Fassino: "Russia-Ucraina, dobbiamo affrontare i conflitti con il dialogo critico"

L'onorevole Piero Fassino durante l'intervista.
L'onorevole Piero Fassino durante l'intervista. Diritti d'autore Euronews
Di Redazione Italiana di Euronews
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Il 10 febbraio segna una ricorrenza importante: 75 anni fa veniva firmato il Trattato di Pace di Parigi tra l’Italia e le forze vincitrici della Seconda Guerra Mondiale. Intervista a 360 gradi di Euronews a Piero Fassino, presidente della Commissione di Monitoraggio del Consiglio d’Europa

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Il 10 febbraio segna una ricorrenza difficile.
75 anni fa veniva firmato il Trattato di Pace di Parigi, tra l’Italia e le forze vincitrici della Seconda Guerra Mondiale.

Questo trattato ha rappresentato, secondo molti, una perdita importante di sovranità per l'Italia, a vantaggio prima degli Alleati e in seguito della Nato.

Ne abbiamo parlato con Piero Fassino, parlamentare del Partito Democratico e presidente della Commissione di Monitoraggio del Consiglio d’Europa.

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Piero Fassino durante il collegamento.Euronews

"Atlantismo ed europeismo"

- L’Italia si trova in questo periodo storico di fronte ad un dilemma: come conciliare l’interesse ad avere buoni rapporti con Russia e Cina con gli impegni atlantici. Come si posiziona l’Italia, 75 anni dopo il trattato di Parigi?

"Nel 1947 l’Italia dovette firmare un Trattato di Pace particolarmente oneroso, poichè fu considerata delle potenze vincitrici uno dei Paesi sconfitti. Sebbene dall’8 settembre combattesse a fianco degli Alleati, e nonostante il contributo essenziale dato dalla resistenza anti-fascista e partigiana alla liberazione del Paese, l’Italia fu fortemente penalizzata, in quanto potenza militare sconfitta. Dovette cedere dei territori, soprattutto sul fronte orientale, e pagare indennizzi alle potenze vincitrici. Negli anni a venire l’Italia uscì da questa condizione: diventò subito membro delle Nazioni Unite, partecipò alla fondazione della Nato e fu uno dei Paesi fondatori dell’Unione europea. La sua collocazione internazionale da allora è molto chiara e si basa su due principi fondamentali: l’atlantismo e l’europeismo. Naturalmente, l’Italia è un grande Paese, che si proietta su scala mondiale e guarda ai grandi mercati, come la Russia, la Cina e il Nord-America. Ma i nostri pilastri rimangono invariati: siamo saldamente ancorati all’Alleanza Atlantica e all’Unione europea".

"Dialogo critico"

- Nel contesto dell’escalation attuale tra Russia e Ucraina, come ci si può posizionare riguardo agli standard democratici?

"Ci sono due temi da tenere in considerazione. Prima di tutto, la stabilità e la sicurezza dell’Europa. Dobbiamo affrontare i conflitti sviluppando il “dialogo critico”, come dice il presidente francese Emmanuel Macron, ovvero ragionare, dialogare e discutere con i partner che sono implicati in situazioni di conflitto. Nel caso della tensione tra Mosca e Kiev, tutte le parti coinvolte devono dialogare, per favorire una soluzione politica ed evitare il ricorso alle armi.
Gli Stati Uniti non rinunciano a dialogare con la Russia: si guardino, ad esempio, gli incontri tra Biden e Putin, o quelli tra Blinken e Lavrov. L’Unione europea sta lavorando per una soluzione politica, senza naturalmente ridurre la critica forte che abbiamo nei confronti del comportamento della Russia: si tratta del secondo tema fondamentale.
Non possiamo chiudere gli occhi di fronte alla violazione dei diritti umani, in Russia come in altri Paesi: il caso Navalny, lo scioglimento di Memorial, la limitazione delle libertà politiche e civili per i movimenti di opposizione... Tutto questo ci preoccupa e dobbiamo, quindi, sottoporre alle autorità russe questi temi.
Avere un “dialogo critico” significa, dunque, non interrompere il dialogo con questi Paesi, ma anche mantenere all'interno di questa cornice le relazioni economico-commerciali, che non sono solo un interesse europeo, ma anche russo. Mosca è il principale fornitore di energia per i Paesi europei, ma la Russia ha bisogno dell’Europa, che è il suo principale partner commerciale e che ne garantisce lo sviluppo economico. C’è un interesse reciproco che va coltivato, senza però fare sconti sui diritti civili e cercando di favorire una soluzione politica dei conflitti".

"Avere un “dialogo critico” significa non interrompere il dialogo con questi Paesi, ma mantenere all'interno di questa cornice anche le relazioni economico-commerciali".
Piero Fassino
presidente della Commissione di Monitoraggio del Consiglio d’Europa

"Ruolo fondamentale dell'Italia nei Mediterraneo"

- L’Italia ricopre una posizione strategica nel Mediterraneo. La presenza di molte basi statunitensi e Nato ne è una diretta testimonianza. Si tratta di una presenza ingombrante o di una vera scelta di campo?

"La proiezione internazionale di un Paese si esprime, prima di tutto, in aree immediatamente contigue al suo territorio. Per noi si tratta del Mediterraneo, la regione più meridionale d’Europa, che si spinge fino al Sahel. L’altro scacchiere per noi strategico è l’Europa centro-orientale, la regione balcanica che si estende fino all’Ucraina. La nostra proiezione in queste due zone lega profondamente gli interessi economici e politici. In quanto membro dell’Alleanza Atlantica e dell’Unione Europea, svolgiamo un ruolo fondamentale in queste due aree. Per esempio, siamo il Paese che maggiormente sostiene l’allargamento dell’Ue ai Balcani, nell’interesse europeo, poichè la sicurezza nell’area balcanica garantisce una maggiore stabilità a tutto il continente europeo.
Il Mediterraneo, bacino strategico, è oggi teatro di profonde crisi. Nel cosiddetto “Mediterraneo allargato”, che va dal Golfo Persico allo stretto di Gibiliterra, possiamo osservare diversi scenari di crisi: tra gli altri, la vicenda afghana, la fragilità dell’Iraq, l’instabilità del Libano, i problemi del Corno d’Africa, le vicende libiche... Si tratta di una regione che soffre di instabilità. Per sedare questi conflitti, l’Italia deve svolgere il suo ruolo di punta, sia nell’Unione europea che nella Nato".

"Serve un forte rilancio dell'integrazione europea"

- Il Trattato del Quirinale e le discussioni con la Germania sembrano una piccola via di fuga. Si è parlato di costituire una difesa europea: lei ritiene che questo sia possibile?

"Non si tratta di una via di fuga, non siamo sudditi. Abbiamo interessi da affermare, e cerchiamo di farlo in collaborazione con i nostri principali partner. In questi ultimi anni, la coesione europea è stata meno forte, abbiamo dunque bisogno di un rilancio del processo di integrazione, sia a livello europeo che per quanto riguarda la Nato. L’alleanza tra Francia, Germania e Italia, che sono i tre Paesi fondatori dell’Unione e i più importanti membri della Nato dopo gli Stati Uniti, ha un significato importante. Siamo convinti che da un’intesa rafforzata con Parigi e Berlino possa nascere la possibilità di un rilancio forte del processo di integrazione europeo. Serve un balzo in avanti del processo di integrazione dell’Unione, ma anche un rilancio della Nato. Quando si parla di un sistema di difesa europeo, si richiede che i tre principali paesi lavorino insieme per lanciare la prospettiva di una difesa europea che sia realmente complementare alla Nato e permetta all’Ue di avere un peso maggiore negli scenari internazionali".

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