Che cosa unisce Amleto, Shakespeare e Covid-19? Ce lo spiega Monica Guerritore

Monica Guerritore
Monica Guerritore Diritti d'autore Andrew Medichni/AP
Di Cecilia Cacciotto
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#MonicaGuerritore racconta a @euronews di aver vissuto la crisi con angoscia e rabbia. E il teatro che c’entra? E' la lanterna della vita, ci aiuta a affrontare la realtà

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Il teatro non si può fare come lo facciamo abitualmente e allora portiamolo in tivù.

Anche nel momento in cui l’universo è scosso, Monica Guerritore, una delle maggiori interpreti del nostro teatro, pensa al teatro. Questa è la sua ultima proposta. Quasi una provocazione.

Perché di teatro c’è bisogno anche all’epoca di covid-19. Forse anche di più.

Il teatro integratore dell’animo

E come ci insegna l’archeologia dello spirito umano, il teatro è un’alchimia strana, un misto di scuola e straniamento, che magicamente ci aiuta a affrontare la realtà.

Per questo Monica Guerritore porterebbe in scena Shakespeare e in particolare l’Amleto che torna drammaticamente d’attualità.

Le cose accadono e il teatro ci fa vedere l’ombra, ossia quello che c’è dietro le cose
M. Guerritore

“Se fossi un uomo interpreterei subito Amleto, ma non è detto che non lo faccia comunque. Perché? Anche quando Shakespeare lo scrisse il mondo era sottosopra, era uscito dai cardini, c’era la peste: l’incertezza rendeva la vita non più lineare, il buffone che ieri ci faceva ridere è sottoterra. E tutto questo viene messo in scena attraverso un dramma familiare, Shakespeare ci parla attraverso la metafora in cui ci lasciamo precipitare, contrariamente alla verità da cui ci proteggiamo”.

“Il teatro dovrebbe diventare una sorta di lanterna magica: le cose accadono e il teatro ci fa vedere l’ombra, ossia quello che c’è dietro le cose”.

Che in fondo è la verità ma a contenuto altamente digeribile. Perché la verità, da che mondo è mondo, fa paura e in quello che Guerritore forse chiamerebbe il tempo degli specchi ancora di più: proprio come in un gioco degli specchi appunto -specchio tv, specchio cinema, specchio Ipad, specchio smartphone- ci siamo persi nel cercare l’immagine di noi che più ci piace, smarrendo i nostri veri connotati.

Covid ci ha un po’ ri-centrato, ci ha restituito priorità e umanità: “Nella solitudine si è sviluppato un sentimento collettivo di vicinanza e unione”. Un vantaggio da non sprecare per Monica Guerritore, “Abbiamo spazzato via un volgare chiacchiericcio a vantaggio dell’approfondimento, dell’informazione scientifica. Abbiamo fatto spazio per le cose che contano”.

Il lusso del tempo

“Un giorno ascoltavo in televisioni le previsioni del tempo sui Rai2, c’era il colonnello Massimo Morico, che in tempi normali va velocissimo, l’altro giorno invece si è preso il suo tempo - e gli hanno dato tempo - e ha spiegato da dove deriva il detto “freddo cane”. Sono rimasta sorpresa, perché ho imparato una cosa nuova ma anche perché mi son detta “ma vedi che c’è tempo”.

Basta darselo. Basta prenderlo. Il tempo.

E nello spazio senza tempo di covid-19 Monica Guerritore ha scritto una lettera aperta al premier Giuseppe Conte per portare il teatro in televisione.

“Sono reduce da un (altro) incontro di due ore con i dirigenti di Rai Cultura con cui stiamo dando forma al progetto”. All’ad Rai Fabrizio Salini, infatti, è piaciuta l’idea che prevede di registrare con tecniche digitali e cinematografiche, gli spettacoli in cartellone per questa stagione, e che magari devono riprendere a ottobre, e riproporli sul servizio pubblico.

“Ovviamente l’idea è di coinvolgere tutti, mettendo in moto tutto l’ambaradan del teatro, da scenografie a suoni, luci, sartoria insomma tutte le maestranze del teatro”.

Si lavora alla lista, si immagina che possano essere in tutto una decina gli spettacoli che passeranno sul piccolo schermo, rappresentativi del teatro dei grandi maestri, di quello al femminile, della drammaturgia contemporanea.

Nell'ordine ritrovato ci vuole più responsabilità nell'azione, non tutto è più un abbraccio e via
Monica Guerritore

Ma Guerritore guarda oltre, oltre il luogo teatro, dove si va per fare un’esperienza e anche per questo “deve restare sacro, ma non deve diventare una prigione, una riserva indiana”.

“E se il teatro è cultura e se grazie alla cultura si costruisce l’Italia, allora io il teatro lo devo portare fuori, a scuola, in piazza, in tivù, alla radio: la cultura non è un magazzino, in cui stoccare le cose che so. E’ un metodo per coltivare le cose e riflettere sulle cose”.

Resta l’emergenza, il dolore e le ferite ancora aperte. Come ha vissuto questo tempo?

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"Con grande angoscia, un senso di pena e di rabbia; una notte mi sono svegliata piangendo. Ho realizzato che avevo preso parte a questa tragedia e intimamente mi ero commossa, ma la commozione è venuta fuori solo di notte quando si abbassano le difese razionali. E ho capito che tutti abbiamo pianto dentro di noi. Come può essere altrimenti, l’universo è scosso! Allo stesso tempo abbiamo trovato casa, affetti, cassetti da rimettere a posto".

E nell’ordine ritrovato, o apparente, non tutto è più un abbraccio e via.

“Dovremo mettere un po’ più di responsabilità nelle azioni. Una cosa è certa -conclude Monica Guerritore – nel tempo che verrà voglio che la gente torni a innamorarsi”.

E a darsi baci. Tanti.

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