Le autorità di Caracas hanno deciso la chiusura dei confini fino a mercoledi per ragioni di sicurezza. Il braccio di ferro sugli aiuti umanitari tra il presidente Nicolas Maduro e l'opposizione guidata da Juan Guaido' con l'appoggio degli Usa.
Si riaccendono le tensioni lungo i ponti al confine tra Venezuela e Colombia. Le autorità di Caracas hanno deciso che le frontiere del Paese resteranno chiuse ancora fino a mercoledi per ragioni di sicurezza.
Cosi in moti si trovano bloccati in attesa di poter passare. Sul ponte Francisco de Paula Santander a Cúcuta, altro punto caldo di confine, un piccolo gruppo di persone aspetta.
Rodolfo Stava tornando a casa dal Cile e ci racconta che resterà fermo fino a quando non gli sarà permesso il passaggio per raggiungere casa sua. "Non intendiamo andare via" spiega.
Accanto al ponte di Tienditas è stato allestito un accampamento per i volontari dell'opposizione Venezuelana, Tra i circa 300 feriti degli scontri di sabato, c'è anche Eimar, che è stato colpito alla testa. Anche lui non puo' tornare in Venezuela.
"Le strade sono militarizzate. Non c'è libertà di parola - racconta Eimar - È molto difficile che i giovani che sono qui tornino in Venezuela. Probabilmente saremo seguiti perché siamo venuti qui".
Secondo i volontari questi proiettili, esposti in bella vista, sarebbero stati sparati dalla polizia venezuelana. Molti dormono all'aperto in attesa di notizie.
"Stiamo aspettando nuove istruzioni - racconta quest' uomo - Vedremo cosa farà il nostro presidente Guaidó. Vogliamo una mano per uscire da questa dittatura".
Sabato, le autorità di Caracas avrebbero dato alle fiamme diversi camion di aiuti inviati da Washington. Da una parte l'opposizione accusa il regime di affamare il popolo pur di non mollare il potere, dall'altra Maduro prova smontare l'accusa sostenendo di ricevere aiuti sufficienti da Nazioni Unite, Russia e Cina.