Israele: le famiglie degli ostaggi rapiti da Hamas chiedono le dimissioni di Netanyahu

Una manifestante a Tel Aviv
Una manifestante a Tel Aviv Diritti d'autore Francisco Seco/Copyright 2023 The AP All rights reserved
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A Tel Aviv le famiglie degli ostaggi rapiti da Hamas manifestano per il rilascio dei loro cari e chiedono le dimissioni di Netanyahu

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Come ogni sabato da 39 settimane a Tel Aviv gli attivisti politici protestano contro il governo davanti al ministero della Difesa. É il il primo Shabbath, il giorno di riposo ebraico, dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre e i manifestanti sostengono le famiglie degli ostaggi che chiedono il loro immediato rilascio.

Nella folla Shira Elbag mostra la foto della figlia Liri, 18 anni, sorpresa nel sonno dai miliziani e portata a Gaza dalla base militare alla quale era stata assegnata durante la leva, che nel Paese è obbligatoria anche per le donne e rappresenta un rito di passaggio per la società israeliana. "La rivoglio indietro", dice Elbag: "Non voglio combattere, credo che non lo vogliano neanche a Gaza. Nessuno lo vuole. Vogliamo tutti solo vivere in pace".

Sono almeno 150 i civili israeliani tenuti in ostaggio a Gaza, e secondo Hamas una ventina sarebbero morti sotto i bombardamenti dell'Idf. Anche la moglie e i figli di Avichai Brodetz mancano all'appello. Sono stati rapiti dalla loro casa vicino al confine con la Striscia e di loro non si hanno notizie da più di una settimana.

É stato Brodetz a organizzare la manifestazione: "Credo che ci sia un motivo per questi rapimenti. Qualcuno cerca di dirci qualcosa,e io voglio credere che stiano dicendo pace, non guerra. Siamo tutti esseri umani. Nessuno vuol veder morire i propri figli".

Un disastro preparato da Mr Security

L'attivista Chitayat Kashi spiega come la deumanizzazione sistematica dei palestinesi e degli abitanti di Gaza sia controproducente anche per gli interessi dei cittadini israeliani ebraici, e deve terminare: "Essere contro Hamas non significa che possiamo uccidere un bambino a Gaza".

In più di dieci anni al potere, i governi del primo ministro Benjamin Netanyahu hanno incrinato la sicurezza nel Paese senza che nessuno se ne accorgesse, sostengono gli attivisti. Fino alla deflagrazione dell'alba di sabato.

Il Fallimento conclamato dei servizi di intelligence, Il tentativo di normalizzazione delle relazioni con l'Arabia Saudita per cancellare la questione palestinese che ha messo in allarme Teheran, l'intervento tardivo in difesa dei cittadini sotto l'attacco di Hamas, con l'esercito impegnato nella tutela degli insediamenti illegali dei coloni in Cisgiordania. Sono solo alcuni degli errori strategici rimproverati in questi giorni a "Mr. Security", così ama definirsi Netanyahu. In molti dubitano del suo futuro politico dopo la fine della guerra.

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