Ungheria, il parlamento non ratifica la convenzione per combattere la violenza contro le donne

Ungheria, il parlamento non ratifica la convenzione per combattere la violenza contro le donne
Diritti d'autore Il parlamento ungherese riunito a marzo 2020, foto d'archivio AP
Diritti d'autore Il parlamento ungherese riunito a marzo 2020, foto d'archivio AP
Di Rita Palfi
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Il governo batte il tasto dell'ideologia di gender e dell'immigrazione per giustificare il suo no ad un testo vincolante già adottato dalla maggioranza dei Paesi UE, inclusa l'Italia

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Il parlamento ungherese ha respinto la ratifica della Convenzione di Istanbul, una carta internazionale che stabilisce principi vincolanti per combattere la discriminazione, la violenza contro le donne e quella domestica. 

L'assemblea nazionale magiara (Országgyűlés) lo ha fatto adottando una dichiarazione politica del partito cristiano-democratico alleato di Orbán, il KDNP, in cui si chiedeva proprio di respingere la ratifica del trattato internazionale promosso dal Consiglio d’Europa. Assieme a Fidesz, il KDNP controlla la maggioranza dell'unica Camera ungherese. I sì sono stati 115, i no 35, tre le astensioni.

La dichiarazione invita il governo a non prendere ulteriori provvedimenti per riconoscere la forza vincolante della Convenzione, oltre a spronare l'esecutivo ad assumere un atteggiamento di contrasto all'adozione del documento anche nelle sedi istituzionali europee.

Gli argomenti del governo: ideologia di genere e immigrazione

Secondo il KDNP, la Convenzione di Istanbul per combattere la violenza di genere sarebbe in contrasto con la politica migratoria del governo. Il partito inoltre è contrario all'inclusione "dell'ideologia sociale di genere" che promuove un approccio "dannoso", in grado di "accelerare o semplificare l'immigrazione in Europa". 

Il partito alleato di coalizione del premier Viktor Orbán sottolinea che la protezione dei minori e la lotta alla violenza contro le donne fanno parte del sistema giuridico ungherese da anni, e dal 2013 esiste una legislazione che tratta la violenza domestica come atto criminoso in sé. L'argomento del KDNP non differisce di molto da una dichiarazione di gennaio del ministro della giustizia ungherese, Judit Varga.

Parlando di un duplice infanticidio nella città di Győr che aveva scosso il Paese, Varga aveva scritto che la "convenzione appoggia l'immigrazione", criticando "l'ideologia del gender" a suo dire insita nel documento. Il ministro della giustizia aveva sottolineato come "il sistema giuridico ungherese fosse in grado di fornire una protezione più efficace e più forte".

"La violenza domestica non è una questione di femminismo"

Le vittime di violenza domestica hanno paura e spesso sono indifese nel "circolo vizioso della violenza" se non ricevono aiuti di Stato, ha affermato Zita Gurmai, parlamentare del MSZP, il partito socialista all'opposizione. "Il governo si sbaglia se pensa che la violenza domestica sia una questione di femminismo, e che solo le donne possano esserne vittime. Chiunque può esserne vittima, tutte le persone deboli e vulnerabili"

Gurmai sottolinea come la difficile situazione causata dall'epidemia di coronavirus stia aggravando i problemi di violenza di genere nel Paese. 

Il deputato indipendente Bernadett Szél accusa il governo di usare "donne e bambini maltrattati" per "pietosi giochi politici". "Contrariamente a quanto detto, il sistema istituzionale interno non è efficace nel bloccare efficacemente la violenza domestica. È un danno enorme per la società ungherese che il governo si concentri sulla rappresaglia invece che sulla prevenzione".

Andrea Varga-Damm, politico di destra, ha condannato l'adozione del testo del KDNP, definito ipocrita, e ha sottolineato come gli Stati possano sottoscrivere la Convenzione di Istanbul anche con riserva. 

Secondo il deputato di Fidesz, Márta Mátrai, l'opposizione sta creando un inaccettabile polemica politica: la convenzione, ha aggiunto, renderebbe automatica l'ammissione dei richiedenti asilo in base al genere.

Il Parlamento europeo esorta a ratificare la convenzione

Lo scorso novembre, il Parlamento europeo ha adottato a stragrande maggioranza una risoluzione non legislativa che invita tutti gli Stati a ratificare la Convenzione di Istanbul senza indugio e urgentemente.

Attualmente, sei Stati membri dell'UE non lo hanno ancora fatto: Bulgaria, Repubblica ceca, Ungheria, Lituania, Slovacchia e Lettonia. Ad essi si aggiunge il Regno Unito, ormai ex Paese UE.

Violenza contro le donne e l'immigrazione

Uno dei 12 capitoli della Convenzione (qui il testo completo), il settimo, tratta le questioni relative alla migrazione e all'asilo. Stabilisce, ad esempio, che la violenza contro le donne basata sul genere possa essere riconosciuta come una forma di persecuzione, ai fini del riconoscimento come rifugiato o persona protetta. 

Il capitolo indica anche come sia necessario consentire alle vittime di ottenere un permesso di soggiorno indipendente se il loro status di residente dipendeva da quello del coniuge o del partner.

Una questione delicata non solo in Ungheria

In Bulgaria, nel 2018, la proposta di ratifica del governo è stata accolta da aspre critiche. Il primo ministro conservatore Boyko Borisov ha rinviato il processo e si è rivolto alla Corte costituzionale per un parere. I sostenitori della convenzione hanno affermato che avrebbe riconosciuto ufficialmente il terzo sesso e il matrimonio omosessuale. Secondo la sentenza della Corte costituzionale, questo non sarebbe in linea con la Costituzione bulgara, che riconosce solo donne e uomini.

Anche in Slovacchia, il parlamento ha votato nella sua ultima sessione pre-elettorale per respingere la ratifica della Convenzione.

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