Una nuova relazione della Corte dei conti europea evidenzia la mancanza di trasparenza nei finanziamenti dell’Ue alle Ong, ma non rileva violazioni dei valori europei. Accuse politiche, ipotesi di lobbismo e scandali passati restano senza riscontri concreti
Il finanziamento della Commissione europea alle organizzazioni non governative (Ong) è "opaco" ed espone l’esecutivo comunitario a "rischi reputazionali". È quanto ha concluso la Corte dei conti europea (Cce) nella relazione "Trasparenza dei fondi Ue assegnati alle Ong".
"Durante il nostro audit non abbiamo riscontrato un solo caso di violazione dei valori dell’Ue da parte di una Ong", ha dichiarato Laima Andrikienė, membro della Cce responsabile della relazione, durante un briefing con la stampa prima della pubblicazione del rapporto.
Una dichiarazione che arriva con una precisazione: l’indagine si è basata su un campione casuale di soli 90 contratti, quindi non si può escludere che eventuali irregolarità siano sfuggite. "Abbiamo centinaia di migliaia di Ong - ha aggiunto Andrikienė -. Ogni singolo caso di violazione dei valori dell’Ue rappresenterebbe un rischio per la reputazione dell’Unione".
Andrikienė ha inoltre confermato che non esistono ostacoli legali che impediscano ai gruppi della società civile di interfacciarsi direttamente con i legislatori. Questi ultimi, infatti, sono tenuti a rendere pubblici i dettagli di tutti gli incontri con i lobbisti – siano essi provenienti dalla società civile o dal settore privato.
"Le regole consentono alle Ong di fare lobbying", ha spiegato. "Se si desidera un approccio diverso, spetta ai legislatori decidere, non ai revisori".
La pubblicazione del rapporto arriva in un momento in cui la questione del finanziamento alle Ong è al centro del dibattito politico a Bruxelles. La scorsa settimana, il Parlamento europeo ha respinto per un solo voto una mozione di censura contro la Commissione in merito alle sovvenzioni operative erogate attraverso il programma ambientale Life.
Il Partito Popolare Europeo (Ppe), di orientamento conservatore, accusa la Commissione di aver sollecitato alcune Ong a fare pressioni sui parlamentari per sostenere specifiche politiche del Green Deal – uno dei pilastri del primo mandato di Ursula von der Leyen (2019–2024).
Mancanza di prove concrete
Nonostante le accuse, il Ppe e i suoi alleati più a destra non hanno presentato alcuna prova concreta. Il commissario al Bilancio, Piotr Serafin, ha ammesso a gennaio che "è stato inopportuno che alcuni servizi della Commissione stipulassero accordi che obbligano le Ong a esercitare una pressione specifica sui membri del Parlamento europeo".
Ma, al netto delle critiche politiche e delle inchieste giornalistiche basate su bozze trapelate di accordi riservati, non è emersa alcuna evidenza concreta di imposizioni da parte della Commissione – tesi smentita con decisione anche dai gruppi ambientalisti.
La Corte dei conti – che ha analizzato due sovvenzioni operative del programma Life, senza nominare le Ong coinvolte – sembra confermare la mancanza di prove.
Alcuni "elementi di lobbismo" sono stati rilevati nei programmi di lavoro presentati dai richiedenti, ha dichiarato Tomasz Kokot, funzionario della Cce coinvolto nell’audit. Tuttavia, i revisori non hanno potuto stabilire se, come sostiene la destra, tali attività siano state richieste direttamente dalla Commissione.
"Tutto ciò che possiamo dire è che non abbiamo trovato prove concrete", ha detto Kokot ai giornalisti.
I revisori sono stati anche interrogati sulla scelta di limitare l’indagine alle Ong di Germania, Spagna e Svezia, nonostante il principale spunto dell’audit fosse lo scandalo del 2022 legato a presunte tangenti dal Qatar, in cui alcune organizzazioni avrebbero agito come canale per fondi destinati a parlamentari corrotti.
"Abbiamo scelto questi Paesi perché sono quelli con la maggiore spesa", ha spiegato Andrikienė, citando il Fondo sociale europeo Plus e il Fondo per l’asilo, la migrazione e l’integrazione come principali fonti di finanziamento.
La risposta della Commissione
La Corte ha formulato tre raccomandazioni alla Commissione. L’esecutivo Ue ha dichiarato di accettare parzialmente l’aggiornamento della definizione legale di Ong, con l’obiettivo di chiarire – entro la fine dell’anno – i criteri di indipendenza dal governo e le situazioni in cui un ente può perseguire interessi commerciali.
Per quanto riguarda il sistema di trasparenza finanziaria online, la Commissione ha risposto che "esplorerà la fattibilità" di aggiornamenti più frequenti entro il 2029.
L’unica raccomandazione accettata integralmente riguarda lo sviluppo di un sistema di verifica basato sul rischio per monitorare il rispetto dei valori dell’Ue da parte dei beneficiari – incluse le Ong – con una scadenza fissata al 2028.
Sul tema del presunto lobbismo, la Commissione ha richiamato le linee guida pubblicate nel maggio scorso, subito dopo l’avvio dell’audit, in cui si afferma che "gli accordi di finanziamento che prevedono attività specificamente dirette verso le istituzioni Ue, sebbene legalmente validi, possono comportare un rischio reputazionale".
I funzionari incaricati della gestione dei fondi sono invitati a tenere conto di tali rischi.
Ariel Brunner, direttore di BirdLife Europe – destinataria di una sovvenzione Life – ha accolto con favore le conclusioni della Corte: "Questo rapporto conferma ciò che diciamo da tempo: il problema non sono le Ong affidabili, ma i lobbisti sotto mentite spoglie che si presentano come società civile".
"Il vero nodo – ha concluso – è la difficoltà da parte della Commissione e dei governi nazionali nel verificare chi si cela dietro alcune presunte Ong che, di fatto, non rappresentano l’interesse pubblico".