Perù al voto: chi sarà presidente tra Pedro Castillo e Keiko Fujimori?

Manifesto elettorale a Tacabamba, Perù
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Di Cinzia Rizzi  Agenzie:  AFP

I due candidati vengono da due mondi completamente opposti: l'estrema sinistra e la destra populista

Il Perù vive questa domenica una giornata elettorale piena di tensioni e incertezze, con il ballottaggio delle presidenziali. 

Oltre 25 milioni di elettori sono chiamati a scegliere il nuovo Capo di Stato, che succederà al presidente ad interim Francisco Sagasti, tra due candidati che stanno ai poli opposti: Pedro Castillo, insegnante e attivista di estrema sinistra e candidato di Perú Libre, che al primo turno aveva ottenuto il 19% dei voti; e Keiko Fujimori, populista di destra del partito conservatore Fuerza Popular, che si era invece fermata al 13%.

"L'atmosfera è molto movimentata per quello che succederà dopo, speriamo sia per il bene. Votiamo per la democrazia", dice una peruviana. "Sono molto teso: ci sono due candidati che non sono molto affidabili, la verità è che la popolazione sta prendendo una decisione molto delicata", sostiene un altro elettore.

La campagna elettorale è stata segnata da polemiche e attacchi personali. Da una parte, Castillo è stato accusato di essere "troppo comunista" e di voler imporre, in caso di vittoria, un regime chavista.

Dall'altra, Fujimori è stata tacciata di corruzione. Su di lei, l'ombra del padre, l'ex dittatore Alberto Fujimori, che guidò il Perù dal 1990 al 2000 e che oggi si trova in carcere per crimini contro l'umanità e corruzione. Sulla 46enne, tra l'altro, pende la richiesta da parte della procura di 30 anni di carcere, per imputazioni quali associazione a delinquere e riciclaggio. Fino a maggio 2020 si trovava in prigione, per finanziamento irregolare alla campagna elettorale. È infatti la terza volta che Fujimori si candida alla presidenza (lo aveva già fatto nel 2011 e 2016, in entrambi i casi, perdendo). 

Chiunque uscirà vincitore dalle urne, comunque, avrà a che fare con un parlamento frammentato e dovrà provare a far uscire il Paese da una crisi politica, che continua da ormai un lustro.

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