Iniziata da una settimana l'avanzata delle milizie islamiste anti regime. Dopo aver conquistato Aleppo, Hama e parzialmente Homs, più alcune città chiave del sud, i ribelli sono già alle porte di Damasco
Ore difficili per il regime siriano di Bashar al-Assad. Dopo la rapida avanzata delle milizie islamiste guidate dal gruppo Hayat Tahrir al-Sham (HTS) iniziata la settima scorsa, oggi il governo siriano si ritrova i ribelli alle porte della capitale, Damasco, dopo aver perso il controllo di una buona parte della città di Homs e del sud della Siria. Quest'ultimo è ormai sotto il controllo dei ribelli che controllano Daraa, città granaio da dove partirono le proteste nel 2011, e Sweida, città a maggioranza drusa e fortemente ostile al regime. Secondo alcune fonti locali, i ribelli sarebbero già entrati nel sobborgo di Jaramana, zona a maggioranza drusa e cristiana.
Il ritiro delle truppe dalle province di Daraa e Sweida potrebbe coincidere con l’esigenza di inviare ingenti rinforzi verso Homs, la terza città più grande della Siria, con una grande comunità della minoranza religiosa alawita, la stessa della famiglia Assad, per difenderla almeno parzialmente.
L’avanzata fulminea degli insorti
Le conquiste delle forze anti Assad segnano un’inversione di rotta sorprendente per il presidente siriano, che appare sempre più isolato. La Russia, suo principale alleato, è concentrata sulla guerra in Ucraina, mentre Hezbollah, che in passato aveva inviato migliaia di combattenti per sostenere le forze di Assad, è stato indebolito da un conflitto di un anno con Israele. Tuttavia, media libanesi citando fonti vicine al partito di Dio libanese, hanno riferito che intendono inviare 2.000 uomini a sostegno di Assad.
Anche l’Iran ha visto le proprie milizie nella regione siro-libanese gravemente colpite dai recenti raid aerei israeliani. E dalle operazioni mirate a colpire i capi iraniani e di Hezbollah.
L’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani
Rami Abdurrahman, direttore dell’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, ha riferito che i consiglieri militari iraniani hanno iniziato a lasciare la Siria, mentre i combattenti filo-iraniani, provenienti principalmente da Afghanistan e Pakistan, si stanno ritirando verso il centro del Paese.
L’offensiva dei ribelli, iniziata il 27 novembre, è guidata dal gruppo jihadista Hayat Tahrir al-Sham (HTS). Durante l’attacco, i ribelli hanno conquistato Aleppo, la città più grande della Siria, e Hama, la quarta città per dimensioni. Hts, originario di al-Qaida e considerato un’organizzazione terroristica dagli Stati Uniti e dalle Nazioni Unite, ha dichiarato attraverso il suo leader, Abu Mohammed al-Golani, che l’obiettivo dell’offensiva è rovesciare il governo di Assad.
In un comunicato diffuso oggi, l’esercito siriano ha affermato di aver effettuato un riposizionamento nelle province meridionali a causa degli attacchi ai suoi posti di blocco da parte di "terroristi". Ha inoltre annunciato la creazione di una “cintura difensiva e di sicurezza forte e coerente” per proteggere Damasco da sud. Dal 2011, il governo siriano definisce "terroristi" tutti i gruppi armati dell’opposizione.
Idf: "Attacco contro postazione Onu"
Le forze di difesa israeliane (Idf) hanno fatto sapere di essere entrate in azione per aiutare le forze Onu sul lato siriano delle alture del Golan a respingere un attacco di uomini armati vicino alla città siriana di Hader, sul confine israeliano. "L'Idf sta ora aiutando la forza Onu a respingere l'attacco", ha scritto l'Idf su X e ha aggiuti che "continuerà ad agire per proteggere lo Stato di Israele e i suoi cittadini".
Diplomazia a lavoro: Ankara critica Assad
Intanto, in Qatar, i ministri degli Esteri di Iran, Russia e Turchia si sono incontrati per discutere della situazione in Siria. La Turchia, principale sostenitrice dei ribelli di Hts, ha criticato Assad per non aver sfruttato il periodo di relativa calma degli ultimi anni per affrontare i problemi interni del paese. “Assad non ha colto l’opportunità per avviare un dialogo e ristabilire un rapporto con il suo popolo,” ha dichiarato il ministro degli Esteri del Qatar, Sheikh Mohammed bin Abdulrahman Al Thani.
Il ministro degli esteri Antonio Tajani ha tenuto oggi alla Farnesina una riunione d'emergenza sulla Siria, in concomitanza del meeting straordinario dei ministri degli Esteri di Turchia, Russia che si trovano al Forum di Doha, in Qatar. "La nostra prima preoccupazione è la tutela degli italiani nel Paese, che sono tutti in contatto con la nostra ambasciata”, ha detto il vicepremier sottolineando che sono circa 300 gli italiani che vivono in Siria. "Alcuni sono riusciti a lasciare il paese - ha aggiunto -. La situazione è assolutamente sotto controllo”, ma ha poi lanciato un appello alle parti per proteggere civili e minoranze.
La posizione non interventista di Trump
Dal canto suo il presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump, ha dichiarato sul suo social media Truth Social di non voler avere nulla a che fare con la politica in Siria, seppure durante il suo precedente mandato abbia condotto una campagna militare contro il sedicente Stato Islamico nell'Est della Siria e nella parte nordoccidentale dell'Iraq che ha portato alla sconfitta militare del califfato.