Aiuti umanitari a Gaza, l'apertura del valico di Rafah potrebbe ritardare ancora

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Di Michela Morsa
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Secondo fonti della Cnn, la strada sarebbe ancora danneggiate dai bombardamenti israeliani dei giorni scorsi e Tel Aviv ha chiesto che il convoglio venga ispezionato da opera

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Era prevista per venerdì l'apertura del valico egiziano di Rafah per permettere l'ingresso dei primi 20 camion di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza, concordati mercoledì da Stati Uniti, Egitto e Israele. 

Secondo fonti della Cnn, però, la consegna potrebbe ritardare ancora e non arrivare prima del weekend. A causare il ritardo, secondo alcuni funzionari statunitensi, le riparazioni alla strada che attraversa il valico, ancora molto danneggiata dai bombardamenti israeliani di questi giorni. 

Che, secondo quanto riportato dalla Bbc, che cita il ceo dell'Egyptian food bank, sono continuati anche nella notte appena passata. "Le bombe cadono ogni minuto, anche nelle lande desolate dove non ci sono né animali né esseri umani. Noi vogliamo entrare, ma le autorità egiziane non ce lo permetteranno, a meno che non riescano a garantirci che non verremo uccisi all'istante", ha detto alla testata britannica Mohsen Sarhan. 

Volontari egiziani pregano per le vittime degli attacchi aerei israeliani su Gaza, al valico di Rafah
Volontari egiziani pregano per le vittime degli attacchi aerei israeliani su Gaza, al valico di RafahOmar Aziz/Copyright 2023The AP. All rights reserved

L'Egitto ha chiesto forti garanzie a Israele: il passaggio è stato chiuso proprio a causa dei bombardamenti israeliani e Il Cairo chiede quindi che venga garantita la sicurezza delle persone, delle merci e del punto di passaggio stesso prima di consentirne l'apertura. Non è chiaro se queste condizioni siano state accettate da Israele, dato che alcuni media internazionali parlano di un nuovo disaccordo tra i due Paesi.

Ai timori del Cairo per la sicurezza,si aggiungono le preoccupazioni di Tel Aviv per eventuali infiltrazioni di Hamas nella consegna degli aiuti umanitari. Israele ha chiesto, e le è stato concesso, che il convoglio che entrerà nella Striscia venga prima ispezionato da operatori internazionali delle Nazioni unite, per assicurarsi che non entrino armi o altri rifornimenti utili ad Hamas.

"Gli israeliani sono molto preoccupati per la deviazione dell'assistenza umanitaria. Temono che gli aiuti che arrivano vengano dirottati verso Hamas. Stiamo elaborando un accordo per garantire che qualsiasi consegna possa essere gestita in modo appropriato", ha dichiarato giovedì Matthew Miller, portavoce del Dipartimento di Stato statunitense. 

"Una goccia nell'oceano"

I camion fermi al confine tra l'Egitto e la Striscia di Gaza, in attesa di entrare, sono più di 100 e non è chiaro se dopo l'ingresso dei primi 20 camion concordati ce ne saranno altri. Ciò che è certo, dicono gli osservatori internazionali, comprese le Nazioni unite e l'Organizzazione mondiale della Sanità, è che gli aiuti attualmente previsti sono troppo pochi, mentre la situazione umanitaria nella Striscia di Gaza continua a peggiorare.

Michael Ryan, direttore esecutivo dell'Oms, ha detto che 20 camion saranno "una goccia nell'oceano dell'assistenza necessaria", mentre Martin Griffiths, capo degli aiuti di emergenza delle Nazioni unite, ha stimato che servirebbero circa 100 camion al giorno (e non 20 in tutto) per soddisfare gli attuali bisogni della popolazione della Striscia.

Nell'enclave palestinese, gli sfollati hanno raggiunto il milione. La rete idrica non funziona e l'unica acqua disponibile, a prezzi sempre maggiori, è quella messa in vendita da alcuni privati che hanno piccoli impianti di purificazione alimentati da pannelli solari. Manca il cibo e ogni altro bene essenziale. Un chirurgo che opera all'ospedale al-Shifa, il più grande di Gaza, ha detto alla Bbc che ha iniziato a usare l'aceto  per trattare le infezioni batteriche dei pazienti feriti, perché tutti i disinfettanti che usava prima sono terminati.

Manca quasi del tutto il carburante, e quindi l'energia elettrica, e presto anche gli ospedali, alimentati dai generatori di emergenza, finiranno le loro scorte. Ma questa carenza non si risolverà con l'ingresso degli aiuti, dal momento che in base alle condizioni dettate da Israele potranno entrare solo cibo, acqua e medicinali

L'impegno di Egitto e Stati Uniti

L'apertura del valico è complicata anche dalle preoccupazioni dell'Egitto riguardo i profughi palestinesi: Il Cairo non è disposto ad accogliere decine o addirittura centinaia di migliaia di rifugiati sul proprio territorio. 

In generale i Paesi arabi confinanti con Israele sostengono che tale soluzione equivarrebbe ad "arrendersi alle condizioni degli occupanti", cioè a seguire lo scenario proposto da Israele. Secondo il ministro degli Esteri giordano, "questa crisi sarà risolta sulla terra palestinese".

Ma l'Egitto si è comunque impegnato in prima persona nella consegna degli aiuti umanitari, anche grazie alle forti sollecitazioni degli Stati Uniti. Nei giorni scorsi Il Cairo ha accettato di aprire l'aeroporto di El-Arish, il più vicino a Gaza, per far sì che fungesse da hub per gli aiuti forniti a livello internazionale. 

L'accordo tra Stati Uniti, Egitto e Israele per far entrare nella Striscia di Gaza i primi aiuti umanitari è stato mediato anche dalle Nazioni unite. Il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres - che ieri dalla capitale egiziana ha dichiarato che "l'aeroporto di El-Arish e il valico di Rafah sono l'unica speranza, l'unica ancora di salvezza per la popolazione di Gaza" - ha sottolineato che gli operatori umanitari che entreranno nella Striscia dovranno essere in grado di distribuire gli aiuti in sicurezza,lasciando intendere che non dovranno esserci bombardamenti. Sempre in base agli accordi, al momento dell'ingresso dei camion al varco di Rafah verrà issata la bandiera dell'ONU.

Gli Stati Uniti hanno fatto sapere di avere intenzione di aumentare e rendere più stabili nel tempo gli aiuti umanitari verso la Striscia di Gaza. Il portavoce del dipartimento di Stato americano, Matthew Miller, ha detto che l'obiettivo degli Stati Uniti è "l'assistenza continua ai civili innocenti", ma che per poterlo fare bisognerà superare le perplessità di Israele. Miller ha fatto capire che molto dipenderà anche da come andrà il primo carico di aiuti: "Osserveremo con molta attenzione il modo in cui verrà consegnato".

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