er la prima volta, grazie a una rete internazionale di telescopi, il buco nero supermassiccio al centro della nostra galassia è stato fotografato
Il mondo ha potuto ammirare giovedì la prima immagine, enorme seppur molto sfocata, del buco nero supermassiccio che si trova al centro della Via Lattea.
Gli astronomi ritengono che quasi tutte le galassie, compresa la nostra, abbiano al loro centro uno di questi giganteschi buchi neri, ai quali la luce e la materia non possono sfuggire, il che rende estremamente difficile catturarne delle immagini: la luce, infatti, viene caoticamente piegata e attorcigliata dalla gravità, mentre finisce risucchiata nell'abisso insieme a gas e polveri surriscaldate.
L'immagine a colori presentata giovedì proviene dal consorzio internazionale dell'Event Horizon Telescope, un insieme di otto radiotelescopi sincronizzati in tutto il mondo.
A causa delle eccessive perturbazioni di luce e materia connaturati all'oggetto, i precedenti tentativi di ottenere una buona immagine erano sempre falliti.
Alla buona riuscita dell'impresa ha collaborato anche l'Italia, che a questa rete di telescopi contribuisce tramite l'Inaf, l'Infn, e l'Università Federico II di Napoli e di Cagliari. Entusiasta la ministra dell'Università e della Ricerca Maria Cristina Messa, che parla di "un risultato "straordinario"
Gigante gentile
Annunciando la pubblicazione dell'immagine, Feryal Ozel dell'Università dell'Arizona ha definito il buco nero "il gigante gentile al centro della nostra galassia".
Grande 4 milioni di volte più del nostro sole, il buco nero della Via Lattea si chiama Sagittarius A (asterisco), e si trova vicino al confine tra le costellazioni del Sagittario e dello Scorpione.
Questa non è la prima immagine di un buco nero. Lo stesso gruppo ha pubblicato la prima nel 2019, proveniente da una galassia distante 53 milioni di anni luce. Il buco nero della Via Lattea è molto più vicino, a circa 27.000 anni luce. Un anno luce corrisponde a 5,9 trilioni di miglia (9,5 trilioni di chilometri).
Il progetto è costato quasi 60 milioni di dollari, di cui 28 milioni provenienti dalla National Science Foundation degli Stati Uniti.