Groenlandia al voto. In gioco lo sfruttamento minerario della regione artica

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Diritti d'autore (Photo : Emil Helms/Ritzau Scanpix)
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In testa nei sondaggi il partito "Comunità", che si oppone alla ipotesi di un centro estrattivo a due passi dal Polo Nord

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Sono appena 56.000 abitanti, ma dal risultato del loro voto di martedi prossimo per il rinnovo del parlamento locale, dipenderanno molte prospettive future dell'industria mineraria mondiale. La Groenlandia, isola nel mare glaciale artico e regione amministrativa della Danimarca, si divide sulla possibilità di estrarre minerali e materie prime dal proprio sottosuolo, ricco tra l'altro di terre rare, indispensabili all'industria elettronica. Proprio sulle autorizzazioni a estrarre terre rare il primo ministro Kim Kielsen ha perso la maggioranza.

I sondaggi danno in testa il partito Comunità, che si oppone a un progetto estrattivo nella zona di Kvanefjeld in nome dei pericoli per l'ambiente, inevitabili con il riscaldamento globale e lo scioglimento dei ghiacci, e ancora di più con la presenza delle miniere. Se le urne confermeranno i pronostici, i progetti estrattivi subiranno una sospensione immediata. Mariane Paviasen, parlamentare di Comunità lo conferma: "Lo sfruttamento minerario non è la soluzione alle richieste di maggiore autonomia e indipendenza. Questa semmai la si può ottenere trasformato il settore ittico e alimentare".

Posizioni opposte quelle di Avanti, il partito di ispirazione socialdemocratica che ha scelto di sostenere il progetto estrattivo. Il loro leader, Erik Jensen, spiega che l'avvio delle attività minerarie potrebbe portare investimenti e risorse economiche, in un territorio in cui la pesca rimane la principale fonte di reddito.

Il Prodotto interno lordo groenlandese non supera i 3 miliardi di dollari, e la gran parte della popolazione dipende dai trasferimenti che arrivano da Copenhagen. Per la regione, segnata da gravi problemi sociali come alcoolismo, violenze sessuali e suicidi, la sfida della crescita economica viene vista in parallelo alle spinte indipendentiste, che nella realtà non si sono mai affievolite

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