Cosa prevede il nuovo patto europeo su migrazione e asilo: "la solidarietà sarà obbligatoria"

La commissaria agli Affari interni,  Ylva Johansson
La commissaria agli Affari interni, Ylva Johansson Diritti d'autore Olivier Matthys/Copyright 2020 The Associated Press. All rights reserved
Di Lillo Montalto Monella
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Introduce un meccanismo di contributi flessibili tra gli Stati europei (che, almeno inizialmente, non saranno obbligati ad accogliere richiedenti asilo), e un'attenzione particolare su accelerate procedure di identificazione e rimpatrio dei migranti al loro arrivo.

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Dopo cinque anni di trattative e negoziati falliti tra Unione Europea e stati membri, la Commissione Europea ha presentato il nuovo Patto europeo sull'immigrazione e l'asilo.

Il documento programmatico è stato svelato a Bruxelles dal commissario per gli Affari interni, la socialdemocratica svedese Ylva Johansson; dal Vicepresidente della Commissione, Margaritis Schinas, e dalla Presidente della Commissione, Ursula von der Leyen.

Ursula von der Leyen, ha ribadito che la “soluzione europea” presentata oggi vuole “ricostruire la fiducia tra Stati membri e quella dei cittadini nella capacità dell’Unione europea di gestire le migrazioni”.


Verso una "solidarietà obbligatoria, vera e permanente"

Per gli Stati membri, "non è più in questione la possibilità di supportare la politica migratoria comune o meno, ma di come farlo". Si tratta di un giusto compromesso tra solidarietà e responsabilità, ha aggiunto von der Leyen.

"Non ci deve essere una scelta binaria tra solidarietà e responsabilità: se no si presenterebbe una situazione alla Ritorno al futuro, dove si viaggia nel futuro solo per incontrare i problemi del passato", le parole del vicepresidente Schinas.

"Ora è arrivato il momento di agire", ha aggiunto. "I fatti di Moria simboleggiano il costo della non-Europa". Schinas ha paragonato la nuova proposta ad palazzo costruito su tre piani, ciascuno dipendente dall'altro:

- Primo piano: una maggiore collaborazione con paesi esterni alla Ue, da cui partono i flussi migratori, basata su partnership "win-win per entrambi";

- Secondo piano: robusta gestione dei confini esterni: non ci si limiterà più a prendere le sole impronte digitali, ma nelle intenzioni Ue verranno effettuati screening obbligatori, rapidi e completi all'arrivo della durata massima di 5 giorni. Una decisione sull'eventuale rimpatrio dovrà essere presa in 12 settimane;

- Terzo piano: una solidarietà obbligatoria permanente, effettiva e costante per gli Stati membri sotto pressione e che hanno bisogno di aiuto;

Cosa prevede la nuova proposta

Più nel dettaglio, nelle intenzioni dell'esecutivo europeo, il nuovo "edificio" si dovrà basare su questi pilastri:

  • procedure più rapide ed efficienti ai confini. Per la prima volta, si legge nella proposta, verrà istituito uno screening completo prima dell’ingresso nel paese, quando finora l'unico obbligo è stato quello di prendere le Impronte digitali. Verrà valutata la situazione sanitaria e quella relativa alla sicurezza. I dettagli di registrazione verranno inserite nel database Eurodac. Quindi la persona verrà indirizzata verso la procedura più appropriata. Saranno prese “rapide decisioni sull’asilo o sul rimpatrio, così da dare una rapida certezza per quelle persone i cui casi possono essere vagliati rapidamente”. Dodici settimane, non di più, indica Johansson. Ci sarà inoltre un monitoraggio più stringente ai confini da parte delle agenzie europee, con modernizzazione dell’infrastruttura digitale;
  • Un sistema di “contribuzione flessibile” al meccanismo di solidarietà. Tutti dovranno fare la loro parte, soprattutto in momenti di crisi. Gli Stati potranno scegliere se accettare il ricollocamento di migranti da paesi di frontiera come Italia, Spagna, Grecia o Malta, oppure altre forme di supporto logistico o operazionale. Queste ultime si chiameranno "return sponsorship": gli Stati membri faciliteranno il ricollocamento di migranti in altri Paesi europei, da dove verranno rimpatriati se giudicati non idonei a restare in Europa. Si parte su base volontaria, ma in caso di aumento di pressione ai confini il meccanismo verrà reso obbligatorio. Tre gli scenari previsti: situazione di crisi; salvataggio in mare; rischio di aumento della "pressione" migratoria;
  • Accordi bilaterali ad hoc con i paesi terzi, inclusa la definizione di nuovi canali legali di immigrazione, implementazione di partnership per individuare i “talenti”di cui l’Europa ha bisogno e, last but not least, degli accordi di rimpatrio;
  • Un meccanismo comune di rimpatri. Previsto un nuovo quadro legale, un ruolo rafforzato della Guardia Costiera europea, che dovrebbe essere operativa dal 1 gennaio 2021, e la nomina di un Coordinatore europeo per i rimpatri, affiancato da funzionari dei vari paesi.
  • Meccanismo di monitoraggio indipendente di eventuali violazioni dei diritti umani ai confini;

Il Patto non ha ancora forza di legge e dovrà essere discusso, emendato ed eventualmente approvato da Parlamento e Consiglio europeo.

Una genesi travagliata

Il Patto, inizialmente previsto per febbraio, è stato ripetutamente rimandato sia a causa della crisi sanitaria, sia a causa delle difficili trattative con i governi più intransigenti del gruppo Visegrad.

Dopo la distruzione del campo sovraffollato di Moria, che poteva ospitare 3mila persone ma ne aveva più di 12mila, l'annuncio è stato anticipato di una settimana al 23 settembre.

L'incendio di due settimane sull'isola greca di Lesbo è servito da campanello d'allarme, come ha ricordato Schinas. Cinque anni dopo la crisi dei rifugiati del 2015, ecco quindi che Bruxelles presenta una delle sue riforme più ambiziose, ma anche più difficili da implementare.

"È ovvio a tutti che la solidarietà ad hoc non è sufficiente. Quindi abbiamo bisogno di un sistema adeguato, che sappia rispondere anche alla pressione che gli Stati membri potranno affrontare in futuro", ha detto Ylva Johansson.

Resta da vedere come la Commissione Europea intenderà convincere i leader del blocco di Visegrad. Due giorni prima dell'annuncio del nuovo Patto, il cancelliere austriaco Sebastian Kurz ha ribadito la sua opposizione ad ogni ridistribuzione di migranti - la cui obbligatorietà è fortemente voluta dalla Germania, presidente di turno del Consiglio europeo.

"Non funzionerà così. Bisogna invece proteggere meglio le frontiere esterne, combattendo insieme contro i trafficanti e inviando aiuti sui territori", ha detto martedì il leader conservatore 34enne.

Il regolamento di Dublino è la chiave di volta dell'attuale sistema su cui si sono cristallizzate le tensioni. Assegna al primo paese di arrivo di un migrante la responsabilità di processare la sua eventuale domanda di asilo.

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La Commissione vuole accelerare le tempistiche delle procedure di asilo, così da determinare rapidamente se una persona è manifestamente idonea, onde evitare che i richiedenti asilo passino anni senza sapere cosa ne sarà di loro nei campi profughi come quello di Moria.

Il nodo gordiano è: come farlo nel rispetto dei diritti umani. Ogni migrante ha infatti diritto ad una corretta valutazione del suo dossier prima di essere eventualmente espulso.

Johansson ha garantito che il nuovo patto va nella direzione di "proteggere il diritto d'asilo", ed evitare che le persone non aspettino anni in un limbo.

La politica svedese non si aspetta consensi unanimi alla proposta, ma spera che venga vista come un "compromesso accettabile".

Il commissario ha ripetutamente sottolineato che la situazione oggi è molto diversa rispetto a quella del 2015. Il numero di arrivi irregolari nella UE è sceso a 128mila nel 2019. Ma mentre nel 2015 il 90% dei migranti aveva diritto allo status di rifugiato, venendo soprattutto dalla Siria, oggi i due terzi non ha diritto alla protezione internazionale, ha indicato Johansson.

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"I migranti sono come me e te", aveva detto Johansson a Euronews nei giorni scorsi. "Sono uomini e donne, ragazzi e ragazze; hanno opinioni diverse; hanno esperienze diverse e sono esseri umani, e devono essere trattati in questo modo. Penso che sia molto chiaro a tutti che i migranti stiano pagando un prezzo alto, ogni giorno, a causa della mancanza di una politica europea comune. Cosa che influenza anche la fiducia tra gli Stati membri. Spero di rimediare con la mia proposta".

Infine, non è ancora tempo di riformare la libera circolazione all'interno della UE: lo sarà l'anno prossimo quando "sarà presentata una strategia per il futuro di Schengen".

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