Daniel Noboa presidente dell'Ecuador. Le ombre sulla famiglia latifondista più ricca del Paese

Daniel Noboa
Daniel Noboa Diritti d'autore MARCOS PIN/AFP or licensors
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Di Ilaria Cicinelli
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È riuscito a coronare quelle che una volta erano le ambizioni paterne: diventare presidente dell'Ecuador. Daniel Noboa ha vinto le elezioni. Suo padre è l'uomo più ricco dell'Ecuador, noto per l'impero delle banane ma anche per le accuse di sfruttamento del lavoro minorile e violenze sui lavoratori

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Non è il primo Noboa a tentare l'impresa ma il primo a riuscirci. Daniel Noboa è stato eletto presidente dell'Ecuador. 35 anni, è il presidente più giovane mai eletto nel Paese e ha portato alla vittoria Acción Democrática Nacional, il neonato movimento liberale fondato solo nel marzo scorso. Noboa ha sconfitto così quella che sembrava essere la favorita in queste elezioni, l'erede di Rafael Correa, Luisa Gonzalez, candidata con il partito di sinistra Revolucion Ciudadana. 
Quest'ultima sembrava la favorita dopo il primo turno elettorale, con il 33% delle preferenze rispetto al 23% di Noboa, salito inaspettatamente nei sondaggi anche grazie alla promessa di creare nuovi posti di lavoro e di tagliare le tasse. Un fattore che potrebbe aver penalizzato Gonzalez potrebbe essere la promessa di reintegrare Correa nell'esecutivo in caso di vittoria. L'ex presidente di sinistra è al momento in esilio in Belgio perché accusato di corruzione. 

Il nuovo presidente avrà poco margine di manovra in quanto rimarrà in carica appena 16 mesi dopo che l'ultimo presidente, Guillermo Lasso, ha sciolto il parlamento invocando la clausola della "muerte cruzada" (morte reciproca) e indetto le elezioni lampo per sfuggire all'impeachment che lo avrebbe visto accusato di corruzione e appropriazione indebita. Nel 2025 si tornerà al voto per un mandato regolare.   

La campagna elettorale in Ecuador è stata segnata da violenze nei confronti dei candidati, culminate nell'omicidio di Fernando Villavicencio, che lottava contro la corruzione dilagante, ucciso a colpi di arma da fuoco al termine di un comizio.  

Il giovane presidente è figlio di Alvaro Noboa, l'uomo più ricco dell'Ecuador che per cinque volte ha tentato di candidarsi alla massima carica dello Stato, definendosi come il "messia dei poveri", regalando computer e distribuendo manciate di dollari durante i suoi comizi. I Noboa sono a capo della holding, Fruit Shippers Ltd, che si occupa principalmente dell'esportazione di banane tramite l'azienda Expordadora Bananera Noboa. Tuttavia grazie a ben 114 aziende, sono impegnati anche nel commercio e nella produzione di numerosi e vari prodotti oltre alla frutta, come il caffé, i fertilizzanti, la plastica e le scatole di cartone.

Le ombre: i Noboa tra latifondismo, accuse di evasione fiscale,  sfruttamento dei minori e violenze sui lavoratori

Proveniente da una famiglia di ricchi imprenditori, se non latifondisti, Daniel vuole ora "rafforzare il libero mercato nel Paese". I Noboa avrebbero avuto in passato diversi problemi con il fisco. Sarebbero infatti destinatari di molteplici denunce, tra tasse arretrate e mancate dichiarazioni dei redditi. E non solo.
Nell'aprile 2002 un rapporto di Human Rights Watch denunciava le società per la raccolta delle banane di Alvaro Noboa a causa dello sfruttamento del lavoro minorile nelle piantagioni, dei licenziamenti illegali e delle intimidazioni ai lavoratori che tentavano di scioperare per ottenere migliori condizioni di lavoro. 

Nel rapporto si può leggere un resoconto delle violenze sui lavoratori avvenute principalmente nella piantagione di Los Álamos, nella costa sud occidentale dell'Ecuador. Almeno dieci lavoratori in sciopero sono stati uccisi nel maggio dello stesso anno in circostanze poco chiare. Alla base dello sciopero c'erano 124 licenziamenti illegali in reazione alla petizione  presentata dai lavoratori al ministero del Lavoro, per vedere riconosciuto il loro sindacato, appena costituito. 

Il 16 maggio in seguito a un nuovo sciopero tra i 200 e i 400 uomini armati, incappucciati, entrarono nella piantagione dove dormivano i lavoratori, trascinandone ottanta fuori dalle loro case minacciandoli di ucciderli e di buttarli nel fiume. Molti rimasero feriti per via delle percosse e uno di loro perse la gamba in seguito a un colpo d'arma da fuoco. Al lavoratore sarebbero state inizialmente negate le trasfusioni di sangue perché il suo datore di lavoro non aveva pagato la previdenza sociale come previsto dalla legge del Paese. Altri dieci vennero uccisi. Gli assalitori rimasero sul luogo per l'intera giornata. Non è mai stato chiarito come o da chi fossero stati mandati né ulteriori indagini hanno approfondito il ruolo del datore di lavoro nella vicenda. 

All'epoca i fatti della piantagione di Los Álamos vennero riportati anche dal New York Times. Alvaro Noboa ha sempre respinto tutte le accuse dicendo fossero politicamente motivate.

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