per i rimpatri, che dovrebbe aiutare a centrare tali obiettivi.

Il caso italiano degli hub in Albania

Oggi il totale dei rimpatri rispetto al numero di richieste d'asilo respinte è del 20 per cento. Una quota considerata troppo bassa dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen. La proposta avanzata include la possibilità di creare hub di rimpatrio in Paesi terzi, sulla base di accordi bilaterali o europei.

"Esternalizzare" la gestione dei migranti si sta però rivelando complesso. Il protocollo Italia-Albania ne è un esempio. Nel 2023, il governo Meloni e quello di Tirana hanno firmato un accordo per creare due centri inizialmente destinati ad accogliere richiedenti asilo non vulnerabili e provenienti da Paesi “cosiddetti sicuri”, soccorsi in acque internazionali. 

I tribunali hanno bloccato la procedura tre volte, sollevando dubbi di natura legale e costituzionale. Il governo ha quindi deciso di ampliare le funzioni di questi centri, che hanno già cominciato a esser utilizzati come hub di rimpatrio per coloro la cui domanda di asilo è stata respinta. Oltre cento organizzazioni per i diritti umani in Europa sostengono che esternalizzare la gestione dei migranti rischia di generare gravi violazioni dei diritti umani.

Perché esternalizzare la gestione può comportare problemi

Un caso ha suscitato ad esempio interrogativi. Una trentina di chilometri a nord di Napoli, il piccolo comune di Parete è situato in una terra di agricoltori e migranti. Molti arrivano qui in cerca di lavoro. Moetaz, 28 anni, è arrivato a ottobre e ha ritrovato il padre Atef dopo vent’anni. Il giovane ha attraversato il Mediterraneo partendo dalla Libia, provenendo dall'Egitto. Soccorso in acque internazionali, è stato tra i primi richiedenti asilo a essere inviati dall’Italia direttamente in un centro di accoglienza in Albania.

"Tra me e la spiaggia di Lampedusa non c’erano più di 200 metri – racconta Moetaz. “All’improvviso, un interprete è venuto e ci ha detto: ‘Sarete trasferiti in Albania, presenterete una richiesta d’asilo. Se verrà accolta, entrerete in Italia. Sennó, decideranno del vostro caso: espulsione o prigione’.”

Il caso di Moetaz, “perseguitato in Egitto e torturato in Libia”

Moetaz è rimasto in Albania solo una settimana. Il tribunale di Roma non l’ha trattenuto definendo “impossibile” riconoscere il suo Paese di origine come “sicuro”. Un caso che ha messo in evidenza proprio le falle di un intero sistema volto a esternalizzare la gestione dei richiedenti asilo in Italia. Della questione si sta occupando la Corte di Giustizia Europea. 

L’avvocato di Moetaz, Gennaro Santoro, sostiene che le procedure accelerate per i migranti considerati non vulnerabili e provenienti dai cosiddetti "Paesi sicuri” violino la Costituzione: “Dal punto di vista dei diritti dell'uomo, poter trattenere una persona in un Paese terzo che oggi l'Albania ma domani più probabilmente sarà la Tunisia, il Niger e altri Paesi, significa non poter esercitare i diritti fondamentali. Già con l'Albania, che è un Paese a quattro passi dall'Italia, ad esempio, io con il mio assistito non ho potuto avere alcun contatto prima dell'udienza. Durante la quale sono venuto a conoscenza del fatto che è stato torturato in Libia e che scappava dall'Egitto perché vi era perseguitato”.

Tobé (PPE): “La proposta di regolamento europeo sui rimpatri è diversa dal protocollo Italia-Albania”

Un sostenitore della controversa proposta di regolamento sui rimpatri, Tomas Tobé, vicepresidente del gruppo del Partito Popolare europeo, ha preso le distanze dall’accordo Italia-Albania. L’eurodeputato ha spiegato che la bozza europea prevede di utilizzare i centri di rimpatrio solo per coloro la cui domanda di asilo è già stata rifiutata.

Il politico conservatore ha poi difeso la necessità di cooperare con Paesi extraeuropei: "Non sto dicendo che sia facile. Abbiamo le stesse discussioni anche sulla Turchia, ma non scegliamo i nostri vicini. Sento molte critiche provenienti dalla sinistra, ma anche dall’estrema destra. E sostanzialmente dicono che non dovremmo avere alcuna collaborazione. Ma in questo modo non si ha una soluzione”. 

Nel 2018 la Commissione Europea aveva ritenuto illegali eventuali centri di rimpatrio in Paesi fuori dall’Unione. Secondo i critici, temi un tempo confinati all’estrema destra stanno diventando oggi parte integrante dell’agenda politica europea

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