Massacro in Mali: oltre 130 persone uccise barbaramente

Le notizie già circolavano sui social network, ora anche il governo malese ha ammesso il massacro: 132 civili, forse anche di più, sono stati uccisi barbaramente questo weekend nel centro del Mali. Il governo punta il dito contro un'organizzazione vicina ad al Quaida, Katiba Macina.
Funzionari locali hanno descritto scene di uccisioni sistematiche a Diallassagou, al confine con il Burkina Faso, e in due cittadine del centro. Parlano anche di case e capanne bruciate, razzie e rapimenti.
Nouhoum Togo ha perso suo fratello, il capo villaggio, e altri membri della famiglia.
Il Mali è sprofondato in una crisi di sicurezza, politica e umanitaria dalle insurrezioni jihadiste del 2012. Stessa sorte per il Burkina Faso e il Niger. A questo si aggiungono le violenze tra le diverse comunità. Il governo malese, che è in transizione dopo due colpi di stato in meno di un anno, non controlla vaste aree del paese. Al centro è praticamente assente.
Sul massacro la missione dell'Onu in Mali ha aperto un'inchiesta. Nei primi tre mesi di quest'anno, 543 civili sono stati uccisi, tre volte di più rispetto al 2021.
La Russia sempre più vicina al Mali
L'Unione europea ha sospeso la sua missione di formazione e addestramento militare in Mali (Eutm Mali), ma è comunque rimasta nel Sahel. A febbraio il presidente francese Emmanuel Macron ha ufficializzato il ritiro della Francia, del Canada e dei partner europei impegnati nell’operazione Barkane e nella Task force Takuba.
La missione Eutm Mali era stata istituita nel 2013 per rispondere all’esigenza di rafforzare le capacità delle Forze armate maliane (Fama) per farle diventare autosufficienti. Il rapido scivolamento del Mali verso la sfera d’influenza russa e la presenza del gruppo paramilitare russo Wagner, hanno spinto Parigi e Bruxelles ad abbandonare la cooperazione militare con le autorità di transizione di Bamako.