In un primo momento l'incontro sembrava essere confermato a Roma, probabilmente nell'ambasciata dell'Oman. Nella serata di lunedì Teheran ha chiesto di tenerli nuovamente a Mascate, dove si è svolto il primo round la scorsa settimana
"Il prossimo round si terrà nuovamente a Muscat, sabato 19 aprile", ha detto lunedì sera un portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, secondo l'agenzia statale Irna, riferendosi ai colloqui sul nucleare tra Iran e Stati Uniti sul programma nucleare.
Roma era stata indicata inizialmente come sede per la seconda tornata di colloqui, dopo il primo incontro tenutosi sabato scorso a Mascate, la capitale dell'Oman. In particolare era stata individuata l'ambasciata omanita a Roma, in modo che il piccolo sultanato potesse continuare a svolgere il proprio ruolo di mediatore.
Una conferma era arrivata dal ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani da Osaka, dove è arrivato per l'Expo 2025.
"Abbiamo ricevuto la richiesta da parte delle parti interessate, da parte dell'Oman che svolge il ruolo di mediatore e abbiamo dato una risposta positiva. Siamo pronti ad accogliere, come sempre, incontri che possono essere portatori di risultati positivi, in questo caso sulla questione nucleare", aveva detto Tajani.
"Roma si conferma capitale di pace e di mediazione. Non è la prima volta che ci sono incontri di questo tipo nel nostro Paese e noi siamo disposti a fare tutto ciò che serve e continueremo a sostenere tutti i negoziati che possono portare a risolvere la questione del nucleare, ma anche a costruire la pace", aveva aggiunto il vicepremier dal Giappone.
Anche il ministro degli Esteri olandese, Caspar Veldkamp, intervenendo al Consiglio affari esteri dal Lussemburgo, aveva affermato che i prossimi colloqui si sarebbero tenuti a Roma, un sede che sembra essere stata suggerita peraltro dagli americani.
Trump torna a minacciare l'Iran: "Non avranno mai un'arma nucleare"
Secondo alcune fonti, l'amministrazione Trump sarebbe rimasta soddisfatta dai colloqui di Mascate. Tra gli obiettivi raggiunti, c'è quello di avere trasformato il formato da indiretto (cioè gestito da intermediari) a diretto (un colloquio tra funzionari dei due Paesi).
I colloqui in Oman lo scorso sabato, che hanno visto la partecipazione dell'inviato Usa Steve Witkoff e del ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi avrebbero parlato per circa 45 minuti, più a lungo di quanto rivelato pubblicamente, secondo il media Usa Axios.
Il presidente degli Stati Uniti ha comunque usato parole forti. "È davvero semplice: non possono avere un'arma nucleare. E devono farlo in fretta. Perché sono abbastanza vicini ad averne una. E non la avranno mai. E se dobbiamo fare qualcosa di molto duro, lo faremo", ha promesso Donald Trump lunedì nel corso di una conferenza stampa alla Casa Bianca con il presidente di El Salvador, Nayib Bukele.
"E non lo faccio per noi. Lo faccio per il mondo. Queste sono persone radicalizzate e non possono avere un'arma nucleare", ha concluso Trump.
Le parole di Kallas e la visita in Iran di Grossi
Sulla questione è intervenuta anche l'Alta rappresentante dell'Ue per la politica estera, Kaja Kallas.
"Siamo in contatto costante con i Paesi dell'E-3 (Francia, Germania, Regno Unito) su quale potrebbe essere la posizione, perché la scadenza per lo snapback (il ripristino automatico delle sanzioni Onu) si sta davvero avvicinando", ha dichiarato Kallas, in conferenza stampa a Lussemburgo.
"Ma dobbiamo discuterne anche con gli Stati Uniti e lo abbiamo fatto anche durante la riunione del G7, perché è importante avere un approccio davvero unificato, perché nessuno vuole vedere l'Iran sviluppare un'arma nucleare. Quindi stiamo concentrando i nostri sforzi su questo", ha aggiunto.
Intanto, il direttore generale dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (Aiea), Rafael Grossi, sarebbe atteso per questa settimana nella capitale iraniana Teheran proprio in vista del secondo round di colloqui.
Grossi dovrebbe discutere delle attività di monitoraggio e verifica dell'Aiea negli impianti nucleari dell'Iran.
In questo senso l'inviato speciale degli Stati Uniti per il Medio Oriente, Steve Witkoff, ha indicato che l'obiettivo statunitense nei colloqui è quello di riportare l'arricchimento dell'uranio iraniano al limite del 3,67 per cento, anziché smantellare completamente il programma atomico del Paese.
Si tratta di un elemento chiave dell'accordo sul nucleare del 2015, firmato durante l'amministrazione Obama e poi abbandonato da Donald Trump.
"L'Iran non ha bisogno di arricchire oltre il 3,67 per cento", ha dichiarato Witkoff lunedì a Fox News, facendo riferimento ai livelli attuali fino al 60 per cento raggiunti da Teheran.
Per l'inviato Usa l'arricchimento oltre quei limiti è incompatibile con un programma civile e ha anticipato che i prossimi colloqui si concentreranno sulla verifica tecnica dell'arricchimento e, in seguito, su eventuali componenti legate alla possibile militarizzazione del programma, inclusi missili e meccanismi di innesco".