Brasilia: proteste senza fine degli indigeni contro Bolsonaro (e l'estrazione mineraria)

Una delle tante manifestazioni degli indigeni.
Una delle tante manifestazioni degli indigeni. Diritti d'autore EPA/Joedson Alves
Diritti d'autore EPA/Joedson Alves
Di Cristiano TassinariEuronews Portugal - Lusa
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La comunità indigena del Brasile contesta da anni il progetto di estrazione mineraria nei loro territori, le cui ricchezze fanno gola al presidente Bolsonaro

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Accampati a Brasilia, la capitale del Brasile, da una settimana, migliaia di indigeni brasiliani non hanno nessuna intenzione di interrompere le proteste contro l'estrazione mineraria nei loro territori (nelle zone dell'Amazzonia) e la demarcazione delle loro terre.

Due questioni che i poteri politici e giuridici del Paese stanno rivedendo e che potrebbero rivoluzionare la vita del Brasile.

Le terre indigene, ricche di minerali, sono molte ambite dal governo del presidente Jair Bolsonaro, che vede in queste risorse un'opportunità per affrontare la dipendenza delle materie prime dall'estero .

Le recenti sanzioni alla Russia - contestate alle Nazioni Unite dall'ambasciatore brasiliano - stanno colpendo le importazioni di fertilizzanti. E per il ministro dell'agricoltura brasiliano,esiste il rischio di una crisi alimentare.

Ma gli indigeni non sono d'accordo.

"Il progetto di Bolsonaro è un genocidio, un etnocidio e un ecocidio".
Comunità indigena del Brasile

Katiry Pataxó, portavoce della comunità indigena:
"Se l'estrazione mineraria entrerà nei territori indigeni, finirà nei fiumi, finirà nelle foreste, finirà nell'aria fresca che respiriamo. E se non lottiamo contro questo sfruttamento minerario dei territori indigeni, finirà cosi in tutto il Brasile".

Screengrab by LUSA video
Le portavoci della comunità indigena in Brasile.Screengrab by LUSA video

Un altro progetto di legge sul tavolo è il cosiddetto "punto di riferimento temporale", in revisione alla Corte Suprema brasiliana (STF), che potrebbe arrivare al voto in giugno e sostiene che i popoli indigeni possono rivendicare soltanto le terre che occupavano al 5 ottobre 1988, data della promulgazione della Costituzione.

La comunità indigena ritiene che questa misura costituisca una violazione del diritto costituzionale di origine alle terre ancestrali, cioè al territorio già occupato da loro prima dell'arrivo dei colonizzatori.

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